Brenton Tarrant non è poi così lontano

Di Daniele Monteleone – Brenton Tarrant, l’autore del massacro di Christchurch in Nuova Zelanda, ha pubblicato un documento di una settantina di pagine in cui spiega i suoi pensieri e la sua visione del mondo, motivando di fatto ogni sua azione. Molti, soprattutto all’estero, hanno tentato di arginare la diffusione di questo manifesto perché considerato «pericoloso» e fonte di ispirazione per nuovi attacchi terroristici. In tutta la questione, la percezione del pericolo sembra essere l’unica reazione giusta.

Brenton Tarrant Christchurch

Il titolo, The great replacement, preannuncia la polemica di quella assurda “sostituzione etnica” che si starebbe compiendo a danno dei bianchi. Tarrant infatti si descrive come un «uomo normale bianco, nato da una famiglia – altrettanto – normale» che ha meditato di «assicurare un futuro alla propria gente». Descrive la sua gente come «etnicamente e culturalmente europea». Un popolo che, secondo Tarrant, andrebbe preservato e l’identità europea protetta dal multiculturalismo.

Un elemento di allarme sarebbe il calo delle nascite nella popolazione bianca. È il segnale inequivocabile che i bianchi stanno soccombendo agli stranieri, di carnagione scura, ovviamente. Il terrorista australiano elenca quindi una serie di motivi per compiere gli attacchi violenti contro questi invasori, ai quali è doveroso mostrare che «le nostre terre non saranno mai le loro» e che «la nostra terra è casa nostra».

Questi invasori di cui Tarrant parla sono gli immigrati regolari, persone dunque che si sono stabilite legalmente in un territorio diverso da quello in cui sono nati o da cui semplicemente provengono. Proprio questo trasferimento legale delle persone sarebbe la minaccia più grave alla stessa esistenza bianca. Ma ci sono diverse inesattezze basilari che dimostrano l’ingenuità della “difesa della propria terra”.

L’attentatore è, come abbiamo detto, australiano, e ha compiuto il proprio attacco in Nuova Zelanda. Le due terre in questione sono entrambe due vecchie colonie inglesi che però non hanno affatto una storia e una cultura europea se non a partire dal XVIII secolo all’arrivo sulle proprie coste dei primi coloni. Questi ultimi hanno reso una minoranza le popolazioni aborigene, compiendo una sostituzione etnica reale e sistematica.

I musulmani in questo caso sono stati presi di mira per il semplice fatto che si tratti di «un ovvio, evidente e numeroso gruppo di invasori provenienti da una cultura votata alla fertilità, dalla grande fiducia nel proprio destino e dalle tradizioni robuste».

I musulmani starebbero cercando di invadere le terre e la cultura dei bianchi, cristiani, europei per sostituirsi completamente a loro. Tarrant inquadra il movimento delle masse nel mondo, l’immigrazione in generale, come indirizzata alla sostituzione della popolazione bianca. Una paura consolidata nei nazionalisti è infatti che il crescente numero di immigrati nel proprio paese possa trasformare i nativi, loro, in minoranza.

Lucidamente, Tarrant, sostiene che «non si deve assolutamente diventare una minoranza poiché ogni minoranza, in tutti i paesi e in tutti i continenti del mondo, è oppressa». Diventare una minoranza sociale, etnica o politica significa la condanna alla oppressione permanente, proprio come è avvenuto e avviene ancora oggi.

Riflettendoci un attimo, è proprio l’impostazione maggioranza vs minoranza che porta avanti il problema. In una popolazione in cui vengono attivati processi di integrazione avviene il superamento di questa opposizione concettuale. Un’opposizione che, senza integrazione, andrebbe avanti in un loop infinito tra oppressori e oppressi, sostituti e sostituiti. E più questa opposizione viene resa palese e strumentalizzata, più faticoso sarà uscire da questo circolo vizioso di paura e astio.

Brenton Tarrant Nazi SaluteSono molti i punti chiave del manifesto che testimoniano come l’utilizzo della parolina magica “suprematismo bianco” all’occorrenza, nei casi più violenti della cronaca terroristica occidentale, sia anche troppo conservativo. Ci vuole il coraggio di parlare di “paura del nero”, “paura dello straniero”, di razzismo, e ammettere che esiste un problema che non se n’è mai andato via.

Proprio in un momento storico in cui, dall’Europa all’America, avviene uno spostamento verso il nazionalismo, è importante percepire il pericolo delle idee, non delle parole scritte; il pericolo della propaganda strumentale, non della libera informazione. Perché, a leggere il manifesto, alcuni punti suonano anche troppo familiari per noi europei intolleranti.