Tra dubbi e slogan inizia il semestre romeno al Consiglio dell’Ue

Di Daniele Monteleone – Oggi inizia ufficialmente la presidenza romena del Consiglio dell’Unione europea, la prima dall’ingresso del paese dell’Est europeo nell’Ue avvenuto nel 2007. La Romania avrà a che fare con dossier molto importanti per il futuro dell’Unione: la Brexit, il bilancio 2021-2027 e l’appuntamento cruciale delle elezioni europee di maggio.

Cos’è il Consiglio dell’Unione europea? L’organo sovranazionale, ribattezzato Consiglio dei Ministri dopo la riforma di Lisbona del 2009, è l’istituzione che esercita insieme all’Europarlamento le funzioni legislative e di bilancio comunitario. La sua presidenza viene assegnata a turno a tutti gli Stati membri per un periodo di sei mesi, all’interno di un trio (sono Finlandia e Croazia gli altri due stati chiamati in causa) che dovrà collaborare per un totale di un anno e mezzo allo sviluppo di progetti comunitari. Il ruolo del presidente di turno è di coordinare le riunioni del Consiglio, ma soprattutto rappresentare l’istituzione nei suoi vari rapporti e accordi con gli altri organismi e stati europei.

Il presidente romeno Klaus Iohannis ha rassicurato la stampa sulla preparazione del suo paese per questo grande compito: «Avremo la visita della Commissione europea, per far partire in quarta questa presidenza. Sono convinto che ce la faremo». Lo slogan scelto dal governo e che inaugura questo semestre romeno di presidenza è abbastanza ottimistico: «Coesione, un valore comune in Europa». Saranno mesi duri? Si direbbe di no, a leggere lo slogan del paese che deve ancora fare il salto alla moneta unica e pensionare il vecchio leu rumeno.

«Europa della convergenza, un’Europa più sicura, l’Europa come attore forte sulla scena mondiale e l’Europa dei valori comuni». Sono queste le parole che annunciano l’impegno romeno per questi mesi di presidenza. Il primo ministro Viorica Dancilăsi si è definita «risoluta» nel voler dimostrare che «la Romania è un partner affidabile per consolidare il progetto europeo e assicurare la sua coesione». Ed anche il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk si è dichiarato fiducioso, con tanto di auguri via social alla collega di Bucarest («Sono sicuro che porterete a termine il progetto, non vedo l’ora di lavorare con voi»).

La Romania raccoglie il testimone dall’Austria di Sebastian Kurz, in carica fino al dicembre 2018. Le priorità da inserire in cima all’agenda Ue, nel programma romeno, sono convergenza e sicurezza, ma c’è chi è scettico: su tutti il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha dichiarato al quotidiano tedesco Welt di «avere qualche dubbio» sul fatto che Bucarest «abbia compreso cosa voglia dire presiedere i Paesi europei». Parole che, ovviamente, sono divenute un caso mediatico in men che non si dica.

Juncker mostra preoccupazione in riferimento alla capacità della classe politica romena di «ascoltare tutti» i partner europei. La Repubblica semipresidenziale romena, ha attualmente un governo retto da un’alleanza fra socialdemocratici e liberali, con a capo Viorica Dancilăsi. Secondo diversi osservatori politici, l’esecutivo sarebbe uno di quegli stati che farebbe tremare l’establishment europeo, un po’ come l’Ungheria di Viktor Orbán. Anche il governo rumeno è stato accusato di aver violato lo stato di diritto: alcune riforme del sistema giudiziario avrebbero indebolito l’autonomia della magistratura, altre avrebbero soffocato i principi di trasparenza.

La Romania e il blocco di Visegrad hanno un’altra questione in comune: lo sbilanciamento a proprio favore, fra fondi versati e ricevuti dalla Ue. Bucarest sarebbe infatti in positivo per 3,5 miliardi di euro (4,7 miliardi ricevuti a fronte di 1,2 miliardi sborsati). Non proprio un buon inizio. Per il momento si tratta solo di un semplice botta e risposta – quello avviato dalle dichiarazioni dai rappresentanti della Commissione, in primis Juncker – senza alcuna reale conseguenza. Nulla in confronto alle procedure di infrazione avviate contro Orbán.

Nel semestre romeno sarà certamente centrale l’appuntamento del voto di maggio per il rinnovo del parlamento europeo. Prima delle elezioni, il 9 maggio è previsto il vertice di Sibiu in Romania, il primo incontro tra i leader Ue dopo quella che sarà l’exit ufficiale del Regno Unito dall’Unione. Saranno anche gli ultimi mesi del 2019 a vedere appuntamenti importanti, fuori dal semestre romeno: le elezioni presidenziali in Turchia e in Macedonia, quest’ultimo paese, in procinto di avviare i negoziati per l’adesione all’Ue.

Chiuderanno l’anno proprio le elezioni per la presidenza della Repubblica di Romania, in programma tra novembre e dicembre. Tutti eventi che in un modo o nell’altro avranno a che fare con le decisioni prese durante la presidenza di Bucarest.