Storia di una capoeira

No, non è un gioco di parole riferito al siciliano Giovanni Verga e alla sua capinera. È del Brasile che parliamo, e sarà la capoeira ad accompagnarci lungo i secoli, fino all’odierna estate siciliana. Capoeira è la disciplina per eccellenza che unisce danza, lotta, musica e doti acrobatiche. Ma non solo. La capoeira – quella che si conosce di meno – è quella nata e cresciuta per ribellarsi all’oppressore: quella nata per la libertà.

Non siamo in possesso di documenti scritti certi riguardo la storia iniziale della capoeira. Sappiamo che deriva da rituali di lotta e danza di alcune tribù africane già schiavizzate dai portoghesi nel Continente nero e arrivate nel XVI secolo in Brasile proprio con un’operazione di deportazione sistematica. La capoeira racconta in sostanza la schiavitù.

Pare che gli schiavi africani impegnati nelle piantagioni sudamericane si allenassero a combattere limitandosi però a “imitare” la lotta con elementi di danza. Per non destare sospetti nei colonizzatori, ciò che mettevano in scena erano movimenti, attacchi e difese, prese e colpi schivati che non apparivano minacciosi ma solo spettacolari. Una forma di ribellione e, soprattutto, di aggregazione contro un potere schiavista.

È nello stato brasiliano di Bahia che gli schiavi africani di etnia bantu portarono la propria cultura del movimento e del ritmo. Si pensa infatti che sia questa la culla della capoeira. Lì – ma più in generale in tutto il Brasile allora colonizzato – stipati in bui dormitori sotterranei, in condizioni a dir poco pessime, gli schiavi non avrebbero sopportato i soprusi portoghesi a lungo.

Ed è alle prime difficoltà del dominio portoghese, danneggiato dagli scontri con gli olandesi, che iniziò la resistenza. Nacquero allora alcune comunità indipendenti, dei villaggi chiamati quilombos. Palmares era uno di questi villaggi: fondato nel 1610 sopravvisse per più di ottant’anni prima di essere distrutto nel 1695 dopo un assedio durato cinque anni. Palmares divenne così il simbolo di quella lotta.

Sì, ma che lotta? Alcuni diari di viaggio – più spedizioni di cattura in verità – raccontano lo strano modo di combattere degli schiavi ribelli: un combattimento basato su «calci e testate come veri animali indomabili». La capoeira, questo allenamento, non era solo un’espressione culturale ma un fattore di coesione sociale e politica.

La forza di questo “movimento” è testimoniata dal fatto che nonostante il suo divieto imposto a fine Ottocento, la capoeira è arrivata fino ai giorni nostri. Non più come atto di ribellione, certo, ma una filosofia di vita ancora intatta e intensamente legata alle sue origini.

Durante il XIX secolo la caccia ai sovversivi non ridusse la pratica capoeristica. Anche se portata avanti clandestinamente, in luoghi periferici lontani dai centri frequentati, i capoeiristas continuarono a insegnare la “lotta danzante”. Furono infatti etichettati come delinquenti, associati a un ambiente malfamato, anche e soprattutto per gli scontri acrobatici con la polizia.

Nel 1932 il presidente Getúlio Vargas promosse la capoeira, elevandola a simbolo sportivo nazionale: venne fondata da Salvador di Bahia, Mestre Bimba, la prima accademia di capoeira nel mondo. Fu a quel punto che venne organizzata la capoeira come disciplina basata su regole, tecniche, esami e gradi. Da allora la pratica che vede “giocare” in una roda – il cerchio dove avviene la sfida tra i due capoeristi – ha assunto precisi lineamenti.

Il ritmo e la musicalità che accompagnano questi eventi arrivano da strumenti musicali, in primis il berimbau, e a seguire tamburelli e i canti in portoghese che tramandano la storia della capoeira, la schiavitù e l’oppressione che ne sono parte integrante. Ma anche la libertà, la gioia di vivere e di stare insieme.

Negli anni Ottanta la capoeira si è aperta anche alle donne, e nel 2006 è stata riconosciuta patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. Un’arte che ha attraversato ostacoli grandi quanto imperi coloniali, segregazione, schiavitù, clandestinità, è oggi insegnata in tutto il mondo, con una varietà di associazioni e scuole attive in tantissime città.

Ed è il caso di ricordare l’iniziativa che parte da Palermo e che riunirà tanti capoeristi e istruttori d’eccezione – Mestre Cabeça (Capoeira Da Bahia, Firenze), Monitor Diabo (Tunan Capoeira, Bologna), Instrutor Vagalume (Capoeira Reversao, Palermo) – in una tre giorni di lezioni, rode e festa allo Sporting Club Village & Camping di Mazara Del Vallo dal 11 al 13 luglio. Un’occasione di divertimento e condivisione nel pieno dell’estate siciliana.

Con lo spirito comunitario che contraddistingue la capoeira, le attività sono aperte a tutti, anche e soprattutto ai neofiti che vogliono approcciarsi alla disciplina e a tutti coloro che sono semplicemente affascinati dalla storia e dall’atmosfera che porta con sé la lotta danzante. (link dell’evento)