Viaggio, racconto, memoria: nel cuore della sicilianità

Di Sara Sucato – Essere siciliani è un viaggio lungo una vita. Nascere in Sicilia porta a vedere il mondo attraverso occhi diversi, con uno sguardo appassionato, famelico di un vissuto reale. L’obiettivo di Ferdinando Scianna guarda la vita proprio come l’occhio umano di un suo conterraneo. Nessun soggetto è studiato o in posa – eredità del maestro Henri Cartier-Bresson – e spesso sfocato o in movimento, racconta storie vere.

Ferdinando Scianna nasce a Bagheria nel luglio 1943. Lui stesso si definisce figlio dello scanto (nda «figlio dello spavento»), venuto al mondo sotto le bombe della Seconda Guerra Mondiale.

Nell’arco della sua vita, due incontri ne segneranno indelebilmente il percorso: il primo con Leonardo Sciascia avvenuto durante i primi anni sessanta, e il secondo con Henri-Cartier Bresson nel 1982. L’uno, gli aprirà la strada nel mondo della fotografia, darà vita al singolare rapporto che il fotografo ha con il testo; l’altro, forgerà il suo stile e il suo modo di vedersi come reporter, facendo del carpe diem l’elemento essenziale di ogni raccolta.

curti«Ho sempre pensato che io faccio fotografie perché il mondo è là, non che il mondo è là perché io ne faccia fotografie». Attraverso la mostra “Viaggio, racconto, memoria” alla GAM (Galleria d’Arte Moderna), Scianna elogia il mondo non perché sia perfetto, ma intriso di emozioni. Una donna che si guarda allo specchio, fedeli in processione, bambini in riva al mare, cani che riposano godendo del tepore del sole; piccole ossessioni fotografate in bianco e nero che raccontano la storia del mondo con la lente della sicilianità.

La Sicilia è il fil rouge che lega e percorre tutto il suo lavoro, che lo accompagnerà fino a Kami: un villaggio sperduto sulle Ande peruviane, luogo in cui documenterà la vita dei minatori autoctoni.

Ciò che osserva con maggiore attenzione sono i momenti di aggregazione, di svago, i riti religiosi, la quiete della siesta che sempre verranno paragonati alle scene catturate in terra sicula. Alla religione, poi, si approccia sempre con l’occhio dell’ateo e con una forte vena critica: osserva la mercificazione del culto nel suo viaggio a Lourdes, essendo ugualmente consapevole dell’importanza che riveste nel mondo a lui contemporaneo. La religione è parte dell’anima stessa del mondo.

Un altro incontro casuale e assolutamente fortuito, dettato da un errore, ne segnerà la carriera. Così, alla fine degli anni ottanta, nasce la collaborazione con due designer emergenti: Dolce e Gabbana. Scianna si ritrova a dover mettere il mondo in posa, allontanandosi drasticamente dal suo modo di fare fotografia, raccontando una storia scritta da qualcun altro.

Eppure, riesce a non abbandonare il proprio stile, naturale e senza fronzoli, calando la modella Marpessa Hennink nel contesto rurale siciliano. Un bambino che gioca a fare il fotografo, comari che svolgono le faccende domestiche: questi i personaggi con cui Marpessa interagisce, ostentando con disinvoltura una sicilianità fittizia, date le origini olandesi e surinamesi, ma che sembra calzarle a pennello.  

Ma quindi, chi è Ferdinando Scianna? Un reporter, un fotografo di moda, uno scrittore? È ognuna di queste cose, e anche di più. Non ama le etichette, così come non ama gli scatti preconfezionati e pronti all’uso. Si è sempre definito non dando mai una definizione del proprio lavoro. 

È siciliano. È un fotografo che vuole concedere, a chi osserva il suo lavoro, di andare oltre i canoni e i preconcetti, di scardinarli e mettere in dubbio la realtà. È un uomo, prima di essere un fotografo, legato indissolubilmente alla propria terra e al proprio paese. Amati, odiati, venerati, maledetti ma parte integrante del suo modo di essere e di comunicare.