Il suprematista bianco che odia i musulmani

Di Antinea Pasta – In un venerdì qualunque “un normale uomo bianco” imbraccia un’arma e uccide 49 persone inermi in due moschee durante l’ora della preghiera a Christchurch, una tranquilla cittadina della Nuova Zelanda, in nome del suprematismo bianco.

È lo stesso Brenton Tarrant, autore della strage, a descriversi come un uomo bianco qualunque di 28 anni, australiano ma di origini europee. E subito viene alla mente Hannah Arendt e “La banalità del male”: non è servito un pericoloso killer per mettere in piedi un massacro del genere, ma è stato sufficiente che un ragazzo cresciuto a pane, web e videogame, si sia infarcito di strampalate idee prese da chissà quale forum popolato da estremisti e neonazisti, internet- sostiene – «è l’unico posto in cui trovare verità» e con estrema facilità sia riuscito a procurarsi delle armi.

Ma Tarrant non si è limitato a raccontare i suoi deliri ai followers in diretta Facebook mentre si dirigeva verso le moschee, ma li ha teorizzati in un testo di circa ottanta pagine chiamato The Great Replacement, La Grande Sostituzione, ispirato alla teoriaFOTO.1.ANTINEA dell’intellettuale di estrema destra francese Renaud Camus, secondo il quale l’Europa, la culla della razza pura, va liberata dagli invasori, gli uomini e le donne di origine africana e mediorientale che puntano a invadere i territori occidentali e a “rimpiazzare” i bianchi.

Il pantheon a cui Tarrant si ispira è ampio e variegato: sulle armi e i caricatori utilizzati dal terrorista sono iscritti i nomi del norvegese Anders B. Breivik, l’italiano Luca Traini e l’americano Dylan Roof, autori degli attentati di Utoya, Macerata e Charleston, ma anche personaggi storici come Sebastiano Venier, Doge di Venezia che guidò la battaglia di Lepanto contro la flotta dell’Impero Ottomano e Carlo Martello, re dei Franchi, che bloccò l’avanzata arabo islamica nella battaglia di Poitiers. 

In questa paccottiglia di idee Tarrant dimentica di citare anche i tanti momenti di incontro nella storia tra Occidente e mondo islamico: si consiglia nei prossimi anni di reclusione la lettura delle opere di Franco Cardini e Bernard Lewis per avere una visione un tantino più complessa e articolata dello scambio secolare tra le due culture.

FOTO.2.ANTINEAInsomma, l’idea che sia in atto uno scontro di civiltà sembra essersi diffusa con una forza che nessuno immaginava. Il mezzo principale è quello che, anche dall’altra parte della barricata, è stato utilizzato dai fanatici dell’Isis: la propaganda di messaggi basati sulla violenza delle immagini e la loro diffusione capillare tramite il web.

Proporre dei manifesti teorici che strutturino queste folli idee e fornire delle immagini che spettacolarizzino le scene di morte, sono il metodo più efficace per raccogliere proseliti che varchino i confini nazionali. Tant’è che lo stesso Tarrant trova ispirazione in attentatori di estrema destra che vanno dall’Italia agli Stati Uniti.

I rischi di emulazione sono reali, basti pensare che secondo un rapporto dell’Anti Defamation League, l’Associazione ebraica statunitense che da anni lotta contro l’antisemitismo, ha registrato un incremento per il terzo anno di fila dei crimini commessi da suprematisti bianchi: nel 2017 del 17%.

La politica all’indomani dell’attentato di Christchurch, nonostante la condanna unanime ha, in alcuni casi, minimizzato il rischio di possibili attentati da parte di gruppi di estrema destra, spesso dichiaratamente razzisti. Un errore che potrebbe inasprire lo scontro e fomentare rappresaglie jihadiste? Secondo gli esperti non è da escludere.

Del resto, tornando alle parole di Hannah Arendt «quel che penso veramente è che il male non è mai ‘radicale’, ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo. Esso ‘sfida’, il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua ‘banalità’. Solo il bene è profondo e può essere radicale».


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