Un corpo da donna in una vita da uomo

Di Alessandra FazioBurrnesh: un nome che comprende un’infinità di cose, valori, tradizioni, culture. Etimologicamente derivante da burr che significa “uomo”, declinato al femminile, questo nome sta a indicare quelle donne che rinunciavano alla loro identità pur di ottenere una libertà maggiore non concessa nella loro terra, in quanto donne. Le Vergini Giurate, è così che vengono comunemente chiamate.

Un antico codice di norme comportamentali, il Kanun, disciplinava quest’usanza. Siamo in Albania e in Kosovo: 500 anni di storia, 500 anni di tradizioni che possono persino apparire assurde ai nostri occhi. Eppure si tratta di un’antica e in parte triste realtà che ha visto la “trasformazione” di tantissime donne, le quali hanno rinunciato a loro stesse consapevoli di non poter tornare indietro.

Un giuramento dinanzi ai capi del clan della zona di residenza, un vero e proprio voto di castità. Una promessa fatta a sé stesse e alla società del tempo; la promessa di divenire uomo a tutti gli effetti, di non rinunciare mai allo status acquisito e di non ledere l’onore, valore fondamentale nella società dell’epoca. Un taglio di capelli, rigorosamente cortissimi, abiti maschili addosso, una serata a base di grappa insieme agli uomini anziani del clan. Bastava poco, paradossalmente tanto.

burrnesha-shqiptareDallo stesso momento nel quale veniva prestato giuramento, quella donna, dapprima vista soltanto come “strumento utile alla procreazione”, come “addetta alle faccende domestiche” e “all’educazione della prole”, tipico delle società patriarcali del tempo,  non esisteva più. C’era un uomo: un uomo degno di rispetto, un uomo che in quanto tale poteva bere alcool, fumare, uscire quando voleva e che, soprattutto, acquisiva i diritti e il riconoscimento di posizioni giuridiche di cui godevano solamente gli uomini. Un uomo libero, libero di essere sé stesso.

Erano diversi i motivi che conducevano quelle donne ad annullare sé stesse e a divenire Burrnesh. I più comuni erano di tipo familiare: laddove in una famiglia nascevano soltanto donne, una delle figlie era costretta a rinunciare alla propria identità per evitare il “disonore” e per potersi occupare della famiglia prendendone in mano le redini, privilegio che non veniva concesso alle donne.

C’era poi chi lo faceva per evitare un matrimonio combinato e non voluto. Chi semplicemente per avere maggiore libertà e riconoscimento di privilegi, ma anche chi, essendo omosessuale, non poteva manifestare il proprio orientamento sessuale, in un’epoca nella quale questo rappresentava soltanto scandalo e vergogna.

virago-770x375Oggi sono rimaste all’incirca una quarantina di Burrnesh in Albania. Si tratta di un fenomeno ormai quasi inesistente, quasi morto, che ha segnato però la vita di migliaia di donne. Il Kunan ha perso valore: ciò che vi è scritto appare ormai quasi irrilevante, ma non è irrilevante il segno che ha lasciato nella memoria e nella storia del Paese che ha subito questa pratica e, indirettamente, in tutto il mondo.

Ci sono tradizioni che, nell’epoca in cui viviamo, ci sembrano talmente assurde da non poterne mai immaginare la reale esistenza. Eppure, queste usanze c’erano, venivano rispettate e tramandate. Ciò che è certo, è che anche quei Paesi sono stati oggetto di un’evoluzione che ha portato a ritenere questa pratica assurda al punto tale da abbandonarla.

Ma oggi è meritevole di essere ricordato il sacrificio al quale si sono sottoposte quelle donne. Occuparci di un fenomeno di tale portata ci rende partecipi di una realtà a noi tanto sconosciuta, quanto vicina; vicina in quanto esseri umani, partecipi di un mondo che, talvolta, con le sue diversità ci stupisce e spesso sconvolge.

Conoscere a fondo ciò che ogni cultura o tradizione vive e, indirettamente, comunica  ci consente di toccare con mano e comprendere gli altri, ma ancor prima noi stessi e il livello di tolleranza di una diversità talmente ampia che dovrebbe essere utilizzata come mezzo di confronto, talvolta ignorato o non considerato a sufficienza.