Spazi, simboli e ideali: il viaggio di Pippa Bacca

Di Alice CastiglionePippa Bacca (Giuseppina Pasqualino di Marineo) e Silvia Moro sono artiste ed amiche. Nel 2008 partono in autostop vestite da spose da Milano per arrivare a Gerusalemme passando per i Balcani. L’opera performativa itinerante Sposa in viaggio si basa sulla pratica dell’autostop e porta avanti un concetto estremamente semplice eppure così complicato: un matrimonio tra differenti popoli e nazioni, donne che viaggiano per la pace in vestito da sposa attraverso nazioni devastate dalle guerre.

Già in passato Pippa Bacca si era occupata da artista di questo modo di viaggiare, esponendo nella mostra Più oltre – a Perugia nel 2004 – una serie di ritratti fotografici di chi le aveva dato dei passaggi, ritagliati a forma di mezzi di trasporto. Nel viaggio delle spose, per rendere ancora meglio l’idea di fratellanza, collaborazione ed unione, i cartelli con i nomi delle città venivano spesso preparati dalle persone incontrate nelle tappe precedenti.

Andando ad analizzare il progetto e lo svolgimento dell’opera notiamo come la stessa sia gravida di significati simbolici, come ad esempio il vestito stesso delle due artiste che – tra le altre cose – veniva lavato con della lisciva prodotta dalle ceneri di oggetti preziosi bruciati appositamente per lei da persone care.

Il significato della performance gronda idealismo: «Al matrimonio della sua amica Margherita la sposa ripeteva spesso agli ospiti di stare attenti a non calpestare lo strascico o altre parti dell’abito, perché si sarebbero sporcate. Pippa trovò curioso che si prestasse tanta attenzione ad un vestito che si usa un giorno solo e nacque in lei l’idea di pensare l’abito da sposa al contrario.

Un vestito che dura per tutta un’esperienza e ne diventa il testimone, raccoglie su di sé i ricordi, consumandosi e sporcandosi. Un unico vestito da portare in un viaggio speciale, che attraversi in autostop paesi dove la guerra è una realtà o un ricordo molto fresco, durante il quale toglierlo solo per dormire o quando lo si lava. Da sempre la sposa è simbolo della femminilità, dell’amore, della famiglia, della purezza.

E il giorno del matrimonio – almeno in teoria – è un momento di gioia condivisa, di letizia comune. Tutte immagini difficilmente associabili alla guerra e vicine invece alla pace; per portare questa letizia, incontrando le donne e le artiste che vivono là, per superare le diversità, attraverso piccole azioni quotidiane e molto femminili e per condividere un poco della loro fatica».

Pippa spiegava il suo progetto attraverso poesie e canzoni (da Giovanna d’Arco di De Andrè a Ballata delle donne di Edoardo Sanguineti). Viaggiare con mezzi poveri mette in relazione il viaggiatore con la popolazione autoctona; viaggiare in autostop, fa sì che uno straniero si metta nelle mani di altri viaggiatori, ma ancora più spesso dei locali o di chi dello spostamento ha fatto il suo mestiere. «La scelta del viaggio in autostop è una scelta di fiducia negli altri esseri umani e l’uomo, come un piccolo dio, premia chi ha fede in lui».

Pippa Bacca

Le due donne si separano ad Istanbul pianificando di riunirsi in Libano, ma Pippa non uscirà mai dai confini turchi. Muore nel 2008 per mano di un disoccupato 38 enne che la violenta, la strangola e lascia il suo corpo nudo nascosto. Successivamente, dopo essere stato individuato dalle autorità, condurrà gli agenti sul luogo in cui ha abbandonato il corpo di Pippa.

Il caso diventa politico, i collettivi femministi (in particolar modo per voce di Hasbiye Günaçtı, femminista e socialista turca) e la famiglia chiedono giustizia, che arriverà sotto forma di ergastolo per il femminicida.

Quello di Pippa Bacca non è un omicidio qualunque, ma un femminicidio che tocca aspetti che non emergono nei femminicidi su base domestica. Pippa Bacca era una donna istruita, femminista, che credeva nella fratellanza tra popoli e nazioni. Pippa era un’artista, una donna che non voleva avere paura di viaggiare da sola, una donna che voleva dimostrare che la fiducia negli esseri umani è importante e può fare la differenza. Pippa era una donna che cercava chiavi di lettura per interpretare questo mondo e trovare nuovi prospettive attraverso il punto di vista storicamente negato: quello femminile.

Ma forse, come ha dichiarato all’Ansa la sorella, non tutti meritano fiducia. Pippa nel suo viaggio voleva sfidare il male intrinseco del patriarcato su vari livelli. Alcuni esponenti del mondo della produzione culturale si sono mobilitati per dare un contributo e forza al progetto di Pippa Bacca: Alda Merini scrisse una poesia dedicata a Bacca che riassume amarezza e disincanto.

 A Pippa

Abito bianco
per andare a nozze con la tua morte
e con quella di noi tutti
Ti sei vestita di bianco
ma siccome la tua anima mi sente
ti vorrei dire che la morte
non ha la faccia della violenza
ma che è come un sospiro di madre
che viene a prenderti dalla culla
con mano leggera

Non so cosa dirti
io non credo nella
bontà della gente
ho già sperimentato tanto dolore
ma è come se vedessi la mia anima
vestita a nozze
che scappa dal mondo
per non gridare

Altri richiami si possono trovare nel teatro, con la messinscena di Tiziana Sensi dal titolo Tu non mi farai male, o nel contesto sanremese con l’omaggio canoro all’artista di Malika Ayane dal titolo E se poi che, nel 2013, ha riacceso la luce su un’artista che, per essere elevata a tale riconoscimento, per alcuni giornali è stato necessario sottolineare che era nipote di Piero Manzoni (l’autore di Merda d’artista, per intenderci)

(…) per trovare l’universo adatto al nostro spazio
ogni giorno più stretto per contenere i sogni (…)
– citazione tratta dalla canzone E se poi

Da donna che ha viaggiato in autostop per molti anni da sola, posso dire con molta onestà che il tema ricorrente è uno: la sicurezza. Provando a googlare “Donne che viaggiano da sole” ci si imbatte in una serie di articoli che suggeriscono mete female friendly perchè considerate più sicure di altre, sciorinando attività quali yoga, relax sulla spiaggia o tour organizzati.

Eppure, se andiamo a scavare nei meandri della dimensione culturale scopriamo che conoscere il mondo viaggiando, incontrando persone e costumi e tradizioni, mangiando il loro cibo e assorbendo e imparando dalle altre culture (come fecero donne nella storia quali Alexandra David-Néel, Jeanne Baret o Gertrude Bell) è il miglior modo per uscire dalla nostra comfort zone e scoprire che il mondo può essere guardato con occhi diversi.

Prendiamo in analisi l’archetipo del viaggiatore impersonato da una figura estremamente conosciuta, Ulisse: il viaggio di Ulisse è l’espressione di una serie di elementi come l’avventura, la nostalgia e la partenza volontaria. Il suo viaggio diventa subito esplorazione e conoscenza. Il viaggio è inteso come uno strumento di scoperta, uno strumento per avere un quadro più ampio del mondo. Il valore del viaggio riguarda l’esperienza della formazione e l’interrogarsi, non solo la scoperta dei luoghi.

L’Ulisse nell’Inferno di Dante è l’espressione dell’intenzione di conoscere, la comunanza con gli altri e la rigenerazione, attraverso il rifiuto dei dogmi e in favore della conoscenza razionale dell’essere umano e delle sue tensioni emotive, tutti momenti che segnano la memoria e di conseguenza la vita.

Il viaggio è inteso come un luogo comune di esperienze perché rivela strutture sociali e psicologiche che appiattiscono le differenze sociali, cosa che Pippa ha dimostrato di voler e poter far emergere in forma concreta e non soltanto come idea. Non stiamo parlando di turismo (che è completamente influenzato dallo status sociale) ma di un campo comune di metafore per capire meglio noi stessi e gli altri.

Non è un caso che la narrazione di Ulisse di Dante non ignori l’attaccamento alla famiglia. Questo però non ferma Ulisse dal bisogno di conoscenza: chiama “fratelli” i suoi amici e li spinge a interrogarsi sul significato della vita e godersi l’esistenza e la possibilità di continuare ad apprendere.

È un viaggio da aprire per rompere l’equilibrio, ed è fondamentale perché provoca il dinamismo di quel tipo di scambio che compone l’esperienza. Il viaggio definisce un percorso di autonomia ed espone fuori dalla zona di comfort; il viaggio è una pratica universale, un modo per produrre cultura e conoscenza fuori dai sistemi chiusi, una pratica fondata su sistemi aperti e dialoghi.

Il ritorno non è la conclusione, ma un momento riflessivo di elaborazione. La ricerca è un viaggio e in ogni viaggio l’essere umano cerca un pezzo di sé: è uno specchio nel quale possiamo trovare stereotipi, angosce e pregiudizi.

Le donne che viaggiano da sole sono per lo più single, indipendenti, culturalmente preparate, pronte all’avventura ma con la testa sulle spalle. Niente a che vedere con le proposte di Yoga e tour preconfezionati. Fautrici di ciò che in passato veniva censurato e punito come immorale o impossibile, le donne oggi viaggiano da sole più che in qualsiasi altro periodo storico: per sfidare le proprie paure, per diventare più forti e per mettersi in gioco, senza l’aiuto di nessuno, in un mondo che le vuole insicure, fragili e sempre pronte a scegliere tra sé stesse e il ruolo imposto dalla società.

C’è un documentario molto interessante, uscito quest’anno e intitolato Donne che viaggiano da sole. Scritto e girato dall’autore indipendente Giulio Pereno, è un documento visivo girato tra Italia, Germania, Francia, Inghilterra e Belgio. Contiene intervista a donne provenienti da tutto il mondo e il tema è proprio quello del viaggio vissuto dal punto di vista femminile.

Un uomo che vuole raccontare la realtà femminile è un’altra occasione per notare quanto la produzione culturale, sebbene centrata sul tema delle donne, sia vittima dell’onnipresente male gaze (lo sguardo che rappresenta le donne e il mondo, nelle arti visive e nella letteratura, dalla prospettiva del maschio bianco eterosessuale).

In questo documentario Pereno intervista, nell’arco di tre anni, donne che raccontano i loro viaggi in solitaria. L’autore ne parla come di un’opera autobiografica di un uomo ma interpretata da una donna, un Giulio al femminile. L’autore ha dichiarato: «non si aprivano tanto quando chiedevo di raccontare le loro esperienze, bensì quando chiedevo “cosa volete dire alle altre donne”?». Entrava in gioco quel tipo di sorellanza intrinseca che porta le interlocutrici a instaurare istintivamente una connessione emotiva con le spettatrici.

Sarebbe stato bellissimo se Pippa Bacca avesse avuto la stessa possibilità di esprimere la sua arte, assemblare il suo racconto e restituirci, da donna, la narrazione dalla sua prospettiva. Sfortunatamente, però, è nata femmina.


Fotografie tratte da pippabacca.it