Andra e Tati: le “gemelle” Bucci

Di Dania Butticè – Quanti di voi hanno una foto così, a casa, sul comò antico della nonna? Foto in bianco e nero, ormai ingiallite con i contorni poco definiti. Foto di bambini paffuti e felici, che nonostante la posa forzata, brillano di una luce speciale che parte dagli occhi.

sorelle bucci oggiQuelli ritratti sono Andra, Tatiana e il cuginetto Sergio. Per loro, quei sorrisi, che ignorano le brutture del mondo, si sono fermati in quello scatto.

Andra e Tatiana, all’anagrafe Alessandra e Liliana, sono due sorelle, nate a Fiume, rispettivamente nel 1939 e nell 1937. Figlie di una coppia mista: il padre, Giovanni Bucci, cattolico, e la madre, Mira Perlow, ebrea.

Era il 1944, quando una sera di marzo, bussarono alla loro porta. Aprirono, erano i tedeschi. Gli occhi impauriti della madre, le urla di nonna Rosa, che inutilmente implorava di lasciare stare i nipotini e loro tre che non sapevano che da quel momento non sarebbero più stati bambini.

Eppure una di loro ricorda bene che «era grande quanto un carro armato» la macchina sulla quale salirono, sulla quale cominciò il viaggio più brutto della loro vita. Un viaggio che per troppi, colpevoli di non essere ariani, colpevoli di essere omosessuali, colpevoli di essere uomini, fu di sola andata. Poi salirono su un treno per la Polonia, senza acqua, senza cibo e senza speranze.

Era il 4 aprile 1944, quando le sorelle Bucci, la madre, la nonna, il cuginetto Sergio e altri familiari arrivarono ad Auschwitz. La legge del lager prevedeva l’uccisione all’arrivo per le donne con i bambini e per chi avesse più di sessanta anni e meno di quindici. Quella stessa notte, nonna Rosa salì su una stella e madre e figlie furono separate.

Le bambine, con il cuginetto, furono indirizzate nel Kinderblock, la baracca dei bambini destinati agli esperimenti del dottor Joseph Mengele. Essendo praticamente identiche, la loro vita s’allungò di qualche settimana. Furono scambiate per gemelle, ed era proprio sui gemelli che il dottor Morte prediligeva fare le sue ricerche. La madre e la zia, invece, furono mandate in una baracca poco distante da quella dei bambini e immesse nei Kommando di lavoro nel campo di concentramento.

I giorni scorrevano tutti uguali, senza più colori. Ultimi respiri e urla di dolore accompagnavano il loro girotondo con la morte. Scordarono l’italiano, cominciarono a parlare il tedesco, ma riuscirono a sopravvivere a quella vita, che aveva l’odore della carne bruciata, grazie ad alcuni degli internati, grazie ai loro piccoli atti di coraggio e gentilezza, fatti di pane, cioccolata e maglioni caldi. Passarono 8 lunghi mesi, chissà quanto pesa un minuto per una vita rubata.

Era novembre e un’addetta alla sorveglianza della baracca dei bambini e delle donne, alle piccole disse in segreto: «Verranno degli uomini, raduneranno tutti voi bambini e vi diranno: chi vuole vedere la mamma e tornare con lei, faccia un passo avanti. Voi dovete rimanere ferme al vostro posto, non rispondere assolutamente nulla». Andra e Tatiana informarono anche Sergio, che alla domanda di quegli uomini rispose con un passo avanti. Il suo ultimo passo avanti. Fu portato ad Amburgo: anche lì venivano fatti esperimenti sui bambini, che poi venivano picchiati, impiccati e bruciati.

Le “gemelle”, invece, zitte, ferme, immobilizzate da un coraggio troppo grande per corpi così piccoli, riuscirono a conoscere la speranza. Era il febbraio del 1945, era la Liberazione.

Andra e Tatiana avevano perso i contatti con la madre che credevano morta; vennero trasferite insieme ad altri bambini in un orfanotrofio vicino a Praga, per poi essere trasferite nel marzo del 1946 in Inghilterra. Anche la madre e la zia si salvarono e, successivamente, la famiglia si riunì.

Nel 2018 alla loro storia è stato dedicato un cartone animato sull’olocausto, La Stella di Andra e Tati, primo film di animazione europeo sull’Olocausto.

Le sorelle Bucci hanno conosciuto la morte, l’hanno toccata, respirata, l’hanno sentita gridare e l’hanno vista vincere. Hanno imparato che l’uomo può essere crudele più di quanto si possa immaginare, ma che sa essere più coraggioso di quanto possa credere.

Le sorelle Bucci avrebbero tanto da dimenticare ma, ancora, mano nella mano, con una cicatrice sul cuore che si riapre ogni volta, insieme a quel cancello, non si stancano di raccontarlo, affinché non succeda più.