Moscopoli, il Russiagate in salsa italiana. I fatti, l’inchiesta, i risvolti politici

Di Antinea Pasta – Lo scorso 11 luglio il sito statunitense Buzzfeed News pubblica una lunga inchiesta su una presunta trattativa fra tre uomini italiani e tre cittadini russi per far arrivare alla Lega diversi milioni di euro con cui finanziare le attività del partito. La notizia non è nuova, a febbraio del 2019 ne aveva già dato conto l’Espresso, ma gli audio pubblicati da Buzzfeed fanno scoppiare il caso politico e la magistratura apre un’inchiesta. Proviamo a ricostruire le tappe principali del Russiagate in salsa italiana, o meglio con polenta e cassoela, che nel lungo termine potrebbe mettere seriamente in difficoltà il vicepremier Matteo Salvini.

È il 18 ottobre 2018 e nell’elegante Metropol Hotel di Mosca – le cui mura e lampadari, di incontri avvenuti nel corso della storia tra zar, spie, attrici, cantanti, mafiosi, killer, giornalisti e politici ne potrebbero raccontare tanti e di ben altra levatura – avviene il famoso incontro con emissari del governo russo, di cui uno presumibilmente un funzionario pubblico, al quale partecipano Gianluca Savoini, esponente leghista, presidente dell’associazione Lombardia Russia e collaboratore di Matteo Salvini; e altri due italiani, l’avvocato d’affari Gianluca Meranda e Francesco Vannucci, socio di Meranda.

Durante l’incontro si gettano le basi per l’avvio di una trattativa per la vendita di circa 3 milioni di tonnellate di carburante da parte di un’importante società petrolifera russa a ENI. La cessione sarebbe dovuta avvenire tramite una serie di intermediari che avrebbero applicato degli sconti a ogni passaggio, creando così un fondo nero di 65 milioni di dollari che sarebbe andato alla Lega per sostenere la campagna elettorale per le imminenti elezioni europee. ENI, interpellata dall’Espresso, ha smentito categoricamente qualsiasi coinvolgimento nella vicenda.

da The Social Post

Nel corso della conversazione Savoini spiega ai suoi interlocutori russi (ancora ignoti) gli obiettivi che si prefigge la Lega con la vittoria alle europee: «Vogliamo cambiare l’Europa: una nuova Europa deve essere vicina alla Russia come un tempo, perché vogliamo la nostra sovranità. Vogliamo decidere il nostro futuro, non dipendere dagli Illuminati di Bruxelles e gli Usa» – e aggiunge – Stiamo davvero cambiando le cose in Europa. E non si può fermare. È la storia in marcia, non si ferma. E noi siamo al centro di tutto questo».

Il giorno prima, 17 ottobre, sempre a Mosca, il ministro dell’Interno Matteo Salvini partecipava a un convegno organizzato da Confindustria al Lotte Hotel, al quale era presente anche Savoini, durante il quale il ministro dell’Interno aveva espresso parole di grande vicinanza alla Russia: «Io qua mi sento a casa mia, in alcuni Paesi europei no».

All’indomani della pubblicazione dell’inchiesta da parte dell’Espresso la procura di Milano ha aperto un’inchiesta con l’ipotesi di corruzione internazionale, nella quale Gianluca Savoini risulta indagato per corruzione internazionale. La procura ha acquisito pochi giorni fa anche l’audio della registrazione pubblicata da Buzzfeed. Nel fascicolo è presente solo lo stretto necessario, il meno possibile insomma, per evitare che l’accusa debba scoprire troppo le proprie carte. C’è però una consulenza tecnica che attesta «la genuinità e l’assenza di manomissione» dell’audio. L’udienza dovrebbe celebrarsi il 5 settembre.

I pm sono convinti poi che la riunione avvenuta nella hall del Metropol non sia stata l’unica ma, come è possibile dedurre dall’audio agli atti, ci sarebbero stati dei precedenti incontri per definire la compravendita, poi forse sfumata. In effetti non ci sono prove, al momento, che la trattativa sia andata in porto, né che Salvini ne fosse a conoscenza, ma l’ipotesi che al tavolo vi fosse un funzionario pubblico tiene in piedi il reato di corruzione internazionale nei confronti di Savoini anche nel caso in cui l’affare non si sia concretizzato.

All’indomani della diffusione dell’audio incriminato si è sollevato un polverone mediatico a cui sono subito seguite le affermazioni del ministro Salvini che inizialmente ha addirittura negato di conoscere Savoini. Ma le smentite non tardano ad arrivare. Lo stesso Savoini, infatti, era presente alla cena in onore di Vladimir Putin tenutasi il 4 luglio a Villa Madama, in occasione della visita in Italia del presidente russo, alla quale avevano partecipato anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e lo stesso Salvini.

Sarà una nota di  palazzo Chigi a spiegare che l’invito era stato sollecitato da Claudio D’Amico, nell’organigramma consigliere della vicepresidenza del Consiglio e collaboratore del ministro dell’Interno. Non mancano poi numerose testimonianze fotografiche di Salvini, Savoini e D’Amico insieme a Mosca in occasione di diversi incontri istituzionali.

Vladimir Putin e Gianluca Savoini – da TPI

In attesa che le indagini facciano il suo corso, i sondaggi ci dicono che a quasi un mese dall’esplosione del cosiddetto caso Moscopoli, il vicepremier non sembra affatto averne risentito in termini di consenso. Salvini continua a godere di una sorta di immunità da parte del suo elettorato che continua a sostenerlo,  il che però non significa che la vicenda non abbia gravi risvolti quantomeno politici.

No, non è una questione di rubli che probabilmente non sono mai arrivati nelle casse della Lega. Volendo dimenticare per un momento che se invece fosse avvenuto si tratterebbe di reato, in quanto la legge italiana oggi vieta ai partiti di ricevere finanziamenti dall’estero, bisognerebbe porsi comunque una serie di domande.

Ad esempio bisognerebbe chiedersi perché il governo di un paese europeo invii emissari a trattare con un paese che di certo non è un fan dell’Unione Europea e perché una forza di governo che si dice “sovranista” sia disposta a farsi finanziare da un’impresa di stato russa.

Tutto ciò mentre fa l’occhiolino al Presidente americano Donald Trump, sostenendo Guaidò in Venezuela, allineandosi completamente a Israele, schierandosi a favore dello smantellamento degli accordi sul nucleare con l’Iran. Insomma la politica estera di Matteo Salvini più che sovranista sembra in cerca di “riferimenti” tra le grandi potenze. Ma questa è un’altra storia.


Copertina da Wired