Intervista a Tiziana Ciavardini

Di Antonio Di Dio – Giovedì 5 dicembre si è svolto a Palermo, nella Facoltà di Giurisprudenza, il seminario dal titolo ‘La tutela della donna – Il “diritto” delle donne in Iran’. L’evento è stato inserito nell’ambito della campagna “Woman’s Freedom Iran” per la giustizia a tutela della libertà di ogni donna iraniana ideata da Mete Onlus, associazione presieduta da Giorgia Butera che da anni si impegna nell’alto tema dei diritti internazionali e nell’affermazione dei principi civili, democratici e liberali.

Alla campagna ha partecipato anche l’avvocato Francesco Leone, Partner della campagna e Presidente dell’ AGIUS Associazione Giuristi Siciliani, da anni a fianco di Mete Onlus e che ha deciso di intensificare il suo impegno proponendosi come promotore e legal advisor dell’intero progetto. Ha collaborato all’organizzazione di questo seminario anche l’associazione Avanti Giurisprudenza.

Ospite illustre di questa giornata è stata la giornalista, scrittrice, antropologa culturale e ricercatrice Tiziana Ciavardini, una delle voci più autorevoli a livello nazionale sull’Iran, tema del suo ultimo libro per Armando Editore (2019), “Ti Racconto l’Iran. I miei anni in terra di Persia’”, con prefazione di Dacia Maraini. Scrive per Il Fatto Quotidiano ed ha vissuto in Iran per più di dieci anni.

Tiziana Ciavardini ci ha concesso una lunga intervista sull’Iran, di cui proponiamo la trascrizione integrale.

Intanto grazie per quest’intervista. Lei si è occupata tantissimo di Iran, ha viaggiato ed è stata lì parecchi anni, scritto diversi libri (tra cui l’ultimo ‘’Ti racconto l’Iran’’ per Armando Editore nel 2019) e tantissimi articoli (collabora con Il Fatto Quotidiano); le chiedo quindi una disamina storica sulla condizione femminile in Iran, partendo dai movimenti femministi del’900, su come sono progrediti, se c’è stata una regressione o dei progressi. Ma soprattutto com’è oggi tale condizione?

«Noi intanto dobbiamo ringraziare tutti i movimenti femministi che ci sono stati fino ad oggi, non solamente all’estero ma anche quelli che ci sono stati in Italia. Tante battaglie delle donne sono state superate e vinte grazie all’impegno dei movimenti femministi. Purtroppo per quanto riguarda la situazione all’estero al momento è ben diversa, purtroppo ci sono Paesi, come Iran, Pakistan, Arabia Saudita, Sudan, in cui spesso la donna è classificata ad un livello inferiore a quello dell’uomo. L’Iran, o meglio le donne iraniane, stanno lavorando molto per la situazione femminile.

Dalla Rivoluzione Islamica nel 1979 (quest’anno si celebra il quarantennale) la donna ha fatto moltissimo perché parte della popolazione femminile non si ritrova nei dettami islamici, tanto meno da quelli imposti dal sistema teocratico iraniano. Negli ultimi anni ad esempio le donne hanno preso coraggio, sono scese per la strada rimuovendosi il velo e sventolandolo agli uomini per dire chiaramente di non volerlo mai più indossare. Tante donne che hanno rimosso questo velo sono state arrestate, condannate e alcune di loro oggi stanno scontando una pena che va dai 6 ai 10 anni; addirittura Nasrin Sotoudeh, l’avvocatessa, che difendeva i diritti di queste donne, è stata a sua volta arrestata e condannata a 148 frustate e 33 anni di carcere. Ringrazio il Sindaco di Palermo per aver concesso la cittadinanza onoraria a Nasrin Sotoudeh e proprio insieme all’associazione Mete Onlus e questa campagna Women’s Freedom Iran che stiamo conducendo grazie alla Presidente l’Advocacy Giorgia Butera, e l’Avvocato Leone ci stiamo battendo molto per vicinanza e solidarietà a questa donna ed a tutte quelle che in questo momento sono nelle carceri iraniane».

Alla luce di questa risposta allora le chiedo in generale del tema libertà e diritti umani in Iran, quali sono i problemi principali ma anche se ci sono stati dei progressi negli anni?

«Di progressi credo ce ne siano stati ben pochi, il 10 dicembre 1948 ricorre l’anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, questi diritti in Iran vengono violati quasi quotidianamente. Come giornalista, donna, ma soprattutto come antropologa culturale, credo che la più grande violazione che si possa fare ad un uomo sia privarlo del diritto di espressione. In Iran chiunque voglia esprimere un’opinione contro le leggi dello Stato può essere arrestato, condannato e spesso anche giustiziato».

Lei durante il suo ultimo viaggio che Paese ha visto? Le chiedo in particolare quali problemi affronta oggi e se ce li può spiegare, per esempio di recente ci sono state grandissime rivolte contro l’aumento del costo della benzina.

«Esatto. Per la prima volta dopo 13 anni quest’anno non sono andata in Iran come di consueto per minacce ricevute, qualcuno cerca di impedirmi di raccontare delle violazioni dei diritti umani. L’Iran fa parte della mia quotidianità, e nonostante tutte le “brutture” che racconto ogni giorno, per me rimane il paese nel quale ho trascorso una bellissima parte della mia vita e che in termini di spiritualità mi ha sicuramente regalato molto.

Ad oggi la condizione giovanile in Iran è da tenere sotto osservazione, ci sono state proteste che sono nate il 15 novembre per l’aumento del costo della benzina. Ogni iraniano ora può acquistare fino a 60 litri di benzina al mese a circa 40 centesimi euro al litro mentre fino a qualche giorno prima del 15 novembre i primi 250 litri acquistati in un mese costavano circa 0,25 euro l’uno. Cifre irrisorie per noi in Italia ma, per chi il gasolio lo produce direttamente sotto al suolo, l’aumento è sembrato inconcepibile tanto da scatenare un fortissimo malcontento.

Però quello che è successo è stato innescato dal rincaro della benzina per poi far emergere tutti i problemi attuali in Iran, tra cui le libertà, e noi come comunità europea e come occidentali dobbiamo vigilare su quello che accade in questo Paese perché sono stati pochissimi i giornali che hanno riportato di queste proteste che sono accadute in questo Paese nel totale silenzio della Comunità Europea».

E lei in particolare è stata una delle poche ad aver anticipato che i morti erano stati oltre duecento e con migliaia di feriti e arrestati.

«E tra questi ragazzi che sono stati uccisi c’era una ragazza di 14 anni e tanti altri che non superano nemmeno i 20 anni, quindi ragazzi molto giovani che vogliono un sistema diverso in Iran perché loro sono figli di una Rivoluzione che non hanno vissuto: la popolazione iraniana è composta da 80 milioni di abitanti e il 70% sono ragazzi che non superano i 35/40 anni, e si sono trovati già all’interno di un regime che non hanno scelto. Durante queste manifestazioni l’Iran ha bloccato internet per 4 giorni, cosa che nessun Paese al mondo aveva mai fatto, quindi tutto il Paese era isolato a sé stesso, non riuscivamo a vedere i video e senza riuscire a vedere quindi il conteggio dei morti che ci sono stati non riuscivamo nemmeno a sapere come poter interagire con quel Paese perché erano completamente bloccati. C’è una frase che mi ha colpito tantissimo, e che ho riportato anche nel mio articolo per Il Fatto Quotidiano e che rappresenta esattamente il sentimento dei giovani iraniani: “non abbiamo niente da perdere se non le nostre catene”, parafrasando una frase del Manifesto del Partito Comunista di Marx».

Le chiedo allora la grandezza e i limiti del presidente Rouhani, i pro e i contro del suo governo e in generale una disamina storica della Rivoluzione Khomeinista.

«Durante la sua campagna elettorale Hassan Rouhani aveva scelto il colore viola ma oltre a questo c’era un altro simbolo ‘la chiave’ che lui aveva scelto per liberare in qualche maniera questo Paese, ma c’è chi diceva al contrario che forse lui aveva la chiave per chiudere ancora di più le galere.

Il presidente Hassan Rouhani, insieme e attraverso la figura del ministro degli esteri Javad Zarif, aveva ottenuto qualcosa di molto importante per l’Iran, ovvero l’accordo sul nucleare con gli Stati Uniti nel 2015 con l’amministrazione Obama: siccome le sanzioni economiche avevano portato l’Iran ad essere un Paese ormai disastrato sul piano economico, con l’accordo sul nucleare del 2015 il Paese si era ripreso, per cui tantissime compagnie volevano investire. A Roma c’era stato un incontro con l’allora presidente Renzi dove sono stati siglati tanti accordi con le società italiane per poter investire in Iran e avere dei contributi economici. Con l’arrivo di Trump tutto questo è volato via, sono anzi addirittura state imposte ancora più sanzioni. E’ vero che l’Iran spende molti soldi in armature belliche e per la Difesa, ma è vero anche che se Trump non avesse imposto le sanzioni la vicenda sarebbe stata ben diversa.

Riguardo la Rivoluzione mi sento di dire che c’è ancora molta gente rimasta fedele alla ideologia della Rivoluzione, io che mi batto per i diritti umani per la libertà delle donne e del popolo iraniano poi mi rendo conto che mi vado a scontrare con un muro quando poi parlo con i religiosi».

Ci ha raccontato le ‘‘brutture’’, come le definisce lei, di questo Paese, ma visto che ci ha vissuto parecchi anni le chiedo anche il suo punto di vista sul fascino immutabile dell’Iran.

«Nonostante le “brutture” appunto, rimane un paese molto affascinante e da visitare per chi non l’ha mai visto, con una popolazione di un’ospitalità e di una spiritualità che difficilmente ho trovato in altri Paesi. Questo lo confermano anche le migliaia di turisti che si recano in Iran, infatti anche durante questo periodo di proteste ci sono state tantissime agenzie di viaggi che hanno organizzato viaggi in Iran pieni di turisti che non hanno sentito nemmeno il problema di queste proteste, poiché si trovavano nei siti archeologici patrimonio dell’UNESCO. Quindi è un Paese che consiglio di visitare e sperimentare sulla propria pelle, perché non c’è nessuno che mi abbia detto di essere andato in Iran e che abbia trovato il Paese che pensavano fosse (perché molti hanno dei pregiudizi errati su questo Paese) e che poi non vi sia mai voluto tornare».

In questo mi ricorda molto il mio Sud, pieno di pregiudizi e contraddizioni.

«Esatto. L’Iran è pieno di contraddizioni, si può fare tutto ma poi è anche tutto vietato. Nello stesso tempo la popolazione ha creato una sorta di vita parallela, quindi c’è un po’ un sacro e un profano, il sacro è quello che mostrano al di fuori mentre il profano è quello che rimane dentro le abitazioni.

Considera che l’Iran è un Paese in cui l’alcool è severamente vietato in quanto paese islamico eppure ci sono tantissimi incidenti automobilistici dovuti a conducenti sotto l’effetto dell’alcool. Anche per le droghe stessa cosa, l’Iran è uno dei Paesi con maggiori esecuzioni per crimini legati all’uso di stupefacenti, eppure continua a girare ad essere venduta e comprata nelle strade, diventando una piaga sociale piuttosto importante in quanto utilizzata da ragazzi sempre più giovani».

Infine un ultimo punto che vorrei affrontare con lei non riguarda solo l’Iran, ma un tema di cui abbiamo parlato oggi, la libertà di stampa. In particolare le chiedo del caso di Daphne Caruana Galizia, visto che lei ha intervistato il figlio, le chiedo un suo parere su questa vicenda.

«Credo che la libertà di stampa e di espressione vada sempre garantita, sempre e ovunque, il caso di Daphne mi ha colpito tantissimo. Ho avuto il piacere di intervistare il figlio Matthew e di fare una lunga intervista alla sorella di Daphne, Corinne Vella, i quali chiedevano giustizia e verità e soprattutto un’indagine pubblica. Quello che sta accadendo a Malta dimostra molte cose in primis che non bisogna mai mollare, se i figli avessero lasciato correre su questa vicenda probabilmente non si sarebbe arrivati a quello che sta succedendo adesso. Sappiamo che il premier Muscat si dovrà dimettere perché in qualche modo coinvolto in questo omicidio.

Il vero lavoro del giornalista è quello di raccontare quello che sa e che vede, facendolo con estremo equilibrio e con profondo spirito di verità, senza mai schierarsi a priori da una parte o dall’altra. Spesso sono stata accusata sull’Iran prima di essere stata una “fiancheggiatrice del regime”, adesso di “stare dalla parte opposta”. In realtá non sto da nessuna parte se non dalla parte di quella che ritengo sia la verità e la giustizia, sempre e comunque. Se ci sono notizie positive sull’Iran é giusto che io le scriva ma se ci sono violazioni, per esempio dei diritti umani, è un mio dovere morale e professionale raccontarlo per eventualmente accendere i riflettori su argomenti poco trattati».


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