Cura Italia e carcere: le misure del decreto
È di poche ore fa la notizia di due detenuti guariti dal Covid-19. Al momento sono otto i contagi nei penitenziari italiani. Coinvolti anche alcuni agenti della Polizia Penitenziaria e due medici del carcere di Brescia. Un mix che avevamo ampiamente previsto, date le condizioni igienico-sanitarie altamente inadeguate e precarie di gran parte dei penitenziari italiani.
Il contagio è arrivato nelle città di Milano, Pavia, Voghera, Bergamo, Brescia (positivi due medici) e infine Lecce – dove una donna appena entrata è stata messa in isolamento e in seguito trasferita in ospedale.
Nonostante i casi siano ancora pochi la preoccupazione è molto alta. Considerando il sovraffollamento cronico, il rischio che si diffonda una “epidemia carceraria”– se così si può dire – non è così assurda. Le misure del Guardasigilli Alfonso Bonafede, inserite nel decreto legge «Cura Italia » del 16 Marzo scorso prevedono la detenzione domiciliare «su istanza» per i detenuti che abbiano da scontare pene residue inferiori ai 18 mesi, che non abbiano commesso reati di mafia, che non siano «delinquenti abituali, professionali o di tendenza», che non siano sottoposti a sorveglianza speciale e non abbiano procedimenti disciplinari pendenti (di qualunque peso e gravità).
Prevedono l’utilizzo di braccialetti elettronici, «ove disponibili», per controllare ai domiciliari i condannati maggiorenni «la cui pena da eseguire non sia superiore ai sei mesi». Infine licenze per i detenuti già in semilibertà, da concedere fino al 30 giugno.
Tre anni fa il Ministero della Giustizia aveva versato 19 milioni di euro alla compagnia telefonica Fastweb, vincitrice del bando di gara, per la produzione dei braccialetti elettronici. Il loro utilizzo sarebbe dovuto partire già ad ottobre del 2018, ma ad oggi sia l’attuale Ministro dell’interno Luciana Lamorgese che l’ex Ministro Matteo Salvini non hanno fatto partire il collaudo, il quale porterebbe a sedici mila il numero dei braccialetti a disposizione.
Gli attuali in funzione sono appena duemila. Con l’incombere dell’emergenza coronavirus, l’emissione dei braccialetti elettronici risulta indispensabile per la salute e la tutela dei detenuti. Non serve alcun ulteriore finanziamento, i soldi già sono stati stanziati, basterebbe sbloccare la situazione che è ferma da quasi due anni.
Ecco perché le misure prese dal ministro Bonafede sono altamente incapaci e contraddittorie: abbiamo un decreto legge che prevede la detenzione domiciliare subordinata all’effettiva disponibilità del braccialetto elettronico, ma al tempo stesso per sua stessa ammissione, il Guardasigilli Bonafede afferma senza indugio “l’insufficienza di risorse economiche per l’acquisto dei braccialetti elettronici“.
Quindi cosa succederà? Che dal carcere uscirà dunque, in detenzione domiciliare, un numero insufficiente di persone rispetto ai tremila detenuti a cui si può applicare il nuovo decreto. La stessa capienza regolamentare che si limita a 47 mila posti in situazioni di emergenza sanitaria non corrisponde a quello che sarebbe necessario per mantenere le distanze per consentire al personale – già in regime ridotto e con carenze fortissime – di fare la sanificazione dei luoghi e di seguire caso per caso le emergenze che possano verificarsi. Questi provvedimenti sono insufficienti, perché la diminuzione dei flussi d’uscita sarà molto debole.
La grave situazione della sanità penitenziaria e la mancanza di cure creano responsabilità penali gravi da parte di chi non interviene per far diminuire drasticamente il sovraffollamento che impedisce una corretta rieducazione e l’accesso alla sanità.
Inoltre, questo decreto ignora palesemente tutti quei detenuti che sono in attesa di giudizio, gran parte dei quali verranno assolti o condannati a pene espiabili con misure alternative al carcere.
Nel decreto Cura Italia, ci sono anche una serie di misure che riguardano la giustizia più in generale: la proroga fino al 15 aprile (nel precedente Dpcm era fino al 22 marzo) del rinvio delle udienze e della sospensione dei termini di durata massima delle misure cautelari e della prescrizione, nei procedimenti civili e penali su tutto il territorio nazionale; le notificazioni e le comunicazioni penali solo per via telematica; l’estensione alla magistratura onoraria delle misure simili a quelle introdotte per i lavoratori autonomi, attraverso un contributo economico pari a 600 euro mensili per un massimo di tre mesi, calcolato sulla base dell’effettivo periodo di sospensione dell’attività.
Infine, il governo ha previsto anche uno stanziamento di 20 milioni di euro per la realizzazione di interventi urgenti di ristrutturazione delle strutture danneggiate dalle rivolte dei giorni scorsi e altri fondi per gli straordinari della polizia penitenziaria.
Quello che invece si annuncia come una vera e propria novità è il progetto di affidare ai detenuti la produzione delle mascherine chirurgiche che cominciano a scarseggiare negli ospedali. Per far fronte a questa emergenza nell’emergenza l’aiuto potrebbe arrivare dai detenuti al lavoro nelle sartorie presenti nei vari istituti di pena. Per avviare il processo produttivo manca solo il via libera dell’Istituto Superiore di Sanità.