Gli strascichi del 25 aprile e il “caso” di Viterbo

Di Francesco Polizzotto – Italia, anno domini 2019 (duemiladiciannove), giovedì 25 aprile, festa della Liberazione o se preferite anniversario della Resistenza, o ancora (per far felici gli uni, un po’ meno gli altri) «festa della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista».

Da una parte militari e associazioni combattentistiche, dall’altra partigiani vecchi e nuovi, in mezzo le celebrazioni del 25 aprile. Viterbo da qualche settimana sembra essere diventata l’ennesimo “campo di battaglia” di questo duello fratricida tra due compagini (fuori dal tempo e dalla logica) che connettono qualsiasi evento alla diatriba “fascismo/antifascismo”. Un derby stucchevole, giocato con cadenza ormai quotidiana da questo o da quel ministro della Repubblica e da esponenti di spessore appartenenti un po’ a tutti i partiti, anche quelli sedicenti post-ideologici, sui quali ricadono tra l’altro le odierne responsabilità di governo.

Come sostenuto in un precedente articolo concernente la memoria (strumentalizzata) delle Foibe, purtroppo lo scontro si ripropone a ogni celebrazione e il gioco degli estremisti sta proprio nello sminuire il ricordo e la memoria, rischiando di svuotare il senso e il valore degli eventi storici. In realtà i fatti accaduti a Viterbo sono, a parere di chi scrive, meno clamorosi di quanto una parte di propaganda abbia voluto intenderli o abbia cercato di raccontarli.

In piazza del Sacrario, a Viterbo, durante gli Onori ai Caduti, alcuni partigiani hanno interferito sulle solenni note di tromba del Silenzio militare, cantando in coro “Bella Ciao”. Quindi è salito sul palco il presidente dell’ANPI locale, Enrico Mezzetti, il cui intervento è andato ben al di là della retorica tradizionale sulla festa della Liberazione. Uno degli appartenenti alle associazioni combattentistiche si è staccato dal gruppo per contestarlo aspramente ed è risultato necessario l’intervento della Digos per placare gli animi.

Mezzetti

Presidente provinciale ANPI Viterbo, Enrico Mezzetti – Fonte: La Fune

Mezzetti ha inoltre citato un report dell’ONU, dal quale si evincerebbe che le forze internazionali e pro-governative, impegnate in Afghanistan, abbiano ucciso più civili che talebani; di questi misfatti si sarebbero macchiati militari americani e non. Parole non certamente concilianti al cospetto delle numerose autorità politiche e soprattutto militari, presenti alla cerimonia.

Il generale di Brigata, Paolo Riccò, attuale comandante dell’AVES di Viterbo, indispettito dai toni utilizzati, ha quindi salutato le autorità e ha ordinato lo scioglimento del picchetto. È opportuno ricordare come il generale Riccò, prima di diventare comandante dell’Aviazione dell’Esercito, abbia preso parte a diverse missioni internazionali, tra cui quella in Afghanistan con l’operazione ISAF, al comando dell’Aviation Battalion di Herat.

Riccò

Paolo Riccò, comandante dell’AVES Viterbo

Gli strascichi di questa vicenda si stanno protraendo per settimane, anche al di là della rilevanza dei fatti. In questo “gioco delle parti” basta poco per avvelenare ulteriormente il clima ed ecco quindi come un diverbio o un’incomprensione avvenuta a causa di toni sbagliati o atteggiamenti fuori luogo, possa tramutarsi in un polverone ideologico.

Un’indiscrezione di una testata giornalistica parlava addirittura di un’indagine nei confronti del generale Riccò, al fine di verificare se fosse stato o meno manchevole nella sua condotta, con eventuale procedimento disciplinare. Immediata la reazione del rappresentante del Cocer Interforze, il maresciallo Marco Cicala: «il generale Riccò, se consideriamo i fatti, non ha violato né regolamenti né etica militare, anzi il suo stile umile e di difesa delle Forze Armate è in piena coerenza con un giuramento prestato decine di anni fa. Non solo lo dimostra la sua carriera, ma anche questi esempi che fanno molto bene solamente alla coesione interna alla Difesa e al popolo italiano».

Nei giorni scorsi, fonti ufficiali della Difesa hanno altresì precisato che quanto riportato circa una presunta inchiesta, avviata nei confronti del generale Riccò, fosse assolutamente falso. «Non è stata avviata formalmente alcuna indagine, bensì una semplice richiesta di accertamento dei fatti al fine di individuare quanto realmente accaduto. Atto, questo, che rientra nei doveri dell’amministrazione nell’ambito della salvaguardia delle Forze Armate».