Coronavirus e carcere
In questi ultimi giorni abbiamo potuto constatare come la paura abbia preso il sopravvento nelle case di reclusione italiane con disordini e rivolte di ogni genere. La paura è tanta, c’è un’emergenza sanitaria serissima, non conosciamo questo virus così imprevedibile che minaccia non soltanto la nostra salute ma anche il nostro sistema sanitario e la nostra tenuta sociale ed economica. All’interno delle strutture penitenziarie italiane ci sono 61 mila persone esposte più di ogni altra al contagio del virus. Il rischio è altissimo perché il sistema penitenziario italiano non gode affatto di un’assistenza sanitaria idonea ad affrontare un’emergenza simile.
Dalla fine di febbraio ad oggi le misure restrittive adottate risultano senza dubbio comprensibili, ma si aggiungono al normale regime di limitazioni che i detenuti devono rispettare. Tutto questo non è facile: non soltanto viene meno quel carattere minimo di socialità concesso ai detenuti, ma un tale stato di restrizione induce i familiari a preoccuparsi ancora di più di quanto normalmente non facciano.
Le misure adottate riguardano soprattutto i contatti con l’esterno: meno colloqui con i familiari, meno relazioni affettive, e conseguentemente meno umanità. Le rivolte stanno colpendo oltre 22 istituti penitenziari: Milano (San Vittore), Como, Cremona, Pavia, Torino, Genova (Marassi), La Spezia, Piacenza, Modena, Ferrara, Reggio Emilia, Bologna, Prato, Pisa, Roma (Rebibbia e Regina Coeli), Rieti, Velletri, Frosinone, Salerno, Napoli Poggioreale, Santa Maria Capua Vetere, Matera, Bari, Trani, Foggia, Lecce, Palermo (Pagliarelli e Ucciardone), Trapani, Siracusa.
Fino ad ora il bilancio dei morti in seguito alle proteste è di 7 detenuti e diversi agenti delle forze di polizia feriti. Gli episodi più violenti si sono registrati a Foggia, dove molti detenuti hanno tentato l’evasione: alcuni sono stati bloccati poco dopo all’esterno dell’istituto penitenziario dalle forze dell’ordine. Altri invece sono riusciti a fuggire, disperdendosi nei quartieri vicini. Altri episodi si sono rivelati fatali sia durante la prima giornata di proteste che nella giornata di lunedì 9 Marzo, quando 7 persone recluse nel carcere di Modena hanno perso la vita.
Situazione di grande tensione anche nel penitenziario di Melfi: secondo le agenzie di stampa i detenuti hanno sequestrato 5 agenti penitenziari, due medici, due infermieri e una psicologa. Attualmente il bilancio è di 12 morti, 40 feriti tra detenuti e agenti della polizia penitenziaria e 16 evasi dal carcere di Foggia. Inoltre a Modena uno dei detenuti è risultato positivo al tampone per l’accertamento del coronavirus.
I temi caldi oggetto di richieste sia da parte dei detenuti che dai loro familiari, ma che non riaffiorano nel dibattito pubblico del nostro paese, sono l’amnistia e l’indulto. Questi due istituti sono dei provvedimenti di clemenza che lo Stato concede ai cittadini: nello specifico, l’amnistia estingue il reato quando ancora non è intervenuta una condanna e determina una sentenza di proscioglimento, l’indulto è una causa che si limita ad estinguere la pena lasciando intatto il reato.
Lo ha fatto addirittura l’Iran, che solo qualche giorno fa ha deciso di mettere in libertà 70 mila persone. Perché allora non proporre l’indulto o l’amnistia anche qui da noi? Questi due provvedimenti potrebbero risolvere almeno due emergenze: quella sanitaria legata al Covid-19, che in carcere rischia di dilagare, e quella del sovraffollamento, che da anni pone l’Italia in uno stato di illegalità.
Il sovraffollamento, le condizioni igienico sanitarie, la quasi totale assenza di programmi di recupero per detenuti – così come previsti dalla nostra Costituzione – fanno delle nostre carceri dei luoghi in cui i diritti e le garanzie vengono calpestati quotidianamente.
L’amnistia o l’indulto non sono sinonimi di inciviltà, come pensa qualcuno. Soprattutto in tempi di coronavirus. L’aria all’interno delle carceri si fa sempre più pesante e il Ministro Alfonso Bonafede non perde tempo a dimostrare la sua grande inadeguatezza in una situazione di grande emergenza. Infatti lo stesso ha dichiarato durante una diretta Facebook che le proteste degli ultimi giorni sono “atti criminali ascrivibili ad una ristretta parte dei detenuti”, parole insomma di circostanza, nessuna soluzione chiara e netta per arginare questa emergenza.
Chiaramente non giustifichiamo assolutamente queste violenze, ma sicuramente comprendiamo che misure come l’indulto o l’amnistia siano necessarie e indispensabili soprattutto per i reati di minore gravità e per evitare l’insorgere all’interno delle mura dei penitenziari italiani contagi da coronavirus che possono risultare fatali.
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