Il riscatto di Norimberga: da città dei nazisti a città dei Diritti

Di Valentina Pizzuto Antinoro – Norimberga ha un peso non indifferente nella storia, difficile da dimenticare e superare. Ribattezzata da Hitler “Capitale del Movimento” vide nel 1920 la nascita del Partito Nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (NSDAP) e fu scelta dal führer come sede di rappresentanza per i raduni nazionali del partito. Le leggi razziali del 1935 prendono il suo nome (Nürnberger Gesetze) perché è da qui che furono emanate, e da qui, dalla stazione Märzfeld partirono i primi treni diretti nel vicino campo di concentramento di Dachau.

Proprio per questo le potenze alleate nel 1945, quando dovettero scegliere dove processare i principali responsabili delle gravi violazioni di diritti umani avvenute durante il conflitto scelsero Norimberga e il suo il Palazzo di Giustizia. Il messaggio per la comunità internazionale fu forte e chiaro: gli imputati, che in quei luoghi organizzarono imponenti adunate e perpetrarono crimini in nome del loro partito adesso sedevano nel tavolo degli imputati in un’aula (l’aula 600) volutamente semplice e scarna nel mobilio per sottolineare la loro piccolezza e poca importanza.

Per chi studia materie giuridiche, il Processo di Norimberga rappresenta la prima forma di giustizia internazionale, dove si è affermata la responsabilità individuale nei crimini internazionali. Per la comunità internazionale si è trattato del processo che svelò a tutto il mondo la violenza dei crimini dello stato nazista, ma per il popolo tedesco fu un gravoso confronto con le atrocità commesse e lo considerarono per molto tempo come il giudizio dei vincitori.

Ciò non significa che ritenevano illegittima la condanna di questi crimini, ma essi ritennero ingiusto che fu minimizzato il ruolo e le colpe dei singoli, enfatizzando la colpa per appartenenza a un gruppo (guilty for association), in quanto quasi nessuno ammise la propria responsabilità personale.

Imputati Processo di Norimberga

Con la fine del Processo di Norimberga i sentimenti dei cittadini di questa città furono contrastanti: per molto tempo Norimberga fu sotto i riflettori della comunità internazionale, assediata da giornalisti provenienti da tutto il mondo; i loro unici desideri erano andare avanti e riscattarsi da un passato doloroso e ingombrante.

Norimberga non ha mai negato il ruolo che ha avuto durante il periodo nazista e nel tempo ha sempre cercato di affrontare le conseguenze e superarle. Nel 1985 è stata inaugurata all’interno della tribuna dei raduni del partito (tribuna Zeppelin) una mostra permanente rivolta a tutta la cittadinanza dal titolo “Fascinazione e Terrore”. Essa aveva un doppio intento: il primo era quello di poter osservare ciò che era successo durante il periodo nazista, analizzando punto per punto come erano stati ingannati dalle promesse e dalla propaganda di Hitler; il secondo intento era quello di portare i cittadini a riflettere sul proprio futuro.

Ma il vero riscatto si ebbe nel 1988, quando una giuria del Germanische Nationalmuseum di Norimberga organizzò una competizione per riqualificare gli spazi adiacenti l’entrata del museo. Tra le proposte presentate vi era il progetto dell’artista israeliano Dani Karavan, che propose quella che oggi è conosciuta come “La via dei Diritti Umani” (The Way of Human Rights).

Inaugurata il 24 ottobre del 1993, la Via dei Diritti Umani è un’installazione dedicata alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata nel 1948 dall’Assemblea Generale dell’ONU. L’istallazione è costituita da 30 elementi come il numero degli articoli della Dichiarazione: 27 colonne, due lastre nel terreno e una quercia colonnare, distanziati regolarmente a 5 metri lungo un asse. In ogni elemento è inciso un articolo della Dichiarazione, prima in lingua tedesca e in seguito in un’altra lingua per evidenziare l’universalità dei diritti umani. Alle estremità della camminata da una parte vi è un suggestivo portale in marmo che indica l’inizio della camminata, e dall’altra vi sono le mura medievali della città, sopravvissute ai bombardamenti.

Pilasti con gli artt. 7 e 8 della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. (foto di Valentina Pizzuto Antinoro)

L’intento iniziale del Germanische Nationalmuseum era quello di creare un semplice collegamento tra le mura della città e il centro; il risultato invece ha un significato più profondo, poiché questa via ormai rappresenta il cammino che la città di Norimberga ha percorso per riscattarsi.

Il significato di questa camminata è che se la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è considerata come la risposta della comunità internazionale alle atrocità del nazionalsocialismo, l’inaugurazione della Via dei Diritti Umani nella città di Norimberga rappresenta il riconoscimento della sua responsabilità storica e del ruolo che ha avuto durante il secondo conflitto mondiale. È proprio dal riconoscimento di queste responsabilità che Norimberga è ripartita.

La Via dei Diritti Umani è sia un’accusa dei crimini contro l’umanità commessi dai nazionalsocialisti sia un’ammonizione scolpita nella pietra per ricordare a tutti che i diritti umani vengono ancora violati in tutto il mondo.

Norimberga continua ancora ad oggi a battersi per i diritti attraverso progetti locali di educazione e formazione, nonché attraverso iniziative a livello internazionale.

Un esempio è l’International Nuremberg Human Rights Award, istituito nel 1993 e presentato per la prima volta nel 1995 come risposta a quelle leggi razziali promulgate 60 anni prima proprio a Norimberga. Ogni due anni vengono premiati coloro che hanno contribuito alla difesa i diritti umani nel mondo.

Tra le iniziative locali, invece, una delle più interessanti è il progetto Bäume für die Menschenrechte, ossia “Alberi per i diritti umani”, che ha lo scopo di far conoscere la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo piantando per le vie della città Ginko bilboa, una delle piante più antiche al mondo e famose per la sua robustezza e longevità.

Il percorso compiuto da Norimberga è stato infine riconosciuto a livello internazionale: infatti è stata la prima città a ricevere nel 2001 il Premio dell’UNESCO per l’educazione dei diritti dell’uomo, poiché si è impegnata nell’educazione e nella ricerca dei diritti umani attraverso l’arte e iniziative concrete, al fine di sensibilizzare la società politica e civile.

Come ha affermato Dani Karavan durante il 20° anniversario dell’inaugurazione della Via dei Diritti “Il potere delle arti è quello di trasformare l’immagine della città nel mondo. Norimberga è cambiata: da una città su cui pesava una maledizione, a una città di speranza”.