La Brexit è rinviata?

Di Francesco Puleo – La Camera dei Comuni si è espressa poche ore fa su quattro emendamenti in materia di Brexit. Il primo emendamento, presentato dal leader del partito laburista Jeremy Corbyn e anticipato da una lettera inviata a ciascuno dei membri del parlamento, prevedeva un voto su una proposta alternativa a quella del primo ministro Theresa May. Una soft brexit, con più tutele per lavoratori e ambiente e una più stretta unione doganale. La mozione è stata respinta, prevedibilmente, con 240 voti a favore e 323 contro.

Bocciato anche il secondo emendamento, presentato dagli indipendentisti scozzesi dello Scottish National Party, che prevedeva l’esclusione a qualsiasi condizione del no deal, ovvero dell’uscita dall’Unione Europea senza alcun accordo, che per molti rappresenta lo scenario da evitare a ogni costo. Anche in questo caso, l’esito del voto era scontato.

Gli altri due emendamenti sono stati invece approvati. Il primo, presentato dal deputato conservatore di origine italiana Alberto Costa, impegna il governo a garantire la difesa dei diritti dei cittadini europei residenti nel Regno Unito e dei britannici che vivono in Europa anche in caso di no deal. L’emendamento riguarda più o meno 4 milioni di persone, tra cui 700mila italiani.

L’altro emendamento approvato dalla Camera dei Comuni è probabilmente il più importante, più per le sue conseguenze che per il suo contenuto. Con 502 voti a favore e 20 contro, la parlamentare laburista Yvette Cooper ha ottenuto l’impegno per Theresa May di sottoporre alla Camera un voto obbligatorio per posticipare la Brexit nel caso in cui siano rigettati sia la sua proposta, sia il no deal.

theresaGli elementi degni di attenzione sono due. Il primo è che i voti contrari, espressi dai conservatori favorevoli a una hard Brexit, sono stati molto inferiori alle attese: ciò significa che l’opposizione interna ai tories (il partito di Theresa May) per la prima volta si è spaccata, a vantaggio della May. 

Il secondo elemento degno di nota è che la proposta di Yvette Cooper approvata dalla Camera dei Comuni coincide con le intenzioni del primo ministro. Due settimane dopo la bocciatura dell’accordo del 15 gennaio scorso, May aveva ricevuto dal parlamento un mandato per negoziare con l’Unione Europea una modifica della bozza finale, in particolare per quanto riguarda la clausola del backstop.

Clausola controversa che prevede l’attivazione di un meccanismo di emergenza nel caso in cui, alla fine del periodo di transizione (fine 2020), il Regno Unito e l’Unione Europea non dovessero raggiungere un accordo capace di garantire un confine non rigido tra Irlanda e Irlanda del Nord.

Dopo una serie di incontri e di botta e risposta con i massimi rappresentanti delle istituzioni europee, il negoziato sulla modifica del backstop è fallito. Theresa May ha dovuto così cambiare strategia e il 25 febbraio, a margine di un incontro con il presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker, ha aperto a un rinvio della Brexit, prevista per il 29 marzo. Il voto di ieri sera rappresenta dunque un passo in avanti, seppur nel breve termine.

Difficile invece parlare di conferme per Jeremy Corbyn e per il suo partito. La mancata corbynapprovazione della sua proposta di soft Brexit arriva infatti a due giorni da un’apertura complicata e per molti aspetti inattesa all’ipotesi di un secondo referendum. Gli unici a sostenerla, fino a quel momento, erano stati i compagni di partito più moderati ed europeisti, alcuni dei quali hanno abbandonato di recente lo schieramento laburista in polemica con la posizione del leader.

La scelta di Corbyn è stata indubbiamente dettata dall’esigenza di evitare una crisi interna al suo partito, dal momento che accanto a una minoranza di parlamentari laburisti favorevole alla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea c’e una base che per metà ha votato a favore della Brexit e che non intende tornare indietro sui propri passi.

Detto questo, è chiaro che sia per il governo che per l’opposizione le prossime settimane saranno decisive. Salvo imprevisti, tra il 12 e il 14 marzo è previsto infatti il voto finale su tre mozioni: la ratifica dell’accordo di Theresa May, un sì o no secco al no deal in caso di bocciatura dell’accordo e, in caso di rifiuto del no deal, un voto per posticipare la Brexit.


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