Le promesse riformiste della Commissione di Ursula von der Leyen


Di Antinea Pasta – Lo scorso 27 novembre il Parlamento europeo ha votato la fiducia alla nuova Commissione europea presieduta da Ursula Von der Leyen. La Commissione ha incassato una larga maggioranza con 461 voti favorevoli e 157 contrari e 89 astenuti. Hanno votato a favore Popolari, Socialisti e i liberali di Renew Europe, con il sostegno esterno di partiti singoli. Il gruppo dei Verdi si è astenuto, mentre hanno votato contro sia la sinistra radicale sia l’estrema destra. Nonostante ciò è emerso un sostegno più ampio rispetto a luglio quando la Von der Leyen fu eletta con solo 9 voti di scarto e anche rispetto al suo predecessore Jean Claude Juncker che cinque anni fa aveva ottenuto 423 voti. Fra i partiti italiani, la Lega e Fratelli d’Italia hanno votato contro mentre Partito Democratico e Forza Italia a favore. I Cinque stelle si sono spaccati con 10 voti favorevoli, due astensioni e due voti contrari.

Inizialmente la data prevista per l’insediamento era per il 1° novembre, ma la bocciatura di tre candidati commissari da parte del Parlamento europeo e la mancata nomina del commissario britannico da parte di Boris Johnson e la conseguente apertura della procedura di infrazione contro il Regno Unito, l’ha fatta slittare di un mese. Insomma non proprio tutto liscio per la presidente Von der Leyen che con la sua Commissione da lei stessa definita “geopolitica” si propone di affrontare con decisione le tematiche chiave del suo programma nel corso del quinquennio.

Prima tra tutte la lotta al climate change attraverso un Green New Deal da mille miliardi. Un piano strategico che ha l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050, oltre che ridurre del 50 per cento le emissioni di CO2 rispetto agli obiettivi fissati per il 2030. La sfida è rilanciare l’economia, promuovendo nuovi investimenti sostenibili e sfruttando i margini concessi dal Patto di Stabilità ma anche applicando una carbon tax, ossia un’imposta sull’importazione rivolta ai paesi che non rispettano gli standard europei in materia di emissioni inquinanti. Ad occuparsi della prima legge sul clima a livello europeo sarà il vicepresidente esecutivo, il socialista olandese Frans Timmermans.

Altro pezzo forte della squadra della Vor der Leyen è l’altro vicepresidente, la liberale danese Margrethe Vestager, commissaria alla concorrenza che da anni dà filo da torcere ai giganti del digitale con delle salate maxi multe, che le hanno valso il soprannome di “lady tax” affibbiatole dal presidente Donald Trump. La danese, infatti, dovrà non soltanto continuare a sorvegliare il comportamento dei giganti digitali ma dovrà anche guidare il settore tecnologico europeo verso un maggiore sviluppo che permetta di recuperare il gap che separa l’Europa da Cina e Stati Uniti. E tante altre sono le sfide che la nuova presidente della Commissione europea ha deciso di affrontare con piglio deciso: dall’immigrazione, alla parità di genere, ad una maggiore flessibilità per far crescere le economie dei paesi più in difficoltà. Insomma una wish list dei sogni per rilanciare un’Europa nel suo momento di maggiore debolezza, con una commissione dal forte peso politico.

Il programma riformista e proiettato al futuro di Ursula Von der Leyen ha già trovato però il primo scoglio: bilancio pluriennale 2021-2027 che per accogliere le proposte della commissione dovrà subire radicali cambiamenti. Durante sua prima conferenza stampa a Bruxelles dopo il suo insediamento, la neopresidente si è detta «preoccupata dai tagli drastici» al quadro di bilancio contenuti nella proposta negoziale della presidenza di turno finlandese del Consiglio Ue, e ha aggiunto: «Credo che le risorse della proposta finlandese non siano abbastanza. Se vogliamo essere seri, dobbiamo investire». Senza dimenticare le difficoltà che produrrà la Brexit e i futuri negoziati per regolare i rapporti tra Unione e Regno Unito.

Alla nuova commissione europea e alla presidente Von der Leyen spetterà dunque un arduo compito: tramutare i sogni di un’Europa riformata e ambiziosa in una realtà. No, non sarà affatto facile e forse i risultati non saranno all’altezza delle aspettative ma da europei faremmo bene ad augurarcelo.


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