Niente più spose bambine, la svolta del Pakistan

Di Giulia Vicari – Il 29 aprile il Senato pakistano ha approvato un progetto di legge che modifica l’età minima per contrarre matrimonio, portandola dai 16 ai 18 anni.  La legge prevede per i trasgressori una pena fino a tre anni di carcere e una multa di oltre 600 euro. Tuttavia, il disegno di legge è adesso al vaglio dell’Assemblea nazionale ed è probabile che trovi nuove opposizioni prima dell’approvazione definitiva.

Ma procediamo con ordine. Il Pakistan è uno stato musulmano e dovrebbe legiferare sulla base e nel rispetto del Corano. Quest’ultimo affronta il tema del matrimonio con femmine in età pre-mestruale e pertanto, secondo alcuni senatori pakistani, la proposta della senatrice Sherry Rehman sarebbe incoerente con la legge della sharia.

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Sherry Rehman

La legge pakistana sui matrimoni è ferma al 1929, al cosiddetto Child Marriage Restraint Act che vieta i matrimoni al di sotto dei 16 anni per le donne e 18 per gli uomini. Chi viola tale limite è soggetto a un mese di prigione e a una multa di appena 9 euro. Una sanzione, chiaramente, che non ha fermato o impedito il delicato e tragico fenomeno delle spose bambine.

Il Pakistan infatti è tra i Paesi con il più alto numero di matrimoni forzati nel mondo: secondo l’Unicef il 21% delle ragazze sono obbligate a sposarsi prima dei 18 anni e alcune, addirittura, prima dei 15. Un fenomeno che trova le sue radici in norme culturali e sociali, legate a pregiudizi di genere e all’esigenza di “liberarsi” il prima possibile delle figlie femmine, perché ritenute meno produttive per l’economia familiare.

Sono le ragazze che vivono nelle zone rurali a essere le più vulnerabili, poiché un matrimonio infantile può considerarsi una concreta e veloce soluzione alle difficoltà economiche della famiglia, e le conseguenze, ovviamente, sono devastanti: le ragazze che si sposano in giovane età hanno maggiori probabilità di rimanere analfabete, sono maggiormente esposte a violenze o abusi, a gravidanze precoci e più esposte al rischio di malattie sessualmente trasmissibili.

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Ma perché le famiglie lo consentono? Non amano i loro figli? Purtroppo i primi a essere vittime del sistema sono proprio gli adulti. Vittime di un conformismo sociale, di un sistema culturale e religioso che non guarda in faccia l’amore verso i propri figli, che rimane intrappolato in una tradizione misogina e maschilista. Un sistema questo, dove libertà naturale e libertà di scelta, vengono praticamente annullate.

Sebbene il Pakistan abbia ratificato la Convenzione sui diritti dell’infanzia e la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne che stabiliscono il diritto, per ogni essere umano sotto i 18 anni, ad esprimere liberamente la propria opinione e il diritto ad essere protetti da ogni forma di violenza o sfruttamento, il Pakistan fatica a far rispettare le proprie leggi e quelle internazionali. Violenze, abusi, sfruttamenti, gravidanze precoci, mettono a rischio la vita di tante bambine. La stessa senatrice Rehman ha dichiarato che una donna pakistana muore di parto ogni 20 minuti.

Con la proposta di legge del 29 aprile, tuttavia, il Pakistan sembra voler reagire a questo sistema conservatore, impegnandosi ad eliminare il matrimonio forzato e adeguandosi agli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibileAdesso toccherà all’Assemblea Nazionale dimostrare la capacità di apertura e la voglia di cambiamento del Paese, nonostante la forte opposizione islamista.

Gli attivisti dei diritti umani sostengono la senatrice Sherry Rehman che ha proposto la legge, il cui obiettivo è sempre stato quello di sensibilizzare e far conoscere realtà troppo spesso dimenticate, e di diffondere il tragico destino di tantissime ragazze che rimangono vittime di una vita che non hanno scelto


Foto di copertina da www.unhcr.it