Pinocchio di Garrone, quando la location arricchisce la favola

La pellicola di Matteo Garrone è spettacolare, la migliore narrazione di Pinocchio che sia stata proposta al pubblico. La mente corre subito a fare il paragone con la versione del 1972 con Nino Manfredi nei panni di Geppetto. Certo è bella, toccante, un classico, ma l’interpretazione narrativa di Garrone non ha paura di mostrare la morte e la crudezza delle innumerevoli metafore che Carlo Collodi ci concede di esplorare durante il racconto.

Gli attori, sebbene sconosciuti al grande pubblico, a parte qualche nome di rilievo, ci hanno affascinati con una stupenda interpretazione dei diversi ruoli. I personaggi sono stati tutti studiati nei dettagli, dai dialoghi alla costumistica, dalla psicologia al make up. Particolarmente apprezzata la presenza di Tonno e la bontà celata di Mangiafuoco, dettagli che possono emergere solo dopo una elaborazione personale ed intima lunga una vita da parte di Garrone.

Il regista, infatti, conferma questa digestione: in più di un’intervista dice di essere stato affascinato dal libro di Collodi sin dalla tenera età, elaborando la narrazione sin da piccolo, disegnando luoghi e personaggi. Questa affabulazione emerge a tratti con violenza e crudezza, ma risulta funzionale per creare una vicinanza valoriale e affettiva tra spettatore, autore e regista che pochi altri film tratti da libri hanno saputo cogliere e restituire. 

Una medaglia va ai tecnici: il coloring e i vfx (Visual Effects) in special modo consegnano allo spettatore un’esperienza visiva ed emotiva uniche come quella bellissima del cervello della Lumaca: il gioco che lo rende visibile in trasparenza se inquadrato controluce è un ricamo delicato nel contesto dell’esperienza visiva.

Un’altro aspetto della narrazione di Garrone riguarda il ritorno alle radici autentiche della narrazione di questa storia che, classico iconico della letteratura, è stato diffuso in tutto il mondo nel 1940 dalla Disney che, più che altro, risulta essere un adattamento semplificato e – a tratti – reinventato.

Esemplare è l’assenza della balena di matrice disneyana in favore di Tonno, interpretato da Maurizio Lombardi. Pinocchio è stato inoltre realizzato fra meravigliose location che hanno reso l’atmosfera magica, un mondo di fantasia che restituisce, anche allo spettatore più esigente, mistero, meraviglia e contatto coi sentimenti più intimi. Girato in Puglia, il film ci lascia ammirare paesaggi “da favola”, è il caso di dirlo. Commovente, onesto, entusiasmante.  Per le location è il caso di menzionare Apulia Film Commission che ha reso possibile la realizzazione di questo piccolo gioiello della narrazione visiva. 

Simonetta Dellomonaco

A questo proposito, Eco Internazionale ha voluto intervistare Simonetta Dellomonaco, presidente di Apulia Film Commission.

Intanto, grazie per concederci un po’ del tuo tempo. Puoi spiegare ai nostri lettori cos’è una film commission? «Le Film Commission rappresentano un prezioso punto di riferimento per il mondo della produzione dell’audiovisivo nazionale e internazionale di un territorio. In questo la visione della Fondazione Apulia Film Commission (AFC), prevista dalla legge regionale n.6/2004 e nata nel luglio 2007, ha ampliato notevolmente la sua azione sul territorio regionale pugliese. Al compito di attrarre investimenti nel settore dell’audiovisivo offrendo servizi gratuiti alle produzioni e agli autori, erogando contributi (Film Fund), coordinando le attività della filiera (produzione, marketing, esercizio cinematografico, conservazione patrimonio audiovisivo, ecc.), si sono aggiunte altre iniziative che aiutano a completare la filiera dell’audiovisivo in Puglia.

La realizzazione di tre Cineporti, l’ideazione di 11 festival cinematografici, il Forum Internazionale di Coproduzione, incontri, gli scambi e collaborazioni con altri Paesi del mondo, hanno permesso alla Fondazione pugliese di allargare i propri orizzonti verso una presenza sempre maggiore di produzioni internazionali. Scopo di questa visione globale è quello di rafforzare l’identità e la cultura cinematografica e audiovisiva regionali, e creare un’industria dell’audiovisivo sviluppando ogni aspetto della filiera avendo cura di aumentarne gli impatti economici. Non meno importanti è la figura di AFC che si pone tra le strutture capaci di attivare flussi turistici legati al cosiddetto cineturismo».    

Che ruolo ha avuto AFC nella realizzazione del film “Pinocchio” di Matteo Garrone?

«Per Matteo Garrone, le cui origini sono legate alla città di Bari, girare in Puglia è stato quasi fisiologico. Il suo è stato un ritorno dopo aver realizzato nel 2014 “Il racconto dei racconti” (“Tale of Tales”), film nel quale il regista mise al centro del suo “racconto” una Puglia magica e meravigliosamente che ha in Castel del Monte (bene UNESCO) e nel Castello di Gioia del Colle i centri narrativi. Così come doveva esserlo per “Dogman” (2018), poi girato in luoghi non pugliesi.

Con “Pinocchio”, comunque, la magia si è ripetuta anche grazie alla scelta di alcune location di straordinaria bellezza. L’apporto di AFC, quindi, oltre al sostegno economico, è stato importante fin dalla genesi del film. La ricerca delle location, ha avuto un ruolo determinante perché molto specifiche. A questo va aggiunto la professionalità delle nostre maestranze, che rappresentano ormai un punto fermo nella filiera audiovisiva pugliese».

Come nasce e che tipo di professionisti lavorano in una film commission?

«AFC è una commission atipica, infatti al suo interno lavorano delle professionalità tra loro molto differenti che vanno dalla progettualità all’amministrazione finanziaria, passando per la comunicazione, la gestione delle strutture. Fondamentale è l’ufficio produzioni che offre da una parte l’assistenza alle società di produzione, dall’altra sono i nostri referenti delle migliaia di tante maestranze che operano in Puglia».

Lei, come ha iniziato la sua carriera e quale è stato il suo percorso?

«Ho una formazione da architetto, mi sono specializzata a Parigi nella rigenerazione urbana e dopo un’esperienza lavorativa presso l’agenzia urbanistica della regione parigina sono rientrata in Italia e ho cominciato da subito a lavorare sui progetti complessi di sviluppo. Mi sono specializzata nella progettazione e gestione integrata di attrattori culturali, intesi come volano di sviluppo per nuove attività germinative e rigeneranti dei territori. Ho cominciato a scrivere e gestire progetti culturali finanziati sia della regione Puglia, sia dall’Unione Europea, ottenendo un grande successo.

Da qui mi sono appassionata alla gestione del patrimonio finalizzata alla realizzazione di attività innovative in ambito culturale, all’inizio solo spettacolo dal vivo e poi anche cinema. Sono stata nominata nel CdA di Apulia Film Commission nel 2015 proprio per il mio approccio manageriale, in quanto oggi il comparto audiovisivo è una vera e propria industria e la sua gestione attiene a questo dominio. Credo sia stato proprio questo approccio a spingere poi gli Amministratori a propormi successivamente la carica di presidente.

Inoltre, la mia formazione trasversale che va dall’arte, all’architettura, al teatro, unita alla profonda passione per il cinema (in cui ho lavorato fin da quando ero studentessa in Architettura a Roma), mi hanno sensibilizzato all’ascolto reale delle istanze provenienti dal mondo produttivo cinematografico, istanze che, in quanto amministratore di un ente culturale, ho il dovere di trasformare in nuovi progetti di sviluppo».

Con la cultura si mangia?

«Come dicevo ho un approccio manageriale e, allo stesso tempo, sono una donna di cultura. Oggi la sfida del management culturale è quella di trasformare le potenzialità espressive culturali in opportunità di crescita economica. Occorre avere idee e umiltà. Le idee devono essere verificate dalla reale attuabilità per diventare un campo applicativo economico, oppure possono diventare nutrimento per ulteriori suggestioni e nutrire comunque un immaginario collettivo.

L’umiltà è necessaria per non affezionarsi troppo alle proprie idee e accettare che queste evolvano anche in altri soggetti o al contrario non trovino nessuno sbocco e muoiano, naturalmente per poi lasciare il posto a nuove idee che prenderanno il posto di quelle vecchie e finalmente germoglieranno in progetti realizzabili. Ho fatto delle idee la mia professione, unendo il processo creativo alla conoscenza applicativa (sistema normativo, sistema economico, gestione delle risorse, gestione dei processi, livelli amministrativi, pubblica amministrazione)».

Che consigli vuole dare, da presidente di Apulia film commission, ai giovani che si affacciano a questo settore?

«Non mi sento di dare consigli, non sono abbastanza vecchia. Però posso testimoniare della mia esperienza e del mio sentire che consiste nel non aver mai abbandonato ciò che amavo. Sono stata portata a volte a deviare il percorso per il susseguirsi degli eventi, come tutti, ma alla fine ho sempre trovato il modo per realizzare ciò che volevo. Poi dipende, se uno è ricco di famiglia magari il percorso non lo devia perché non ha troppi vincoli, personalmente non lo ero e, quindi, ho dovuto avere molta pazienza e lavorare davvero sodo.

L’impegno e la costanza sono fondamentali ma non bastano, ci vuole talento e creatività. Ognuno di noi ha un talento, va solo scoperto e poi nutrito. Riconoscere le proprie qualità, dargli una struttura e farle crescere tali che diventino parte integrante della nostra vita e poi non perderle mai di vista nonostante gli alti e i bassi».