Daniela Carrasco e il gioco del telefono senza fili


Di Alice Castiglione – Ripercorrendo la narrazione dei media italiani, si nota come le informazioni sul caso Carrasco siano torbide. Sebbene prevalga la linea del suicidio, le ipotesi di omicidio non sono del tutto escluse. Infatti l’incaricata alle comunicazioni di ABOFEM (non ABOFEMA come riportato dalle fonti di informazione) non smentisce né conferma il suicidio in quanto sono stati disposti ulteriori accertamenti da parte di terzi. La scoperta del corpo è stata etichettata in primo luogo come un suicidio, poiché il rapporto del medico legale ha stabilito che la causa della morte è “soffocamento” dovuto dall’impiccagione rendendo necessari ulteriori esami, eppure il caso viene presentato come chiuso e bollato come suicidio.

In un contesto in cui la violenza di stato è stata appurata e le violenze contro le donne documentate, sorgono moltissime domande. Specialmente dopo che TeleSur riporta una dichiarazione di Lorena Recabarren, segretaria per i diritti umani: «il governo cileno ha ricevuto con dolore i dati seri sulle violazioni dei diritti delle persone, comprese le accuse di abuso, maltrattamenti e violenza sessuale» e dopo l’intervento di Amnesty International sul caso.

Perchè di Daniela Carrasco si è parlato dopo un mese? Perchè tutto un movimento per i diritti delle donne dovrebbe voler usare la morte di Daniela per dare forza a delle proteste che hanno già un fortissimo valore sociale, politico e simbolico? Potrebbero esserci collegamenti tra gli abusi accertati e documentati dei carabinieri cileni, lo strano suicidio di Daniela e la morte misteriosa di Albertina? Già, perché anche questo è un elemento da non sottovalutare. In un momento storico e politico in cui l’attacco alle donne non è certo velato e si traduce in denunce, documentazioni, testimonianze e ritorsioni, Albertina Martinez Burgos – fotogiornalista e tecnico luci di canale Mega che stava documentando la repressione dello stato cileno – viene trovata morta nel suo appartamento di Santiago del Cile e tutto il materiale raccolto da Albertina risulta sparito. Questi casi di morti “strane” in un Paese che ricorda sempre più una dittatura per pratiche e politiche fanno pensare che ci sia qualcosa di più. La stessa associazione legale ABOFEM assiste donne vittime di violenza sessuale a scopo politico, tramite il lavoro della direttrice della sezione Diritti Umani. Abbiamo imparato a conoscere la violenza di stato in molti casi di storia recente e abbiamo imparato che lo stato insabbia, mente e copre i crimini del suo braccio armato, fino a che è possibile, a volte negando l’evidenza.

Allo scopo di avere un quadro più completo, Eco Internazionale ha contattato Lorena Astudillo, portavoce della Rete Cilena Contro La Violenza Sulle Donne, che ha dichiarato quanto segue:

«Ciò che sta accadendo oggi in Cile è un focolaio di tensione sociale causato dall’enorme disuguaglianza che esiste nel paese. Il popolo cileno si è reso conto di come la struttura del paese sia stata creata per opprimere la stragrande maggioranza delle persone e arricchire i ricchi. Lo sfruttamento del lavoro, l’espropriazione delle risorse naturali, l’estrattivismo, la violenza contro le donne, le misere pensioni, il sistema sanitario, l’istruzione, sono tutte cose che dobbiamo pagare. Le persone ne hanno abbastanza e sono scese in strada per dire che non avrebbero permesso di più.

Il movimento femminista da anni denuncia questa violenza strutturale che opprime tutte le persone ma colpisce soprattutto le donne. Ci sono problemi di educazione e l’educazione è tremendamente sessista. Ci sono problemi di salute nel paese e noi donne siamo quelle che usano principalmente i servizi sanitari e siamo noi che accompagniamo anche i nostri figli e i nostri genitori. Le nostre pensioni sono miserabili e in quanto donne guadagniamo il 30% in meno degli uomini per fare gli stessi lavori. Né dovremmo dimenticare tutte le manifestazioni di violenza che viviamo: ci sono molestie di strada e quest’anno abbiamo avuti 58 casi di femminicidio. Abbiamo poca rappresentanza politica. Noi femministe abbiamo denunciato tutto questo e oggi sembra che si stia generando una maggiore consapevolezza al riguardo.

Abbiamo appena terminato la marcia del 25 novembre. Da quando sono iniziate le proteste, questa è la prima marcia che riesce a attraversare La Moneda per raggiungere Los Heroes. Non abbiamo chiesto l’autorizzazione perché chi gestisce l’istituzione che ci ha autorizzato fino ad oggi è stato denunciato per violenza domestica nel 2006, pertanto non accettiamo di chiedere l’autorizzazione a una persona che ha aggredito delle donne.

Non sapevamo se sarebbe stato possibile ma l’abbiamo fatto e siamo riuscite ad attraversare l’Alameda e La Moneda per manifestare. Facciamo questa marcia da 15 anni, pensavamo che quest’anno avremmo potuto non essere in grado di farla, ma siamo felici, tranquille e convinte che la strada debba essere nostra.

Per quanto riguarda Daniela e Albertina, ci sono molte informazioni che non siamo stati in grado di chiarire fino ad ora. Speriamo che le istituzioni che devono indagare lo facciano nel miglior modo possibile perché non siamo stati in grado di avere informazioni chiare su ciò che è accaduto. Le stesse informazioni che hai (riferito all’intervistatrice) sono abbastanza confuse e sono le stesse che ci sono state fornite qui in Cile.

La verità è che in Cile i diritti umani sono stati violati, ci sono stati rapimenti, violazioni, mutilazioni. C’è un silenzio assoluto da parte del governo che continua a sostenere sia stata la polizia ad avere commesso queste violazioni, sebbene essa dipenda dal Ministero degli Interni e il Ministero degli Interni faccia parte di questo governo. Donne e uomini sono stati violentati e abusati. Alcune persone hanno perso la vista a causa dei proiettili di gomma usati dalla polizia per reprimere le proteste. Lo confermano l’Istituto per i diritti umani e Amnesty International e noi siamo in grado di testimoniarlo.

Sebbene non abbiamo avuto accesso alle notizie su tutte le manifestazioni in Europa e in America Latina sappiamo che non siamo sole, sappiamo che abbiamo partner in tutto il mondo e sappiamo che sono con noi. Sappiamo che le femministe sono in tutto il mondo e ci preoccupiamo sempre di ciò che sta accadendo a chi ci supporta. Il femminismo non ha confini, il femminismo attraversa ogni tipo di separazione e le femministe di tutto il mondo sono consapevoli di ciò che sta accadendo alle donne in Cile. Ti ringraziamo, ti mandiamo un abbraccio enorme, e continuiamo con la lotta».