Caso Alpi, altri sei mesi per la verità

Di Maddalena Tomassini – Le indagini andranno avanti, il caso non è chiuso. È quanto ha deciso il 4 ottobre il gip di Roma, Andrea Fanelli, rigettando per la seconda volta la richiesta di archiviazione del caso dell’omicidio della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin.

Altri sei mesi, poco meno di 180 giorni, per disseppellire quella verità sotterrata da ormai più di 25 anni sotto strati di depistaggi, omissioni e contraddizioni. «In una vicenda segnata da tanti lati oscuri e financo da errori giudiziari» ha scritto Fanelli, per poi continuare «l’approfondimento, condotto senza riserve, degli ulteriori temi di indagine appare essenziale al fine di cercare di dare una risposta alla domanda di giustizia attesa ormai da 25 anni dai familiari delle persone offese e da tutti i cittadini interessati a conoscere la verità».

È il 20 marzo 1994. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin si trovano a Mogadiscio, in Somalia. Nel paese del Corno d’Africa infiamma una violenta guerra civile che dura ormai da tre anni. È circa l’una, quando i giornalisti vengono attaccati da un commando di somali armati di kalashnikov. «Oggi è un giorno tragico, un giorno di lutto per l’informazione italiana» annuncia con un’edizione straordinaria il direttore del telegiornale, Flavio Fusi, alle 15:05. «La nostra collega, la nostra amica Ilaria Alpi è stata uccisa poche ore fa a Mogadiscio».

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I due inviati Rai a Mogadiscio – da Premio Roberto Morrione

Le prime contraddizioni emergono sin da subito. Il corpo della giornalista viene esaminato solo superficialmente, senza il ricorso ad alcuna autopsia. Secondo la prima perizia, la morte è sopraggiunta a distanza. La salma viene riesumata solo due anni dopo, ma le opinioni sono contrastanti fra un omicidio a distanza e una vera e propria esecuzione a bruciapelo. Gli anni passano e la verità appare sempre più lontana. Contraddizioni, ambiguità e dubbi costano all’unico accusato, il somalo Hashi Omar Hassan, un prezzo salato: 17 anni, 6.363 giorni di carcere per una falsa accusa, risolta poi nella completa assoluzione e nel 19 ottobre 2016 in un risarcimento di tre milioni di euro.

Arriviamo all’aprile di quest’anno. la Procura di Roma presenta una serie di intercettazioni risalenti al 2012. L’incartamento fa parte di un procedimento legato a un traffico di camion dismessi dell’Esercito italiano verso la Somalia. È la Procura di Firenze a trasmettere – in ritardo – le carte. All’interno si legge la trascrizione di un’intercettazione tra due cittadini somali che, in Italia, discutono dell’agguato in cui la giornalista e l’operatore hanno perso la vita. Ilaria «è stata uccisa dagli italiani», affermano.

Oggi, il giudice chiede alla Procura di approfondire una dozzina di punti, accogliendo così una buona parte delle istanze presentate dai familiari di Ilaria, dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana, dall’Unione Sindacale Giornalisti Rai e dall’Ordine dei Giornalisti. In particolare, Fanelli dispone che il direttore dell’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna sia ascoltato per verificare la «persistenza del segreto» sull’identità dell’informatore di cui si fa riferimento in una nota del Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica del 1997, in cui «emergerebbe il coinvolgimento dell’imprenditore Giancarlo Marocchino nel duplice omicidio nonché in traffici di armi».

Fanelli ha inoltre richiesto l’acquisizione degli atti relativi al fascicolo di indagine sulla morte di Mauro Rostagno, giornalista e sociologo torinese ucciso dalla mafia nel 1988, reo – si presume – di aver filmato un trasbordo d’armi. Scoperte che il cronista avrebbe condiviso con il giudice Giovanni Falcone nell’estate dell’88, prima di morire. Rostagno e Alpi, dunque, potrebbero aver pagato con la loro vita la stessa scomoda verità. Questa almeno è l’ipotesi che il gip è deciso a verificare.

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Mauro Rostagno – da Rai Scuola

«Noi non archiviamo la verità e la giustizia» ha commentato Libera, definendo una “buona notizia” la decisione del giudice. Simile il messaggio dell’Ordine dei Giornalisti. Nei commenti e nelle note stampa si parla spesso della famiglia di Ilaria – ed è impossibile non lasciar correre il pensiero alla madre, Luciana, venuta a mancare nel giugno del 2018. Luciana non aveva mai ceduto alle ombre che offuscano l’assassinio di sua figlia finché ha avuto respiro. Ed è bene che tutti – giornalisti e non – imitino il suo esempio.