Tre decenni di D’oh!

Di Silvia Scalisi – Ci sono delle abitudini diffuse, radicate ormai da anni, a cui siamo talmente tanto avvezzi da non farci più neanche caso. Per esempio, pensiamo a un giorno qualunque della settimana, una giornata tipo dal lunedì al venerdì, durante il periodo della scuola: ore 13.30, il suono della campanella, l’uscita fulminea dalla classe, la corsa a casa, il pranzo a tavola.

Ed è proprio in quel momento che, con un movimento quasi automatico, accendiamo la televisione e parte la sigla, quella canzoncina che sappiamo a memoria, che ha un suono così familiare, che spunta sfocata tra le nuvole di un cielo azzurro, e iniziamo magari a canticchiarla senza rendercene conto: The Simpson (l’avete letta cantando, vero?).

I Simpson sono diventati grandi, e parecchio: ben trenta anni fa, il 17 dicembre del 1989 andava in onda il primo episodio “solista” della serie animata più famosa e sicuramente più longeva di tutti i tempi, ideata dalla mente geniale di Matt Groening.

Iniziata nel 1987 come un semplice riempitivo all’interno del Tracey Ullman Show, con corti di circa un minuto, sarà soltanto due anni dopo, appunto, che inizierà l’avventura della famiglia d’America più stravagante e irriverente, con un episodio trasmesso su Fox intitolato Un Natale da cani.

Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie hanno accompagnato la nostra infanzia e adolescenza, e continuano ad accompagnare i nostri post-pranzo da ormai tre decenni.

Senza accorgercene abbiamo iniziato a citarli nei nostri discorsi: dal “D’oh!” di Homer, spendibile nelle più varie situazioni; al “Ciucciati il calzino” di Bart; dal “Ehi ehi ehi” di Krusty il clown, al diabolico “Eccellente” del signor Burns, con tanto di movimento delle dita delle mani, al “Brutto bagarospo” di Homer con annesso strangolamento al primogenito.

I Simpson costituiscono una parodia della società moderna a 360 gradi. Gli stereotipi e i luoghi comuni ci sono tutti: il marito sovrappeso e pigro, la moglie assennata e inquadrata che cerca di rimediare ai guai di tutti, il figlio monello che ne combina di tutti i colori, la figlia studiosa e secchiona, le zie zitelle e insopportabili, il nonno in casa di riposo, gli amici ubriaconi che portano sulla cattiva strada, i cartoni diseducativi (rappresentati da Grattachecca e Fichetto). E poi ancora la maestra svogliata, il barista frustrato, il compagno di classe con gli occhiali spessi, il gruppo dei compagni bulli a scuola, il capo spietato e senza cuore.

Da trent’anni i Simpson ci fanno riflettere con la loro irriverenza e le loro frasi pungenti provocano sorrisi spesso amari. «Non criticare i laureati, Bart, hanno soltanto fatto una scelta di vita sbagliata», dice Marge rivolgendosi al figlio maggiore; «Siete bambini, perché avete bisogno del cellulare?», esclama una signora Caprapall sconvolta davanti a una classe di alunni intenti a scrivere sugli smartphone; «Quanto mi piace spaparacchiarmi il sabato», «E’ mercoledì, Homer!»; «I soldi possono essere dati in cambio di beni e servizi», precisazione fatta a Homer dal suo stesso cervello, al suo interrogativo sul possibile utilizzo di 20 dollari trovati sotto il divano.

Ma i Simpson non sono soltanto risate. Ci hanno insegnato il valore dell’amicizia, quella tra Bart e Milhouse; il valore dell’amore fraterno, nei piccoli gesti, come quello di Bart che cede una pallina del suo cono gelato a Lisa; l’amore vero, incondizionato, tra marito e moglie, anche quando il marito è un totale disastro; e anche quello tra animale domestico e padrone (Piccolo Aiutante di Babbo Natale e Bart, un legame indissolubile).

Per non parlare delle decine di richiami fatti al mondo dell’arte, del cinema, della musica, della politica: la puntata ispirata a Shining di Kubrick, con un Homer impazzito che richiama Jack Nicholson; riferimenti a Leonardo da Vinci, Botticelli, Joan Mirò; la previsione dell’elezione di Trump a Presidente degli Stati Uniti.

Quell’ora scarsa che va dalle 13.45 a quasi le 3 del pomeriggio è ormai da tre decenni “l’ora dei Simpson”, il nostro spartiacque tra la digestione, il caffè e l’inizio della seconda parte della giornata.

Ognuno di noi porta delle scene dentro il cuore, a ognuno di noi scappa un sorriso quando in un dialogo tra amici ci si guarda negli occhi e si esclamano le stesse frasi, le stesse battute di questi personaggi gialli con i capelli a punta.

Allora tanti auguri a Homer, Marge, Bart, Lisa e alla piccola Maggie: 100 di questi giorni, anzi, speriamo molti di più, perché per noi figli degli anni ’90 non saranno mai abbastanza.


1 commento

I commenti sono chiusi

... ...