la rosa bianca

La Rosa Bianca: gli studenti universitari che sfidarono il regime nazista

La storia dei fratelli Scholl e del loro modo di servire la verità e la giustizia colpisce per l’arma scelta per combattere il regime nazista: lo spirito critico. La Rosa Bianca (Die Weiße Rose) è una storia di dissidenza clandestina e di repressione violenta.


La storia che oggi sentiamo necessario raccontare è quella di una giovanissima studentessa dell’Università di Monaco di Baviera, nata a Forchtenberg, cittadina a sud della Germania, nel distretto di Stoccarda, il 9 maggio 1921 e condannata a morte a Monaco il 22 febbraio del ‘43 dal Tribunale del Popolo per aver diffuso degli opuscoli contenenti messaggi contrari al regime, che imploravano il mondo universitario e tutto il popolo tedesco di ritrovare la ragione e schierarsi fieramente contro l’ideologia nazista.

Sophie cresce e conosce la scuola d’impronta nazionalsocialista, ha infatti solo 12 anni quando Adolf Hitler sale al potere. Insieme col fratello maggiore Hans (22 settembre 1918 – Monaco di Baviera, 22 febbraio 1943) i primi anni del regime si iscrive, sull’onda dell’entusiasmo iniziale, alla gioventù hitleriana, per poi abbandonarla solo quattro anni dopo delusa e amareggiata.

Sophie e Hans Scholl vengono educati secondo il luteranesimo, ma si avvicinarono molto presto spontaneamente al cattolicesimo. Fu proprio frequentando il movimento giovanile cattolico Quickborn guidato dal sacerdote italiano, naturalizzato tedesco, Romano Guardini, che i fratelli Scholl maturarono le idee che furono poi la base ideologica degli opuscoli contro il regime.

Lo sfondo religioso che fece maturare in loro la necessità di una resistenza anti-nazista ebbe sicuramente l’effetto di spingerli verso un genere di attivismo non violento, che prediligesse gli strumenti della comunicazione verbale e scritta, seppur nei toni caldi della denuncia.

Hans ne fu l’ideologo e il fondatore. Ne fecero parte in totale cinque studenti (Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf) tutti poco più che ventenni, cui si aggiunse il professor Kurt Huber, autore degli ultimi due opuscoli.

Nasce così la Rosa Bianca (in tedesco Die Weiße Rose), piccolo movimento che diffonderà clandestinamente all’interno dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco e ad alcuni destinatari scelti sia a Monaco che in altre città della Germania, un totale di sei opuscoli (arrivandone a stampare di alcuni fino a 6 mila copie) contenenti accorati appelli all’adesione anti-nazista, brani di letteratura classica che ispirassero al senso di responsabilità oltre che alle denunce dei crimini compiuti dal regime durante la guerra.

Hans, Alexander e Willi erano studenti di Medicina, si ritrovarono tutti e tre infatti ad essere testimoni delle atrocità del nazismo in particolare nel ’42, quando furono inviati per tre mesi come medici ordinari al fronte orientale e videro coi loro occhi la città di Varsavia completamente distrutta.

Il 18 Febbraio del ’43, sorpresi da un custode fedele al regime mentre diffondono l’ultimo opuscolo fuori dalle aule universitarie, Hans, Sophie e Christoph vennero subito arrestati dalla Gestapo (gli altri componenti furono arrestati poche settimane dopo e condannati a loro volta). Sottoposti a lunghissimi ed estenuanti interrogatori i tre ragazzi si mostrano leali ai loro principi e non accettano di rinnegare il loro operato.

In particolare a Sophie, che era la più piccola, viene offerta un’opportunità di salvezza: ammettere di essere stata coinvolta dal fratello Hans e di non essere stata cosciente appieno delle sue azioni, solo così avrebbe evitato la pena capitale. La giovane studentessa di filosofia e biologia rifiutò categoricamente di “scaricare” la responsabilità sul fratello maggiore e restò anche lei fedele alla versione dei fatti condivisa dagli altri sospettati (questi dettagli biografici sono rievocati fedelmente nel film di Marc Rothemund del 2005 intitolato “La Rosa Bianca – Sophie Scholl” – Sophie Scholl – Die letzten Tage).

Il processo “farsa” di Hans e Sophie Scholl insieme all’amico Christoph Probst fu presieduto dal giudice Roland Freisler, tristemente famoso come detentore del record di condanne a morte durante il Terzo Reich. Si stima infatti che Freisler abbia ordinato l’esecuzione di migliaia di imputati solo nell’ultimo triennio del regime.

Il processo si concluse con una condanna alla ghigliottina, eseguita sbrigativamente il giorno stesso del processo. Il caso dei fratelli Scholl è l’unico, in tutta la storia del regime, durante il quale fu concesso ai condannati un breve momento di congedo con i familiari. Hans e Sophie ebbero infatti modo di salutare i loro genitori prima di essere brutalmente uccisi, i quali si mostrarono fieri, per quanto affranti, del coraggio dei loro figli.

Le ultime parole di Sophie furono: «Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’è quasi nessuno disposto a dare sé stesso individualmente per una giusta causa? È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?».

Le ricordiamo perché racchiudono davvero, come i petali di una rosa, l’eroismo, la giovialità e l’impeto tipico dei vent’anni, l’età dei grandi sogni e delle utopie. Sophie ha vissuto la sua utopia, rendendola concreta, dando la sua vita come prova della possibilità di attuare nel mondo umano l’ideale di una condotta che non ceda al compromesso morale e il suo corpo come prezzo di quella che in fin dei conti sembra un’apparente sconfitta.

La Rosa Bianca
Memoriale di pietra per la “Rosa bianca” a Monaco, Michael F. Schönitzer

Romano Guardini, nel discorso di commemorazione disse: «Come è lontana dal comune modo di pensare la vita di un ricercatore, che dimentica piaceri e salute per trovare una verità ancora sconosciuta! Come è sensata la sofferenza di un artista, che si consuma per la sua opera! Come è incomprensibile l’atteggiamento di chi, chiamato da un’ora della storia, fa ciò che essa richiede, anche se così soccombe! E come è assurdo per un osservatore indifferente il comportamento di chi ama, quando un’altra persona gli ha affidato la sua vita, o quando si sente obbligato dal bisogno di chi è stato abbandonato!

Anche qui c’è un ordine più potente di quello delle cose materiali; più inesorabile nelle sue conseguenze se viene violato, più ricco di frutti se viene realizzato; un ordine che è immediatamente trasparente solo a chi già vi appartiene. Le persone di cui facciamo memoria sono vissute in questo ordine. Appartenevano al mondo dell’università, un mondo che è, nonostante tutto, uno dei mondi più nobili che esistano, perché ha degli obblighi solo nei confronti della verità.

Negli anni scorsi l’università è stata umiliata. È stato corrotto il suo rapporto con la verità e con ciò la sua essenza è stata distrutta. È stata ridotta a strumento al servizio di fini politici. I fratelli Scholl e i loro amici volevano che l’università ridiventasse ciò che deve essere: una comunità che vive nella dedizione alla verità, e per questo hanno osato tutto».

Se dunque trionferà la speranza, alla luce di queste parole, di poter tornare a guardare con occhi rinnovati e vigili i luoghi di pace in cui ci è ancora possibile studiare e formare uno spirito critico, vorrà dire che Sophie, Hans e i loro amici hanno vinto in questi sguardi e in questi luoghi, in cui l’inviolabilità delle menti e dei cuori esige che ogni giorno si faccia memoria, che ogni giorno si gridi: “viva la libertà!”.