Pawel Adamowicz è stato ucciso dall’odio

Pawel Adamowicz, sindaco di Danzica, è morto accoltellato in diretta tv durante un evento di beneficenza per raccogliere fondi per gli ospedali. Secondo i testimoni l’attentatore, un ventisettenne appena uscito dal carcere per rapina a mano armata, dopo aver ferito gravemente Adamowicz ha urlato di essere stato incarcerato ingiustamente durante il governo di Piattaforma Civica, partito di cui il sindaco faceva parte.

Adamowicz, nato a Danzica nel 1965, cominciò a occuparsi di politica fin da giovane. Studente di giurisprudenza, pochi anni prima della caduta del Muro partecipò all’organizzazione degli scioperi sostenuti da Lech Wałęsa, fondatore del sindacato Solidarność nonché premio Nobel per la pace nel 1983. Eletto consigliere comunale di Danzica nel 1990 e sindaco dal 1998, Adamowicz era stato rieletto nel 2018 per la sesta volta consecutiva con il 65% dei voti.

Promotore di iniziative in diretto contrasto con il governo polacco e simbolo dell’impegno per i diritti, Adamowicz è divenuto il volto della Polonia aperta al mondo, operando a favore della comunità LGBT e dei migranti. Si è inoltre opposto alle leggi con le quali il governo nazional populista, guidato dal partito Diritto e giustizia (PiS), ha reso la Corte Suprema polacca organo dipendente dal governo e indebolito l’indipendenza dei media. Ciò ha portato Adamowicz a diventare un punto di riferimento non solo per la sua città ma anche per l’ala progressista liberare polacca.

Pawel Adamowicz
Pawel Adamowicz

Questa sua visione politica fortemente in opposizione con quella del partito di governo ha rappresentato un’alternativa alla maggioranza sovranista che negli ultimi anni ha cercato di accentrare sempre di più il proprio potere nelle mani di pochi.

Nonostante sia stato dichiarato dal vice ministro dell’interno, Jaroslaw Zielinsk (PiS), che in passato l’attentatore abbia sofferto di disturbi mentali, occorre non sottovalutare il clima di odio ormai diffuso nel territorio polacco. Secondo molti osservatori, infatti, l’assassinio del sindaco di Danzica è la prova lampante che in Polonia come in Europa l’odio e la divisione politica sono condizioni consolidate, e che l’attentatore sia stato influenzato dalla campagna denigratoria contro i democratici polacchi fomentata dalla destra nazionalista.

Durante il suo operato Adamowicz aveva già subito diversi attacchi da parte di alcuni gruppi di estrema destra e di media vicini al PiS: uno dei gesti più eclatanti risale al 2017, quando la Gioventù polacca, organizzazione giovanile ultranazionalista e fascista, aveva pubblicato un akt zgonu politycznego, “certificato di morte politica” (in copertina), per Adamowicz e per altri 11 sindaci polacchi colpevoli di non essere in linea con le idee del governo.

«Parliamoci chiaro: è avvenuto un delitto politico. […] Il seme dell’odio prima o poi porta i suoi frutti». Così Jaroslaw Kurski, editorialista del quotidiano polacco Gazeta Wyborcza, ha commentato la morte del sindaco di Danzica, attribuendo così una responsabilità indiretta a chi detiene il potere in Polonia. L’ondata nazionalista e la vittoria elettorale della destra conservatrice nel 2015, infatti, ha portato con sé un clima di odio, sospetto e divisione che preoccupa tutta l’Europa, ma che il PiS, di formazione conservatrice clericale, anti-russa e anti-europeista non ha nessuna intenzione di placare.

Nonostante sia ormai evidente che l’ondata nazionalista abbia preso campo in tutto il territorio europeo, l’Europa non ha ancora trovato gli strumenti adeguati per attenuare l’odio e la sfiducia nei suoi confronti.

E mentre la Polonia si mobilita per rendere l’ultimo saluto al sindaco di Danzica tra lacrime e rabbia, sempre più convinta che l’attentatore sia stato influenzato dall’odio istigato dalla politica polacca, l’auspicio è che l’Europa non rimanga ancora indifferente a questa aggressività ideologica ormai diffusa nel Vecchio Continente.


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