Carrozze d’Italia a rischio: l’opinione dei vetturini

Di Erica Barra – Siamo a Palermo a piazza Verdi, davanti il Teatro Massimo, uno dei luoghi simbolo del Capoluogo siciliano. Un luogo gettonatissimo, scelto da turisti e cittadini che vogliono fare uno scatto, che sia mattina o notte. Una fonte costante di clienti per le carrozze a cavallo che sostano nella piazza. Carrozze che sono arrivate al centro del dibattito nazionale in seguito ai lavori in Parlamento sul codice stradale che coinvolge direttamente i vetturini. Abbiamo parlato con uno di loro.

Quale è il vostro parere, in quanto diretti interessati, riguardo alla riscrittura dell’articolo 70 del codice stradale, che cancella il servizio di piazza a trazione animale?

(Parla Gregorio Di Giovanni, cocchiere a piazza Verdi): «noi tutti, ed io per primo, pensiamo che non sia il caso di contestare questa decisione se fatta per il benessere degli animali. Noi però purtroppo siamo 45 padri di famiglia che hanno ereditato questo mestiere da padri, nonni e bisnonni. Questo mestiere è il pane per la nostra famiglia. Che fine faremo senza? Sostiamo qui in zona pedonale, col rischio di prendere salatissime multe, per rispettare il benessere dei nostri cavalli, essendo l’unico posto all’ombra. Abbiamo chiesto all’amministrazione comunale di Palermo uno spazio adeguato agli stalli per il mantenimento dei nostri cavalli, e ci è stato negato. Nonostante le svariate richieste nel corso degli anni, siamo stati costretti ad arrangiarci».

Cosa farà lei se non potrà più utilizzare la sua carrozza e il suo cavallo?

«Quello che vogliamo è almeno avere la possibilità di convertire il mezzo carrozza con un taxi, una moto Ape. Credo sia un nostro diritto. Non possiamo essere abbandonati senza lavoro».

Si parla molto dell’uso che fate dei vostri cavalli, e ci si chiede se rispettiate le necessità e il benessere degli animali.

«I nostri cavalli sono come figli. Passiamo più tempo con loro che con i nostri figli. Io vedo mio figlio solo due ore alla sera. C’è tutto un processo di cura dietro al mantenimento degli animali. Sappiamo che il circuito della carrozza può essere pesante per i nostri cavalli.

Dopo il lavoro, li portiamo alle stalle, li curiamo, li puliamo. Se non curo e non mi preoccupo del mio cavallo la mia famiglia non andrà avanti. Il benessere del mio cavallo viene prima del mio. Se non potrò più utilizzare il mio cavallo e la mia carrozza, se dovrò mettere fine a un mestiere ereditato in anni e anni, io soffrirò. Noi cocchieri abbiamo nel sangue questo mestiere e la passione per i nostri cavalli».

La tradizione dell’utilizzo delle carrozze e dei cavalli sembra essere ormai obsoleta, e ci si interroga se sia il caso di perpetuarla ancora oggi.

«Che sia una pratica antica è vero. È anche tradizionale. E noi lavoriamo molto. Ci sono persone che salgono sulle nostre carrozze per il giro turistico, che rimangono meravigliate per come noi tutti trattiamo i nostri cavalli. Loro non sono cavalli da corsa, o cavalli da macello. I nostri animali sono altamente curati. Il mio cavallo ha 22 anni. Si pensi ai poveri puledri da allevamento e consumo, che ad un anno di vita vengono macellati».

Tre anni fa, nel 2016, un cavallo è morto crollando a terra proprio qui a piazza Verdi.

«Questa non è colpa nostra. Questa è colpa dell’amministrazione comunale. Ci obbligano a stare sotto il sole. Gli stalli che ci hanno dato sono tutti sotto il sole, dalla mattina alla sera. Se un cavallo è costretto a stare ore e ore sotto al sole, dopo anche solo un giro rischia di morire. Ecco perché noi preferiamo rischiare di prendere una multa e ci mettiamo all’ombra qua davanti al Teatro Massimo. Prima di giudicarci, la gente dovrebbe vedere cosa siamo disposti a fare per il benessere dei nostri animali».