Villa Spina: viaggio nella Palermo del Settecento

Di Veronica Sciacca – Questa settimana il nostro itinerario fa sosta a Villa Spina, l’affascinante residenza che spicca in mezzo al verde del terreno oggi compreso tra il Viale Duca degli Abruzzi e Via dei Quartieri, nel territorio della cosiddetta Piana dei Colli, delimitata geograficamente da Monte Pellegrino, Monte Gallo e Monte Billiemi. In passato, questo punto della città, poco o nulla urbanizzato, era infatti ricco di corsi d’acqua e una rigogliosa vegetazione si estendeva fino al Golfo di Mondello, aspetto che lo rese senza dubbio il luogo ideale per una residenza di villeggiatura. Ed infatti Villa Spina (in origine Villa San Vincenzo) fu costruita nel 1676 dalla famiglia Vanni-La Torre di San Vincenzo proprio con questo intento.

Pur trattandosi di una costruzione risalente alla fine del XVII secolo, la villa va comunque considerata un esempio di arte Settecentesca (XVIII sec.) per via degli affreschi che arricchiscono l’interno del piano nobile, oggi molto sbiaditi, e che risalgono all’opera del pittore romano Gaspare Fumagalli e alla sua scuola (probabilmente i figli Eugenio ed Ermenegildo). Il Fumagalli, in quel periodo era infatti molto attivo a Palermo e in Sicilia, e frutto della sua collaborazione con il pittore fiammingo Guglielmo Borremans sono per esempio anche le decorazioni del palazzo arcivescovile cittadino. 

villa spina

L’accesso al “piano nobile” della villa è consentito percorrendo la maestosa scalinata elicoidale doppia che sicuramente rappresenta la caratteristica architettonica che rende Villa Spina unica ed elegante. Il tema degli affreschi testimonia inoltre un momento di svolta nella produzione del Fumagalli, che dopo essersi occupato in Sicilia soprattutto di soggetti d’arte sacra, torna sull’isola ispirandosi ad uno stile dalle soluzioni “più ariose e leggere”, dipingerà infatti il ciclo delle stagioni e dei mesi, insieme a paesaggi e nature morte.

Gli interni del piano terra invece contengono dipinti più recenti in stile pompeiano i quali testimoniano un ulteriore cambiamento di rotta nella storia dell’arte siciliana: la sostituzione dello stile napoletano a quello romano del Fumagalli.

Nel corso dei due secoli successivi la Villa passò nelle mani del banchiere Giuseppe Velia, il quale però già nell’Ottocento la cedette alla famiglia Isgrò. Solo dopo gli Isgrò la Villa verrà acquisita dalla famiglia di cui oggi porta ancora il nome, la famiglia Spina. Viene dunque da chiedersi come mai fu durante il loro soggiorno che la loro dimora passò alla storia come Villa Spina.

Sicuramente ciò è dovuto alla costruzione di soppalchi in alcuni saloni del piano nobile, oggi però non più esistenti, e alla sistemazione del parco con il belvedere e la grotta artificiale. Questa grotta è forse una delle attrazioni principali del luogo, dal momento che si tratta di un vero e proprio archetipo bioclimatico, nella fattispecie una piccola “camera dello scirocco”, la cui pianta fu progettata e costruita con lo scopo di deviare il vento caldo di sud-est.

Da un articolo accademico di Tiziana Firrone, ricercatrice presso il dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo, intitolato proprio alle camere dello scirocco della Palermo antica, apprendiamo infatti che nel caso di Villa Spina: «La porta a nord cattura […] l’aria fresca convogliandola all’interno della grotta da dove esce attraverso l’ingresso opposto. Un foro di aerazione, posto sulla volta del corridoio di sud-ovest, agevola la fuoriuscita dell’aria calda».

Le camere dello scirocco «costituiscono veri e propri modelli di integrazione tra ambiente ed insediamento antropico nonché mirabili testimonianze di quanto l’ingegno umano abbia compiuto per il soddisfacimento di una delle sue maggiori esigenze all’interno di uno spazio confinato: il raggiungimento di una condizione di comfort ovvero la percezione di una sensazione di benessere psicofisico determinato da particolari condizioni ambientali indoor quali temperatura, umidità dell’aria, luminosità, rumorosità […] (le camere) erano dunque i possibili rimedi per combattere il caldo ed ai quali si soleva ricorrere anche a Palermo dove gli influssi dei paesi mediorientali e l’eredità del patrimonio storico e culturale del popolo arabo hanno lasciato un segno profondo.

Ed è proprio al mondo arabo ed in particolare alla vecchia Persia che si fanno risalire le origini delle camere dello scirocco che, in un determinato momento della storia, sono comparse a Palermo e nei paesi limitrofi. Si tratta di strutture ipogee che traggono ispirazione dai “sirdáb”, termine derivante dal persiano “sard” (freddo) e “ab” (acqua); ambienti semi-sotterranei provvisti di fontane, specchi d’acqua o canali che rinfrescavano ed umidificavano l’aria».

Nell’ultimo secolo di storia che la separa da noi, la dimora fu acquistata negli anni ’30 dalla famiglia Palminteri, la quale ne è ancora oggi in possesso (Palminteri e Venezia). Non sono mancati i piccoli scandali, che in età contemporanea hanno visto protagonista questa antica dimora nobiliare. Nel 2005 infatti, La Repubblica ha pubblicato la notizia di un sequestro messo in atto dai vigili urbani per abuso edilizio. Nella fattispecie il sequestro riguardava l’ala ovest della villa nella quale a quanto pare erano stati rivelati abusi che ne minacciavano il patrimonio artistico.

A complicare il quadro si aggiungeva l’amara scoperta di una vera e propria discarica abusiva creata nel parco circostante la villa: «Rifiuti per circa 600 metri cubi in un’area di quasi 200 metri quadrati, alta tre metri».

Un caso, insomma, quello di Villa Spina, che descrive il tragico crinale in cui si trovano, dal punto di vista legale, questo genere di beni architettonici che però restano pur sempre patrimonio di privati, la cui volontà di gestione spesso collide con il decreto cui la villa e il parco circostante sono sottoposti, ovvero un “vincolo monumentale per rilevante interesse storico-artistico”. Nonostante ciò Villa Spina è ritornata, negli ultimi anni, al centro della vita culturale della nostra città.

È stato merito di una iniziativa teatrale infatti, l’aver allestito un vero e proprio spettacolo aperto al pubblico nelle magnifiche sale della dimora settecentesca. Rooms (regia di Valerio Strati) è andato in scena nel 2014, organizzato secondo una serie di dialoghi/monologhi che hanno scandito il percorso degli spettatori nelle sale. Ogni stanza ospitava uno o più attori, le cui esibizioni ruotavano tutte attorno al tema dell’intimità, cui si connette metaforicamente la nozione di “stanza”. Le stanze di Villa Spina hanno avuto dunque modo di trasformarsi in piccole finestre aperte sui volti dell’umano che meno volentieri osiamo rivelare, volti a nudo, le cui maschere deposte svelano «scheletri, sogni e turbamenti».

La compagnia teatrale è composta da: Domenico Bravo, Antonio Ferrante, Antonio Lauro, Lina Prosa, Francesco Randazzo (testi); Domenco Bravo, Sandro Dieli, Viviana Lombardo, Floriana Patti, Maria Grazia Saccaro e Valerio Strati (performance), ed è inoltre risultata vincitrice con questo progetto del bando per il Ministero Turismo e Cultura attraverso il Comune di Palermo.

Ci auguriamo dunque, al termine di questa terza tappa, che tanti, nuovi volti e progetti possano proteggere Villa Spina dallo sbiadire poco a poco, nella materia dei suoi affreschi e dipinti, nei ricordi della sua ricca storia, e soprattutto nel riconoscimento del suo valore, irriducibile a quello patrimoniale.