Essere forti (e veloci) senza perdere la tenerezza

Di Alice Antonacci – Tutto ciò che c’è, diceva Caparezza, c’è già; forse. Ebbene sì, la Formula Uno (F1) costruisce, per dire così, solo uno dei gradini visibili di quella che può definirsi una posizione a metà tra quello che  è normale e ciò che normale non è. Questo sport, difficile da praticare ma anche da seguire con assiduità, è molto particolare. Si tratta di qualcosa che arriva così, senza troppi preamboli; un po’ come quei sorpassi tra due piloti dello stesso team, decisi dalla scuderia.

Ed è proprio parlando di scuderia, che si è costretti a parlare di scudieri e di scudi. Volendo essere meno criptici, andiamo a capire le cose che contano in questo sport. Davanti esiste la pole-position, poi in un testa a testa costante, vengono tutte le altre posizioni a seguire. Le macchine, da considerarsi come le nuove carrozze, fatte di titanio, carrozzeria e aerodinamicità. Se la struttura e i disegni sono sì importanti, occorre comunque far notare come la Formula 1 non sia una semplice corsa di macchine impazzite. Dietro il cosiddetto “circus” composto da macchine, piloti e tecnici, c’è tanto altro: sponsor milionari, strategie sportive e soprattutto commerciali, ma anche persone e cuori che si muovono. Insomma oltre al rombo dei motori c’è di più, sia nella celebre F1 che nelle meno note F2 e F3.

Si dice che il buon cavallo si veda a lunga corsa. Non importa quindi cosa aspetti il sei volte campione del mondo Lewis Hamilton, cosa aspetti il giovanissimo e talentuoso pilota Ferrari Charles Leclerc e così via tutti gli altri piloti, prime guida o scudieri che siano. Conta correre, conta andare veloce abbastanza da dimostrarlo, al di là del nome altisonante della casata (scuderia) di appartenenza. Conta essere forti senza perdere la tenerezza, come disse qualcuno.