Prove di riallineamento dietro a possibili accordi sui caccia SU-57?

Di Marco CernigliaLa collaborazione militare tra Russia e Turchia prosegue con nuovi accordi. Dopo l’acquisto del sistema missilistico di difesa S-400, adesso potrebbero esserci trattative in corso anche per una acquisizione del nuovo caccia multiruolo di produzione russa, il modello SU-57.

Alla fiera MAKS 2019, l’evento di esposizione di tecnologia aerospaziale organizzato dalla Russia, si sono ritrovati anche i premier Erdogan e Putin. Entrambi avrebbero esaminato l’abitacolo del velivolo SU-57 lì presente, con il premier turco che avrebbe chiesto se fossero disponibili per l’acquisto.

Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin accanto l’abitacolo del Su-57. Fonte: en.kremlin.ru

Questo piccolo evento potrebbe portare ad una ulteriore divisione nei rapporti della Turchia con la NATO. Subito dopo l’acquisto del sistema S-400, infatti, gli Stati Uniti hanno deciso di non concludere il precedente accordo sugli F-35, con il presidente Donald Trump che, pur parlando di “rivalsa”, lascia la porta aperta a una riconsiderazione, nel caso in cui la Turchia decidesse di ridurre il proprio utilizzo del sistema missilistico di produzione russa.

Tuttavia, l’alternativa americana del sistema Patriot, offerta in passato dagli USA, non verrebbe incontro ai bisogni del governo turco, che avrebbe richiesto, in aggiunta, la condivisione delle tecnologie per poter avviare una produzione domestica.

La mossa di Trump di bloccare la vendita degli F-35, quindi, starebbe provocando l’effetto opposto, tanto più che la Turchia prosegue con l’acquisto del sistema missilistico russo, che sarebbe una minaccia anche per i caccia americani di cui è stata bloccata la consegna. Il presidente Erdogan, con questa mossa, vuole probabilmente riproporsi come un interlocutore e mediatore tra Occidente e Oriente; attraverso un riallineamento turco verso l’Asia, si mostrerebbe tanto una porta d’accesso quanto un ingranaggio fondamentale.

Fonte: en.kremlin.ru

Lo dimostrano anche le nuove mosse di politica estera verso la Siria: sebbene i due governi siano su lati opposti della guerra, si sta cercando di raggiungere una conclusione bilaterale al conflitto, attraverso il dialogo tra la Russia e la Turchia. Tuttavia, a dimostrazione che l’allineamento non è ancora completo, sono sorti numerosi punti critici durante le discussioni.

La Turchia, ad esempio, protesta contro l’avanzata russa in direzione della zona a nord-est, accusando il fatto che questa avanzata potrebbe portare una nuova ondata di profughi, e pone l’attenzione sul fatto che gli attacchi russi starebbero danneggiando la zona di de-escalation militare situata là. Ci sono delle truppe turche, inoltre, che sarebbero messe in pericolo da questa avanzata.

La Russia, di contro, dichiara che la zona di de-escalation non può essere considerata il punto di ripartenza per nuovi attacchi, e chiede alla Turchia assistenza contro i ribelli della città di Idlib, nella quale è stato spezzato il coprifuoco proprio dall’esercito russo, nel tentativo di stanare dei militanti di Al-Qaeda. La Turchia ha sempre preferito non agire direttamente, usando le proprie truppe come deterrente per un assalto su larga scala sulla provincia a maggioranza sunnita.

Nonostante alcuni problemi, le prove di accordo ci sono, e a questo punto la situazione è dubbia: può la semplice scusa del “riallineamento” essere una motivazione sufficiente per permettere alla Turchia di detenere relazioni così forti da entrambe le parti di una barricata così vasta?