Ottavia Penna Buscemi, lotte e contraddizioni tra giustizia sociale e anticonformismo

Di Alice Castiglione – Nata nel 1907 a Caltagirone, Ottavia Penna Buscemi è figlia della nobiltà siciliana. Figlia di barone e duchessa, studia e si forma in ambienti elitari che però non le impediscono di sviluppare nel corso del tempo una forte avversione per la condizione femminile. Si lascia affascinare dalle idee del partito dell’uomo qualunque, con il quale si candida alla costituente e viene nominata componente della commissione dei settantacinque.

Nel 1946 viene candidata da Giannini, fondatore del fronte dell’uomo qualunque, alla presidenza della repubblica definendola “donna colta”, ma affrettandosi anche ad aggiungere “sposa e madre” accodandosi ai clichè di genere che porteranno, 25 anni dopo, Ines Boffardi a subire la derisione degli Montecitorio: Ines, infatti, candidata alla presidenza della repubblica, ottenne un solo voto e venne derisa tanto da spingere Pertini a un intervento per riprendere i colleghi affermando ciò che la Costituzione stessa prevede, cioè che anche una donna può diventare presidente.

Secondo i dati raccolti da Monica D’Ascenzo, penna per il Sole 24 Ore, le premier/capi di stato donne nel mondo sono ad oggi una stretta minoranza e non riescono nemmeno a durare nel tempo.

Ottavia arriverà terza con 32 voti, contro i 396 di De Nicola e i 40 di Facchinetti.

ottavia penna buscemiOttavia Penna Buscemi si contraddistingue per le contraddizioni ideologiche, tra il suo background di fede monarchica e la sua tensione verso il bisogno di innovazione, soprattutto sul tema di genere. Uno fra tutti è rappresentato dalla sua profonda ammirazione per Berlinguer, nonostante Ottavia sia fortemente anticomunista. Sebbene si faccia portavoce e sostenitrice di uguaglianza di genere, giustizia di classe e istruzione, è la sola donna di destra (per giunta Scelba se ne lamenterà con Sturzo in una lettera).

Nonostante a Montecitorio su 556 deputati solo 21 fossero donne (9 comuniste, 2 socialiste, 9 democristiane, 1 monarchica) non legherà mai con loro per fare fronte comune, tanto che viene descritta più come spettatrice che protagonista. Nonostante il basso profilo, esprime la propria personalità e le proprie idee respingendo con forza ogni discriminazione razziale e di genere; il suo più grande contributo è l’articolo 3 della Costituzione:

«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione , di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»

Ottavia Penna Buscemi è a tutti gli effetti una donna che, nonostante le sue origini monarchiche e di destra, sente le contraddizioni forti proprie di quel contesto e le affronta ritagliando la quota rosa, tentando la scalata al colle popolato da soli uomini. Senza lei e le altre 20 donne l’articolo 3 non ci sarebbe stato e non sarebbe riflesso anche negli altri articoli. 

Presto si distaccherà però dal fronte dell’uomo comune per incompatibilità di idee e prassi: dopo essersi fatta affascinare dalle idee del fondatore Giannini, ben presto si accorge che il fronte dell’uomo qualunque è una contraddizione in stato d’essere. Questo è infatti un partito privo di una vera cultura, che odiava i partiti, i sindacati e lo stato spacciandoli per una truffa istituzionalizzata; proponeva un governo tecnico e non politico e idee qualunquiste aperte alla manipolazione di retori eterodiretti che si ergevano demagogicamente a tribuni del popolo (vi ricorda niente?).

ottavia penna buscemiBen presto Ottavia se ne rende conto e si allontana con l’amaro in bocca, delusa dal suo leader Giannini, distaccandosi del tutto per aderire all’unione democratica nazionale il 15 novembre 1947. Un anno dopo, interpellata da De Gasperi sulla questione degli indigenti in Sicilia, propone un vero e proprio programma volto a «combattere la tremenda ignoranza del nostro popolo».

Fece partire un piano di ricostruzione di strade, case e scuole per togliere i ragazzini dalla strada, troppo esposti all’apprendimento della delinquenza. Per questo, guidata dalla sua grande umanità, ma anche praticità e concretezza, fonda la città dei ragazzi, associazione di assistenza ai minori. Oggi la città dei ragazzi è presente in tutta Italia come Opera Nazionale Per Le Città Dei Ragazzi.

Nel 1953 viene eletta tra le fila del partito monarchico, ma ben presto abbandonerà del tutto la politica.  Delusa dalle pratiche politiche, insofferente alle regole dei partiti, disgustata dalla vita parlamentare e dai compromessi cui lei, idealista e (a modo suo) anticonformista ha dovuto assistere, si ritira a vita privata nel palazzo di famiglia. Conservò l’avversione per questa politica fino all’ultimo, attaccando i francobolli a testa in giù fino alla sua morte, nel 1986.