EastMed, la guerra è sul monopolio energetico

La scoperta di idrocarburi nel Mediterraneo orientale ha ridisegnato la mappa energetica ed è stata al centro dei colloqui tra Israele, Grecia e Cipro, avviati da ormai un anno, durante il summit (il sesto) trilaterale di Gerusalemme (con la presenza degli Usa) del 20 marzo 2019. Il 2 gennaio è stato siglato l’accordo tra Israele, Cipro e Grecia per il progetto Eastmed. Il progetto risale al 2013, quando la Grecia beneficiò di fondi europei per finanziare i lavori preliminari e il costo totale si aggira intorno ai 6 miliardi di euro.

EastMed sarà realizzato da Igi Poseidon, società di diritto greco partecipata in modo paritetico da Depa s.a. e da Edison International. Trasporterà in Europa del gas estratto dai giacimenti israeliani e ciprioti nel Levante. Il punto di partenza sarà a circa 170 chilometri dalla costa meridionale di Cipro. Da qui si snoderà nei fondali del Mediterraneo fino al territorio cipriota, poi passerà per Creta, prima di raggiungere la terraferma per poi arrivare a Otranto.

In Italia, EastMed dovrà dunque approdare in Puglia, così come il Tap, nella zona di Otranto. Ciò ha scatenato già parecchi malumori e proteste di associazioni ambientaliste italiane, per gli espropri dei terreni interessati e i calcoli sull’impatto ambientale dell’opera.

Il gasdotto si svilupperà per circa 2.000 chilometri, dal Medio Oriente al Sud Europa, e potrà trasportare almeno 11 miliardi di metri cubi di gas all’anno, cambiando in maniera significativa gli scenari energetici nel Mediterraneo, una regione dove si assiste a nuove dinamiche anche nei rapporti tra Grecia, Turchia e Israele, sulla scia della scoperta di nuovi giacimenti di idrocarburi.

A partire dal 2009, Israele, Egitto e Cipro hanno iniziato a studiare i fondali del bacino del Levante: quello che ne è scaturito è una ricchezza stimabile in riserve per 3,5 trilioni di metri cubi di gas e 1,7 miliardi di barili di petrolio. Una ricchezza immensa che ha scatenato la corsa all’accaparramento da parte dei Paesi rivieraschi. E che aiuta a capire anche molte dinamiche politiche degli ultimi anni, fra le quali il riacutizzarsi dello scontro fra Cipro e Turchia. In questo quadro rientrano le trivellazioni della Turchia al largo di Cipro, il cui governo greco-cipriota non è riconosciuto da Ankara ed è per questo che si è abbattuta su Ankara la scure delle sanzioni europee.

Con l’intesa firmata il 2 gennaio si può dire che l’Europa sia entrata di fatto in pista. L’obiettivo dell’Unione Europea e degli Stati Uniti è quello di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia: EastMed non piace infatti al governo di Mosca proprio perché la Russia teme l’attenuazione in modo significativo della dipendenza europea dalle proprie riserve. Attore imprescindibile nel mercato del gas, Mosca è legata in questo settore a doppio filo con la Turchia e al nuovo gasdotto TurkStream, frutto dell’accordo tra i due paesi ed appena inaugurato lo scorso 8 gennaio.

eastmed putin erdogan

La coincidenza temporale dei due accordi, EastMed da un lato e TurkStream dall’altro, fa capire il peso geopolitico della partita energetica. Infatti, nonostante gli sforzi dell’Europa per diversificare le fonti energetiche, molti Paesi europei sono ancora dipendenti dal gas russo. Con il nuovo gasdotto TurkStream questa dipendenza non verrà meno.

La ciliegina sulla torta per il Cremlino è rappresentata dal fatto che il nuovo gasdotto non transiterà in Ucraina, con la quale la Russia è in conflitto dal 2014. La Turchia nel frattempo è diventata un importante hub del gas nella regione.

Dal Mar Nero il gas russo giungerà invece in Europa attraverso condotti già esistenti o in costruzione, passando per Serbia, Bulgaria, Slovacchia e Austria. Le forniture di gas attraverso TurkStream, secondo Putin, sono di grande importanza non solo per l’economia turca e la regione del Mar Nero, ma avrebbero anche un impatto positivo sullo sviluppo di molti Paesi dell’Europa Meridionale. Lungo 910 km, TurkStream avrà una capacità di oltre 31 miliardi di metri cubi all’anno di gas naturale, che verranno trasportati da due linee parallele. Il gas sarà destinato a Turchia e Europa, e suddiviso in base al bisogno dei rispettivi mercati.

Se da un lato Ankara procede con le trivellazioni al largo di Cipro e raggiunge intese sempre più strette col governo di Tripoli, la Grecia ha sferrato una pesante offensiva diplomatica nei confronti della Turchia: all’indomani dell’accordo siglato il 2 gennaio, il premier greco ha finalizzato i dettagli tecnici di EastMed portando il dossier fino a Washington.

La Turchia non ne vuole sapere di rimanere in disparte ed è evidente quale sia il suo interesse: in Libia c’è un’area ricca di petrolio. Se da un lato Israele, Cipro e Grecia hanno appena stipulato l’accordo per il gasdotto Eastmed, Erdogan ha inoltre firmato un accordo con la Libia sui confini marittimi, che mira a creare una zona economica esclusiva a danno di Grecia e Cipro. Turchia e Libia hanno poi dei legami storici molto antichi: la Libia faceva parte dell’Impero ottomano fino alla guerra italo-turca del 1911-12.

La Turchia ha l’interesse strategico a sviluppare una politica mediterranea che possa competere con quella europea; c’è da considerare il calcolo puramente economico, con la Libia che offre enormi prospettive in termini di sviluppo infrastrutturale e in ottica di ricostruzione. La Turchia ha anche l’ovvio interesse di vendere armi al cosiddetto Governo di Accordo Nazionale (GNA), mentre in Cirenaica arriveranno presto, direttamente da Mosca, radar e missili russi. Missili offensivi ipersonici e balistici, oltre a sistemi di difesa aerea russi, col chiaro intento di rendere la regione sempre più un protettorato russo e con l’ipotetica installazione di una futura base russa a Bengasi, vicino alla Sicilia.

Un altro scenario da monitorare in questa partita energetica e militare, per l’Italia e per la Sicilia in particolare, che rischia di diventare una frontiera del confronto militare tra Russia e Nato.


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