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Festival di Sanremo, la storia: una canzone per rinascere

Il Festival di Sanremo ha una storia non solo lunga ma importante. È un evento che va oltre il mero intrattenimento: è un misto di sogni, desideri, bisogni e paure di una intera nazione.

Con la fine della Seconda guerra mondiale nel 1945, i popoli d’Europa hanno un obiettivo ben preciso: ricostruire e recuperare il tempo perduto. In Italia, a 23 anni dall’ascesa del fascismo, nasce una profonda fame di cultura e di tutto ciò che in quegli anni è arrivato in forma censurata o distorta – o non è arrivata direttamente – contrapposta però a quel senso di stanchezza ed inerzia che non permette innovazioni ma prende ciò che può da quello che già c’è. Prima che l’Italia vada avanti culturalmente e proponga qualcosa di nuovo, bisognerà aspettare un ricambio generazionale.

Se il resto del mondo inizia a muoversi con il rock’n roll, l’Italia delusa e impreparata subisce passivamente la novità, mantenendosi su un mood più romantico, sognante e ancora “ovattato”: le voci più amate sono quelle di Nilla Pizzi (con brani come “Ciliegi rosa”, o “Mama mama”) Achille Togliani (“Come pioveva”, “Signorinella”) o Oscar Carboni, cantante neomelodico estremamente apprezzato durante la guerra, famoso per “Serenata Celeste” (composta nel 1947 da Mauro Ruccione, lo stesso autore di “Faccetta Nera”).

Anche Roberto Murolo è uno degli interpreti che hanno segnato il periodo, cantante che abbraccia lo stile dei crooners integrandolo alla musica tradizionale napoletana (come si sente in “Scalinatella” -1948). Il re indiscusso dello scenario italiano post guerra è comunque Claudio Villa, cantante e attore famosissimo ad oggi per le sue interpretazioni intense e piene di sentimento (“Mamma”, “O surdato ‘nnammurato”).

Tutti i nomi sopra citati saranno prima o poi protagonisti di quello che successivamente si consoliderà come il Festival di Sanremo: il 29 Gennaio del 1951, nel salone di un casinò, viene inaugurato il “Festival della canzone italiana a Sanremo – località in forte crisi – presentato da Nunzio Filogamo. La manifestazione musicale verrà organizzata dalla RAI (Radio Audizioni Italiane), ente ereditario della gestione radiofonica dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) acquisita il 26 Ottobre 1944.

Sarà sempre la RAI a riservarsi la selezione delle canzoni inviate al festival – 240 alla prima edizione –, la direzione artistica (affidata fino al 1957 al maestro Giulio Razzi, oltremodo redattore del primo regolarmente e direttore artistico della stessa RAI) e la direzione musicale (in mano a Cinico Angelini che dirigerà i primi quattro anni, per poi riprendere saltuariamente tra il 1957 e il 1962).

A partire dal 1953 si prende in considerazione l’idea di alternare i direttori: oltre Angelini fa il suo ingresso Armando Trovajoli, che in quegli anni inizia la sua carriera di compositore per il cinema, e Alberto Semprini. Entrambi vengono inseriti per dare un’interpretazione meno conservatrice e più vicina allo stile dei complessi da nightclub, che costituiscono comunque una grossa fetta di mercato per gli editori.

Con un’organizzazione in continua evoluzione, ma mantenendo un clima culturale coerente, il Festival passa da uno stato di “semiclandestinità” della prima edizione (nonostante fu trasmessa in diretta radiofonica) fino a necessitare sempre più spazio e visibilità: si passa da un numero limitato di cantanti fissi in gara (Nilla Pizzi, Achille Togliani e il Duo Fasano) ad un numero più ampio (cinque interpreti nel 1952, otto nel 1953, undici nel 1954, e così via).

Con i primi vincitori e i successi dei brani in gara (spesso nettamente superiori alle canzoni premiate) si consolida in Italia il “genere-festival”, che però non offre altra scelta se non un melodismo asfissiante dei primi posti e l’insulsa spensieratezza delle canzonette restanti. Il pubblico inizia a sentire l’esigenza di qualcosa di diverso. Dal 1952 a Napoli si svolge un altro importante festival, organizzato sempre dalla RAI, con gli stessi direttori e, bene o male, gli stessi artisti: il Festival della musica neomelodica (che oggi si è trasformato in “Festival di Napoli New Generation”).

Nel frattempo, nel Gennaio del 1954 iniziano in Italia le prime trasmissioni televisive regolari. La quinta edizione del festival fu la prima ed essere trasmessa in diretta, in eurovisione, ed “in via del tutto eccezionale” i partecipanti vennero selezionati con un concorso di “voci nuove”: si contarono 6.656 candidature. Nel 1957 i dischi più venduti in Italia sono quelli internazionali, di cui non si capiscono le parole ma si apprezzano le melodie.

Nell’edizione del Festival del 1958 la canzone “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno e Johnny Dorelli vince il Festival di Sanremo, ma non solo: si piazza prima in classifica nel mercato discografico italiano, americano e inglese, cosa mai accaduta fino a quel momento. Il brano, diverso da quelli vincitori delle edizioni precedenti, non ha un testo melenso e stucchevole, non parla di amore o della triade dio-patria-famiglia, non segue uno schema predefinito e fino a quel momento seguito meticolosamente: “volare, cantare nel blu dipinto di blu, felice di stare qua su” è un sogno ad occhi aperti, una speranza che si fa spazio nel buio degli anni del dopoguerra.

L’Italia si risveglia da un profondo sonno stagnante, e comincia ad aprirsi alle novità e a sperare nel futuro. Si tratta del primo cambiamento, la prima ondata di novità dalla fine della guerra.

L’importanza storica e culturale del Festival di Sanremo, per quanto ignara a molti, è innegabile. È un evento che va oltre il mero intrattenimento e rappresenta a pieno uno specchio sociale che riversa sogni, desideri, bisogni e paure di una intera nazione. Dal 1951 fino ad oggi. Finché ci saranno artisti da portare sul palco ed un pubblico disposto ad apprezzarli o criticarli, il Festival continuerà a svolgere la sua funzione, sperimentando e rinnovandosi in funzione del contesto storico e sociale in atto. Che cosa deve cantare l’Italia oggi per stare bene?

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