La doppia faccia del populismo, una malattia non solo politica
Di Paolazzurra Polizzotto – La scorsa settimana si è svolto uno sciopero proclamato dall’Unione Camere Penali italiane, uno sciopero che è durato per ben tre giorni, dall’8 al 10 Maggio.
Il motivo? Le ultime riforme dalla disciplina della legittima difesa «connotate da finalità esclusivamente propagandistiche», «fino all’idea barbarica della castrazione chimica» e alla cosiddetta spazzacorrotti. «Non è una questione di rigore – afferma il Presidente dell’Unione Camere Penali italiane, l’Avvocato Gian Domenico Caiazza – Noi avvocati non siamo schierati coi corrotti, ma con cittadini presunti innocenti fino a sentenza definitiva».
Prima però, facciamo un passo indietro. Che cos’è il populismo giudiziario? È quel fenomeno, – così come avviene nel mondo politico – che conduce il giudice o la polizia giudiziaria ad agire secondo il “sentimento”, o la “corrente” politica del momento. Solitamente a soffrire di più di questa malattia è il diritto penale.
Leonardo Sciascia nel suo celebre libro intitolato A futura memoria (se la memoria ha un futuro) diceva: «Insomma, quando un uomo sceglie la professione di giudicare i propri simili, deve rassegnarsi al paradosso – doloroso per quanto sia – che non si può essere giudice tenendo conto dell’opinione pubblica, ma nemmeno non tenendone conto. Alla somma delle proprie inquietudini, bisogna preventivare l’aggiunta di quelle che verranno dall’attenzione che l’opinione pubblica dedica a certi casi. E questo vale per ogni latitudine, per qualsiasi paese in cui i tribunali non siano trasformati in are».
L’interazione tra populismo politico e populismo penale si è sviluppata nel quadro di politiche penali concepite soprattutto da forze di centro-destra. La parola d’ordine di questo fenomeno è “tolleranza zero”, un’espressione che racchiude in sé tutto il messaggio frenetico del populismo giudiziario in ambito penale perché esprime un’utopia: l’eliminazione dei delitti, cioè la loro riduzione a zero, è impossibile senza un’involuzione totalitaria del sistema politico. L’impossibilità del crimine, potrebbe essere raggiunta soltanto in una società di tipo poliziesco.
Questa idolatria del terrore ha comportato in Italia, e non solo, negli ultimi anni una crescita esponenziale della carcerazione, senza che sia diminuita in alcun modo la criminalità che queste fantomatiche politiche avrebbero dovuto ridurre a zero. Il diritto penale è diventato il luogo della massima disuguaglianza e discriminazione e riproduce tutte le dinamiche classiste e razziste della società rischiando di perdere in questo modo quella che è la sua visione originaria.
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