Gli Stati Uniti e la prova del Midterm

Di Antinea PastaLe elezioni di medio termine negli stati Uniti d’America avvengono ogni quattro anni, due anni dopo le elezioni presidenziali e riguardano il Congresso, le assemblee elettive e alcuni dei governatori dei singoli Stati. Quindi non riguardano direttamente il Presidente degli Stati Uniti, ma da sempre rappresentano un test sull’operato di quest’ultimo e sulla sua popolarità, tant’è che nella storia americana è accaduto spesso che il partito del Presidente in carica abbia perduto almeno uno dei due rami del Congresso, il che però non ha compromesso una possibile rielezione per un secondo mandato.

Attualmente sia la Camera dei Rappresentanti che il Senato sono controllati dal partito Repubblicano e il 6 novembre il partito Democratico punta a riconquistare almeno la Camera in cui basterebbe un aumento di 23 seggi  per ottenerne la maggioranza, più ardua appare invece la partita per il Senato.

Quello di un Congresso diviso in due appare oggi lo scenario più probabile anche se la cosiddetta bluwave, ovvero l’onda democratica che fino a qualche settimana sembrava stesse montando, oggi sembra essersi nuovamente ridimensionata.

I repubblicani

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Donald Trump

Il partito Repubblicano appare ancora oggi nei sondaggi nettamente dominante. Il Presidente Donald  Trump è riuscito a sciogliere le riserve interne e a “trumpizzare” l’intero partito, convergendo i consensi attorno  ad una serie di temi chiave quali tagli alle tasse, deregulation, ridefinizione dei trattati commerciali con gli altri Paesi, introduzione di dazi, aborto, immigrazione, negazionismo in materia di cambiamento climatico.

Questa coesione ha fatto sì che Trump sia riuscito a portare a compimento molte delle cose che aveva preannunciato in campagna elettorale. Oltre a ciò l’economia americana è in grande ripresa: la disoccupazione è ai minimi storici e la Borsa ai suoi massimi.

I democratici

La trasformazione del Grand Old Party in senso sovranista e populista se da un lato ha ridato forza al partito, dall’altra rischia di essere un limite. La caratterizzazione forte del suo elettorato che è prettamente composto  da maschi, bianchi, adulti, di istruzione medio-bassa e provenienza rurale sta facendo emergere nel partito di opposizione diverse candidature di donne e sta riportando un nuovo  coinvolgimento dei più giovani che scelgono di tornare a votare per i democratici.

Inoltre il partito si è focalizzato su alcuni temi bandiera, tra questi il dossier sull’utilizzo delle armi e soprattutto quello della riforma della sanità che Trump in questi anni sta lentamente smantellando e sul quale molti candidati puntano per contrastare i repubblicani.

Gli scenari

L’attenzione su queste elezioni è molto alta e gli scenari sono tutti aperti. Non dimentichiamo che una vicenda come quella del giudice Kavanaugh che sulla carta doveva andare tutta a vantaggio dei democratici, a sorpresa, ha rafforzato i repubblicani esasperando i toni e accentuando la divisione nell’opinione pubblica.

Qualora i democratici dovessero conquistare i seggi necessari ad ottenere la maggioranza alla Camera, i prossimi due anni per Trump rischiano di complicarsi. Le indagini sul Russiagate potrebbero riprendere vigore e si potrebbe concretizzare la possibilità dell’avvio della procedura di impeachment per il Presidente, rischiando di ledere ulteriormente la sua credibilità internazionale già messa a dura prova da questi primi due anni di amministrazione.

Insomma, più che mai queste elezioni segnano uno spartiacque per la politica americana. Potrebbero consacrare definitivamente il “trumpismo” e proiettarlo verso un nuovo mandato; oppure dare nuovo slancio ad un partito Democratico non più legato alle élite del passato ma fatto di giovani, di donne, multietnico, ispirato alla corrente di Bernie Sanders e più nettamente orientato a sinistra.


 

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