SOS parole in estinzione

Di Silvia Scalisi – A Palermo, nella suggestiva cornice di piazza San Domenico, è apparso per qualche giorno qualcosa di insolito e bizzarro: un mega dizionario interattivo che ha incuriosito i palermitani. Infatti, dopo Milano, Torino, Firenze, Bologna e Bari, l’installazione ideata da Zanichelli per il progetto Parole da salvare (su Instagram con l’hashtag #paroledasalvare) ha fatto tappa nel capoluogo siciliano.

Ma da cosa nasce il progetto? Innanzitutto da un dato preoccupante, ovvero che sono più di 3000 i lemmi che stanno rischiando l’estinzione, termini che vengono usati sempre meno, un groviglio di parole che, quatte quatte, zitte zitte, stanno scomparendo senza che qualcuno se ne accorga, adombrate sempre più da termini stranieri e da quella voglia di immediatezza mista a semplificazione che ormai caratterizza il linguaggio scritto, orale e dei mezzi di comunicazione. Parole che possono sembrare obsolete, ma che in verità costituiscono un tesoro prezioso.

Parole da salvare è un’iniziativa volta a sottolineare la bellezza, ma soprattutto la varietà della lingua italiana, per tentare di combattere l’impoverimento del linguaggio a cui assistiamo ogni giorno; e potrebbe essere interessante anche riflettere su quale possa essere la parola più corretta per descrivere esattamente un luogo, un concetto, un pensiero, uno stato d’animo, una situazione.

Perché probabilmente non ci avete fatto caso, ma le foto che avete postato quest’estate sui social non erano semplicemente sulla spiaggia, ma sulla battigia, che è proprio quella linea lungo cui l’onda marina batte la spiaggia; perché quando dovevate badare ai vostri fratellini o cuginetti (oppure adesso quando badate ai vostri nipotini), loro non facevano semplici capricci, ma delle vere e proprie marachelle; perché quando nella vostra stanza la sedia è sepolta da una coltre di vestiti, le scarpe sono sparse in giro, i libri ricoprono la scrivania, sappiate che quello non è un semplice disordine, ma molto di più: è un vero e proprio soqquadro.

Perché se siete sconsolati non siete semplicemente tristi, ma piuttosto in preda a uno stato d’animo di profonda e inconsolabile afflizione; perché i vostri nonni coi capelli bianchi possono descriversi con un solo aggettivo, che è canuto, senza usare perifrasi.

E quando nei ristoranti con la formula all you can eat ci strafoghiamo di cibo, spesso chiedendoci come siamo riusciti a ingurgitare tutte quelle pietanze, probabilmente ci siamo abbandonati alla crapula, mangiando smodatamente e disordinatamente; e quando la vostra fidanzata o il vostro fidanzato vi fanno arrabbiare perché cambiano umore da un momento all’altro, non sono semplicemente indecisi, sono proprio lunatici.

Questo e molto altro abbiamo trovato nell’AreaZ, una zona a lessico illimitato: ognuno di noi avvicinandosi al dizionario interattivo, poteva scegliere una parola tra quelle proposte a rotazione dal sistema, e “adottarla”, prendendosene cura e cercando di salvarla. In che modo? Postandola sui social con gli hashtag #paroledasalvare e #areaZ e il relativo significato, oppure sceglierne una fra quelle stampate sulle cartoline presenti nello stand. Una parola che ci descrive, che si avvicina al nostro carattere, al nostro modo di comportarci, o semplicemente una parola con un suono che ci piace.

Parole da salvare è una vera e propria lotta al depauperamento del linguaggio, da combattere con l’innescarsi di un circolo virtuoso che abbia inizio da ognuno di noi. Un’utopia? Forse. Ma non provarci sarebbe da sciocchi. E allora sforziamoci di usare queste parole, arricchiamo il nostro linguaggio, non accontentiamoci del primo termine che ci viene in mente, spremiamo le meningi. Perché di sicuro ci sarà una parola, e una soltanto, nella nostra splendida lingua, che descriverà esattamente la sfumatura di ciò che vogliamo intendere.

Post scriptum: in questo articolo sono state usate ben tredici parole a rischio di estinzione. Nessun cervello è stato maltrattato; al contrario, è cresciuto e si è arricchito.