Cinquanta sfumature di rosso: l’igiene mestruale è un diritto, non un privilegio

Di Alice Castiglione – Le donne occidentali stanno portando avanti da qualche tempo una campagna sul diritto a non aver tassati i prodotti usati per l’igiene mestruale, in Italia attualmente tassati al 22% come se fossero tartufi e non una necessità fisiologica mensile di milioni di donne e ragazze. Diverso il destino dei rasoi da barba, che sono considerati invece un bene primario con l’iva ridotta al 4%. Insomma, ce la dobbiamo fare passare questa fissazione di avere le mestruazioni!

Lasciamo da parte per un momento la novità della coppetta, che è in crescita ma ha ancora bisogno di tempo per entrare nelle abitudini; prendiamo in analisi le mestruazioni di Angelina, donna qualunque che vive in un quartiere di periferia nel sud Italia, ha un’istruzione di base e un lavoretto in nero, e come assorbenti usa gli assorbenti del discount che costano meno.

Igiene mestruale coppetta
Una coppetta mestruale

Facciamo due conti: tenete a mente l’iva al 22%. Dal menarca alla menopausa una donna attraversa in media circa 450-500 cicli mestruali. Se un pacco di assorbenti costa – mantenendosi bassi – 3 euro, il conto è facile: 3 euro moltiplicato per 500 cicli, uguale 1500 euro.

Se consideriamo che in Italia ci sono 52 donne ogni 100 abitanti e in totale la popolazione (numeri in calo, fonte Istat) si aggira – con variazioni dovute all’emigrazione di massa ed il conteggio della crescita del numero degli stranieri – a 55 milioni di persone, capiamo che c’è un motivo per cui lo stato Italiano ha deciso di andare controtendenza rispetto alle politiche di molti altri paesi in Europa e non solo: il sangue delle donne è un bacino da cui attingere per fare cassa.

Nonostante battaglie e prese di posizione da parte di movimenti rodati come NUDM (Non una di meno), sappiamo perfettamente che ai governi, specialmente se animati da un atteggiamento misogino e fascista come accade per esponenti del governo gialloverde in Italia,  non conviene fare a meno di cifre a otto zeri, visto che questi zeri sono assicurati dalla regolarità del ciclo di milioni di donne. Il sangue mestruale ha un valore economico non indifferente, anche se non ci si pensa.

In un mondo in cui il capitalismo va a braccetto con il fallocentrismo, in cui l’igiene mestruale deve essere conquistata e difesa come un diritto, c’è estrema necessità di un’analisi ampia e di un’azione massiva contro queste politiche di oppressione della fisicità e della fisiologia femminile. In molti, troppi Paesi del mondo, l’igiene mestruale è un lusso. In Kenya, ma anche in altri Paesi del cosiddetto “terzo mondo”, le ragazzine, per ottenere gli assorbenti, si concedono sessualmente alle voglie di chi questi assorbenti li usa come merce di scambio.

Questa pratica vergognosa non è causata solo dalla povertà, ma dal fatto che – specialmente ma non solo – le adolescenti si muovono nell’ombra perché lo stigma delle mestruazioni è ancora molto forte e rimane tabù. È molto diffusa nel mondo la credenza che avere il ciclo renda le giovani sporche e impure, che le mestruazioni siano una malattia o una maledizione. Ad oggi solo la professoressa Penelope Phillips-Howard ha studiato questo fenomeno in termini statistici e la sua ricerca ha rivelato che solo in Kenya una adolescente su dieci fa ricorso sistematico alla prostituzione.

Una scossa positiva arriva dal Nepal, in cui le donne per tradizione – come in moltissimi altri luoghi nel mondo – vengono recluse in luoghi simili a stalle durante il periodo mestruale perché ritenute impure: grazie all’associazione Aperion, le donne sono venute a conoscenza dei pericoli legati alle mestruazioni in condizioni di malnutrizione e mancanza di igiene. Questo ha fatto scattare una ribellione generale che le ha portate a rifiutare in massa questa pratica e ad iniziare un percorso volto alla parità di genere.

Da The Conversation

La notizia ha fatto il giro del mondo. Vero è però che noi donne europee, dal canto nostro, dovremmo sfruttare la condizione di innegabile privilegio – tu che stai leggendo saresti potuta nascere in Kenya, è un caso che tu sia nata nell’isoletta felice! – e cominciare a razionalizzare in maniera organica e scientifica questo fenomeno, come ha fatto la ricercatrice Phillips-Howard, per rendere comprensibile il fenomeno e permettere una pianificazione organica internazionale di tattiche di contrasto a lungo termine.


Copertina dal progetto fotografico “Menstrual Cramps”