L’assuefazione ai morti in mare e l’odio che resta a galla

Di Giulia Vicari – Centocinquanta. 150 il numero di morti nel Mediterraneo e, secondo le prime stime, sarebbe il naufragio più tragico del 2019. Ieri 25 luglio, due imbarcazioni con circa 300 persone a bordo, si sarebbero capovolte al largo della Libia. Alcuni sarebbero stati riportati indietro (in guerra), altri sarebbero dispersi.

Da Sea-Watch International Twitter

Tuttavia, in queste ore la notizia è scivolata via tra le migliaia perché, ormai, le tragedie in mare sono diventate una regola che non scuotono più il cuore. Sono fatti dolorosi, ma non così rilevanti, perché ormai “ci abbiamo fatto il callo”. E se da una parte svaniscono la commozione e la sensibilità, dall’altra cresce sempre di più l’avidità nei confronti di chi sta peggio di noi.

In questo disastro, quello che fa realmente paura è il totale disinteresse, nonché la cattiveria nei confronti di chi ha perso la vita, di chi è morto soffocato o annegato. Prendendo spunto da questo post su Facebook, ci si accorge della gravità e del livello di crudeltà cui giunge l’essere umano. 150 persone hanno perso la vita. Finito, game over.

Ma alcuni preferiscono scherzarci su, e accanirsi sullo straniero sempre e comunque. «Ma perché partono se sanno che possono morire? Ma perché vengono tutti in Italia? Ma perché non prendono l’aereo? Ma peggio per loro.» Per chi non lo sapesse, spostarsi liberamente è un lusso dei Paesi occidentali. Questo lusso significa che è il passaporto di cui si è in possesso a fare la differenza.

Anche sui passaporti si fa discriminazione, e tra quelli più forti ci sono Giappone, Corea del Sud, Francia, Italia, Germania, Spagna e tanti altri, che permettono di viaggiare senza visto in quasi 200 Paesi in tutto il mondo; tra quelli più deboli invece, ci sono diversi stati dell’Africa e dell’Asia, che consentono il libero ingresso in soli 30 Paesi circa. Per un africano quindi, riuscire ad avere un visto per un paese occidentale è difficilissimo, e i migranti che muoiono nel Mediterraneo sanno di non avere il passaporto giusto e sanno quanto sia inutile tentare di ottenere un visto di ingresso.

In molti continuano a non sapere o a non volerlo sapere, perché è molto più semplice accanirsi contro il più debole, perché se muore «è peggio per lui che è partito». Molti non sanno che una delle tante cause delle traversate via mare è l’esistenza di barriere alla mobilità internazionale, che impediscono di spostarsi a chi non ha un passaporto “forte”. Ad oggi, quindi, c’è chi ha il diritto incondizionato di viaggiare, e chi invece è costretto a mettere da parte i propri sogni o le proprie ambizioni a causa delle sue origini.

Inoltre – come abbiamo già ampiamente spiegato – per via della nostra posizione geografica e dei vari trattati internazionali che non vengono modificati, saremo quasi sempre i primi ad accogliere i migranti. Quei migranti che potrebbero viaggiare legalmente pagando un visto e un biglietto aereo se solo si riformasse la mobilità internazionale. Ad oggi, invece, i viaggi sono lasciati in mano ai trafficanti, che ricattano migranti e governi, e chi non ha la fortuna di salire su un barcone, rimane con molta probabilità, prigioniero in Libia

Più passeranno gli anni più avremo diritto alla velocità e alla circolazione, mentre altri non potranno beneficiarne per la propria appartenenza etnico-geografica. Un vero e proprio sistema discriminatorio quello dei visti, che porta con sé un’ingiustizia ignorata e trascurata. A farne le spese, in questo sistema malsano è, come sempre, l’Italia, costretta a fare il cane da guardia all’Europa.


Foto in copertina da Newsbomb