Gli obblighi vaccinali: scelta del singolo o interesse della collettività?

Di Floriana Raffadale – La tematica della vaccinazione, e dell’eventuale obbligo a vaccinarsi, ha senza dubbio assunto nell’ultimo decennio una notevole rilevanza. 

Se da un lato, infatti, la prassi della vaccinazione, elevandosi a presidio preventivo indispensabile, ha consentito di diminuire il numero di patologie e di ridurre l’indice della mortalità; dall’altro, appare sempre più corposo quel movimento d’opinione, divulgatosi recentemente sull’intero territorio nazionale, che ambisce ad acquisire la libertà di scelta nell’ambito delle vaccinazioni.

In particolare, intorno all’obbligatorietà della vaccinazione per i nuovi nati, introdotta tramite una serie di interventi normativi, volti a favorire l’immunizzazione attiva contro precise malattie infettive, orbitano diverse problematiche. Sempre più frequentemente, i genitori impediscono che i propri figli si sottopongano al trattamento vaccinale, sia per questioni ideologiche, sia, in molte più occasioni, per via della diffusione di studi scientifici, volti a comprovare la non-innocuità dei vaccini.

Il movimento di opinione No-Vax trova, infatti, piena espressione nelle tante associazioni affermatesi con vigore di recente e sostenute, talvolta, anche da comitati scientifici.

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Orbene, le preoccupanti conseguenze della riduzione della copertura vaccinale hanno giustificato un’innovata politica vaccinale: dall’inizio del 2017 sono stati segnalati 3.670 casi di morbillo e 3 decessi, con un incremento di oltre il 500% rispetto allo stesso periodo del precedente anno.

In questo contesto, è stato introdotto il cosiddetto Dl Lorenzin (2017, n. 73, convertito in L. 2017, n. 119) che verte, in estrema sintesi, su alcune vaccinazioni obbligatorie, nei confronti di minori, fino a sedici anni d’età – anche stranieri non accompagnati – statuendo, per i casi di inottemperanza, sanzioni amministrative pecuniarie e divieto di accesso ai servizi educativi per l’infanzia.

La Consulta, nel respingere la questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla Regione Veneto, ha asserito che la nuova normativa, non è censurabile sul piano della ragionevolezza, per aver indebitamente sacrificato la libertà di autodeterminazione dei singoli e frustrato le politiche vaccinali regionali. Invero, la cogenza degli strumenti vaccinali appare necessaria per le seguenti ragioni: la preoccupante flessione delle coperture vaccinali, alla luce delle attuali condizioni epidemiologiche e conoscenze scientifiche, e la poca efficacia dello strumento della “mera raccomandazione” a eseguire il trattamento vaccinale.

La Corte ribadisce, altresì, che il diritto di cura del singolo e la tutela della sua integrità psico-fisica devono essere garantiti in condizioni di eguaglianza in tutto il territorio nazionale, tramite una legislazione generale dello Stato, che tenga conto degli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale.  

In definitiva, la problematica delle vaccinazioni postula un contemperamento tra molteplici valori: il diritto alla salute e il coesistente interesse a salvaguardare lo stato di salute della collettività (entrambi tutelati dall’articolo 32 della Costituzione), la libertà di autodeterminazione individuale nelle opzioni relative alle cure sanitarie e l’interesse del minore, garantito dall’esercizio del diritto-dovere dei genitori di proteggere la salute dei figli (come salvaguardato dagli stessi articoli 30 e 31 Cost.).

Pertanto, la legge impositiva di un trattamento sanitario obbligatorio non contrasterebbe con la Carta Costituzionale, se lo stesso fosse diretto non solo a migliorare le condizioni di salute del soggetto stesso, ma anche a salvaguardare lo stato di salute della collettività.