Al gioco del Trono o si vince o si muore

Di Sara Sucato – Senza esagerazioni, siamo giunti alla fine di un’epoca. Così come è stato per le moderne pietre miliari della produzione fantasy hollywoodiana – la saga di Harry Potter, Il Signore degli AnelliGame of Thrones, nella nuova versione in serie targata HBO, ha segnato indelebilmente un periodo della storia della tv. Dieci anni, milioni di telespettatori destinati a crescere nonostante la serie sia giunta al termine, altrettante le interazioni sui social.

L’emozione condivisa dell’attesa, di anno in anno e di settimana in settimana, i cosplay susseguitisi nel tempo, parodie, fan fiction. Un successo travolgente, tanto che le ultime stagioni hanno dovuto prendere una strada diversa rispetto alla saga letteraria “A Song of Ice and Fire” molto più complessa e articolata, cui lo scrittore George R. R. Martin ha voluto dedicare tempo e spazio.

VIGNETTA

La vignetta di Davide Penzavecchia

Ebbene, il Trono è stato distrutto, gli Stark rimasti in vita hanno trovato il proprio posto, più o meno lontano da Winterfell, con buona pace di Ned Stark e Lady Catelyn, e King’s Landing ha finalmente conosciuto una nuova forma di democrazia in nuce.

Molti cambiamenti, forse troppi. Quali sono state le reazioni dei fan al termine dell’ottava stagione? Se non negative, quantomeno contrariate. Pochi episodi, molto veloci che non sono riusciti a conferire la giusta dignità ai personaggi e alle vicende principali.

Per sette lunghe stagioni ci siamo preparati allo scontro finale, la grande battaglia che avrebbe soppiantato le faide tra gli Stark, i Lannister e i Targaryen: quella contro il Re della Notte. Un’ora e venti di pura emozione: ansia e paura, sollievo nel vedere il Night King sconfitto da Arya Stark. E poi? È stato sufficiente un piccolo trucco con un pugnale per porre fine all’esistenza del re dei morti? A quanto pare, sì. Così come l’arguzia di Cersei Lannister non l’ha salvata dal crollo delle mura della Fortezza Rossa.

Molti filoni spezzati, come la profezia di Azor Ahai e la scoperta della discendenza Targaryen del bastardo Snow (a che scopo Bran e Samwell l’hanno rivelata al mondo? Probabilmente, rimarrà un mistero). Senza dubbio, quest’ultima stagione ha dovuto subire il peso delle aspettative: dopo l’attesa di un anno e mezzo, da agosto 2017 ad aprile 2019, i fan forse speravano nell’impossibile. E se l’evoluzione di Daenerys Targaryen ha sorpreso e soddisfatto per il richiamo al Re Folle, tuttavia la sua stessa fine è stata considerata deludente. Anche in questo caso sono bastati un semplice stratagemma – la promessa di fedeltà eterna e il bacio di Jon Snow, o meglio Aegon Targaryen – e un pugnale. Un ultimo volo con Drogon per scongiurare la tirannia della Distruttrice di Catene.

Molte le “morti eccellenti”, annunciate, di questo series finale: Lord Varys, Jaime Lannister, Theon Greyjoy. Tutto sommato, un buon compromesso per evitare l’happy ending poco adatto all’ambiente fantasy e lontano anni luce dal progetto di George R. R. Martin.

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Battaglia dei Bastardi, Stagione 6

Tuttavia, non è bastato per evitare che i fan storcessero il naso di fronte al “vissero felici e contenti” di casa Stark e Tyrion Lannister. Gli intoccabili nel gioco del Trono di Spade, più volte scampati alla morte o addirittura tornati in vita dopo essere stati traditi e accoltellati – maybe you know something, Jon Snow.

Ma non c’è stata solo delusione per questa serie. Ancora una volta, hanno colpito e stupito gli effetti speciali e, in particolare, il ritorno dei figli di Khaleesi. Lo scontro nei cieli tra Rhaegal e Viserion, la spettacolare morte di Rhaegal stesso per mano di Euron Greyjoy che riesce ad abbattere la maestosa creatura attraverso lo Scorpione di Qyburn.

Egualmente apprezzato il parallelo tra la lotta per la sopravvivenza di Arya durante l’attacco ad Approdo del Re e il violento corpo a corpo tra il Mastino e la Montagna, sofferto, emozionante, che condurrà entrambi i fratelli verso il baratro, consumati dall’odio e dal desiderio di vendetta. Un series finale ricco, di cui si è parlato e indubbiamente si parlerà ancora.

Otto stagioni che hanno cambiato il modo di vedere e vivere il fantasy, una serie che si è trasformata in un fenomeno mondiale superando le barriere linguistiche e i differenti fusi orari. Storie d’amore, tradimenti, battaglie, colpi di scena e creature mitiche: gli ingredienti perfetti che hanno reso il microcosmo del Trono di Spade uno dei più grandi esperimenti culturali del XXI secolo.