La «rivoluzione» di Chicago: Lori Lightfoot rompe gli schemi

Di Annarita Caramico – Lori Lightfoot, classe ’62, non era mai entrata apertamente in politica prima di quest’anno, anche se aveva già ricoperto degli incarichi di prestigio all’interno dello stato del Michigan

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Lori Lightfoot

Dopo essersi laureata in Scienze Politiche, infatti, ha lavorato per alcuni membri del Congresso americano. Ha poi deciso di iscriversi a legge: mentre le malelingue hanno ipotizzato lo facesse per aiutare il fratello nei guai con la giustizia, Lori Lightfoot ha sempre affermato di aver scelto giurisprudenza per essere indipendente da un punto di vista economico. Poco prima di laurearsi in legge presso l’Università di Chicago ha lavorato anche per un giudice della Corte Suprema.

In un periodo abbastanza delicato per la città di Chicago ha anche ricoperto il ruolo di presidente del Consiglio della polizia: è durante il suo mandato che venne accusato un poliziotto bianco per l’omicidio di un giovane afroamericano .

Lori Lightfoot vuole regalare una nuova speranza alla città: questa l’intenzione manifestata dopo esser venuta a conoscenza della sua elezione a sindaco di Chicago.

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La città sta attraversando un periodo di forte crisi. Dal punto di vista economico c’è un buco finanziario di oltre 28 milioni di dollari destinati in realtà alle pensioni dei cittadini mentre è elevato il tasso di criminalità visto che il numero di omicidi è più alto rispetto alle città di New York e Los Angeles. Un impegno difficile, quindi, quello che aspetta Lightfoot.

Dichiaratamente omosessuale, ora che è stata eletta a sindaco di Chicago sarà la moglie Amy Eshleman a badare alla piccola Vivian, figlia adottiva della coppia. «Abbiamo dimostrato che nella nostra città non conta il colore della pelle. E non conta neanche chi ami, a condizione che lo ami con tutto il cuore»: queste le parole di Lightfoot a seguito della sua elezione a sindaco.

Chicago è stata anche la città da cui è partito Obama, primo presidente afroamericano degli Stati Uniti, che ha fatto del suo Yes we can il motto dell’ultimo decennio, dando speranza a milioni di persone in tutto il mondo.

C’è da chiedersi, però, se siano ormai le caratteristiche della vita privata e della propria identità di genere e razziale a dettare il successo o meno di una candidatura politica. È davvero primario questo aspetto? Sicuramente quella di Lori Lightfoot è una elezione fuori dal comune e crea un precedente, ma è giusto ricordarla e vederla come un cambiamento epocale esclusivamente alla luce del suo dichiarato orientamento sessuale? Ai posteri l’ardua sentenza.