È stato l’abusivismo

Di Daniele Monteleone – La Sicilia passa un primo tragico weekend di novembre a causa del maltempo. Nove persone muoiono intrappolate nel fango dentro una villetta a Casteldaccia, nei pressi del torrente Milicia. Quando smetterà di piovere si conteranno dodici vittime nel palermitano. Trenta in tutta Italia in una settimana da incubo tra esondazioni, allagamenti, trombe d’aria e frane. E allora le considerazioni d’obbligo sono sempre le stesse: l’abbiamo mai vista l’acqua in Italia?

43631687_10218396983741667_8189189889602879488_nUn’immagine che gira su Facebook – nel marasma complessivo delle semplificazioni estreme che tanto ci piacciono ma che non applichiamo mai alla vita reale – mostra il corso di un fiume immerso nel verde che cambia dopo un temporale che ne modifica a tratti il corso; le altre sequenze sottostanti mostrano un fiume dentro una città che dopo la pioggia annega tutto e tutti lì intorno. Il tutto a dimostrazione che i corsi d’acqua necessitano di uno “spazio vitale” che, prima o poi, verrà conquistato con la forza.

La “natura assassina” che ci affascina è un fatto col quale dobbiamo convivere – e lo facciamo da migliaia di anni, in modo più o meno intelligente – e con cui abbiamo fatto anche bene i conti. Erano 300 metri quelli necessari per salvarsi dalla piena del Milicia, ed è di almeno 300 metri la distanza dai corsi d’acqua di rilievo consentita per la costruzione degli immobili. Era un torrente e sappiamo bene quanto innocua sia questa definizione, accostabile nell’immaginario comune a quella di “ruscello”. Ma se accettiamo che vallate e montagne sono state scavate dall’acqua e dal vento, ci rendiamo conto di fronte a quali fenomeni ci troviamo, con l’arduo compito di capirli, controllarli e gestirli.

E allora il premier Giuseppe Conte ci parla dei fondi messi a disposizione per il dissesto idrogeologico, un miliardo per gli interventi di sicurezza del territorio. E lo stato di emergenza, che verrà approvato in Consiglio dei Ministri per predisporre subito i primi interventi straordinari per la gestione delle aree colpite dal maltempo, aiuta a dare un nome alla costante italiana: l’emergenza. Emergenza sismica, emergenza infrastrutturale, emergenza idrogeologica, emergenza migranti, emergenza povertà. Come l’acqua – questo misterioso e pericoloso liquido – i terremoti, l’abusivismo, il fenomeno migratorio, il disagio sociale: tutti fenomeni che affrontiamo sempre in via emergenziale, tappando buchi dove si può, mettendo qualche toppa di fortuna per tenere buoni tutti.

alluvione-notte-640x427Il tempo per arginare l’emergenza è però finito da un po’. Continuano a morire persone, colpevoli di cosa? Forse di partecipare al complesso sistema della corruzione e del clientelismo? Oppure proprio di nulla. Sotto la piaga dell’abusivismo e della conquista sfacciata della terra perdiamo bambini e intere famiglie, come le vittime di Casteldaccia. E siamo sempre lì, come un amaro ritornello che suona troppo populista e troppo vero: non si rispettano le regole. Ma soprattutto non si rispettano quelle più grandi di noi, quelle della Natura.

Si parla di un Nord di «raccolti e coltivazioni distrutti per sempre» e di un Sud sommerso da torrenti che «non avevano mai fatto nulla di esagerato fino ad ora». Ma d’altronde si è sempre ripartito, perché, si sa, l’Italia si rimbocca le maniche e ricostruisce fiera tutto quello che è andato perduto per colpa di condizioni metereologiche ingrate. Solo che, quando non ci saranno neanche le maniche da rimboccare, arriverà per forza di cose il “governo del cambiamento”. Bada bene, non quello attuale formato dal trio Conte-Salvini-Di Maio, ma un Paese capace di governare i cambiamenti naturali che dimostriamo di conoscere così bene nelle aule universitarie, men che meno presso le istituzioni competenti alla vita cittadina.