Un festival di pluralità riconosciute

Di Alice Antonacci – Il Festival delle Letterature Migranti, identificabile altresì con la sigla FLM, è giunto quest’anno alla sua quinta edizione. Palermo, la città che ospita il festival, la città che è ‘tutta porto’ (o tutta porti, a seconda delle interpretazioni) lo presenta e lo declina, come farebbe un buon padrone di casa. Il direttore, Davide Camarrone, ne ha aperto e ne ha guidato fino ad oggi (data di conclusione della manifestazione) gli eventi, curandone la realizzazione insieme al proprio team.

Quello che si conclude oggi è un festival che ha un occhio alla traduzione e uno all’editoria, il cui sottofondo è senza ombra di dubbio composto dai concetti di multicultura ed intercultura. Una sorta di showroom articolato in presentazioni, proiezioni, dibattiti, che fornisce agli operatori del settore ma anche ai nuovi e ai curiosi, fruitori dell’evento, la possibilità di toccare con mano il mondo della letteratura o meglio, come dice il nome stesso, delle letterature.

Un’occasione per parlare di mondi, a volte sommersi, quali editoria, interpretariato e traduzione. Una programmazione di 100 eventi, disposti e suddivisi in diverse scatole narrative, che hanno visto e vedranno anche oggi, fino a questa sera, alternarsi traduttori, interpreti, autori di libri.

La copertina della manifestazione contiene un richiamo alla Lettera 22, storica macchina da scrivere della Olivetti. Un’anacronistica macchina per raccontarci il futuro? Sembra roba da pazzi. O forse, meglio, da visionari. Del resto, pensando alle parole pronunciate da Camarrone, è difficile trovare una parola sola che sia in grado di descrivere questa manifestazione. Si è provato ad individuare un sostantivo ma si è sentita la necessità di affiancare ad esso un avverbio che potesse renderlo un po’ meno presuntuoso e donarle la qualità dell’auspicio e della possibilità: potenzialmente, potenzialmente visionario.

da www.festivaletteraturemigranti.it

La manifestazione, iniziata nella giornata di giovedì 10 ottobre, è stata istituzionalmente aperta a Villa Trabia. Diverse le provenienze e i background di coloro che hanno preso e prenderanno parte agli eventi, diverse le location che hanno accolto i vari appuntamenti ed ospiti, palermitani e non, tra cui le stanze del Museo Salinas, nel centro della città.

Festival delle letterature Migranti, dove il termine migrare è declinabile in diverse forme. Migra ciò che ha voglia di cambiare, farsi diverso, oppure, più semplicemente, conoscere altro (o semplicemente “l‘Altro“). Dunque il confrontarsi, il conoscere, l’apprendere dall’altro, magari un po’ copiarlo. Si è abituati a pensare che copiare sia una cosa negativa; eppure, se mescolati bene, elementi piccoli tratti da altro uniti ad elementi propri possono fare della copia un’espressione di originalità e, talvolta, di bellezza.

Circoli letterari, fermento, scambio: è quello che si avverte, guardando al programma ed immergendosi in esso, un po’ come nel mare. Una Palermo piena di eventi in questi giorni, che si scontrano ed incontrano per fornirci uno sguardo colorato, pieno, diverso. Parole, note, frame.

Sognando un po’, si sente risuonare l’eco dei Gattopardi, delle strade brulicanti di pensatori, letterati, filosofi da strapazzo. Che si tratti di un’eco lontana che si rifa agli splendori e ai fasti del quasi mitico Federico II? Dirlo non si può senza peccare, anche qui, di presunzione. Eppure, in un periodo di evoluzioni sociali, sconvolgimenti spaziali, mutamenti ed incontri etno-culturali, l’idea di ritrovarsi e discutere di letterature – declinate al plurale – migranti, di nuovi mondi e di trasformazioni nel mondo dell’editoria e della traduzione offre stimoli interessanti.


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