La storia di Matteo: quel sorriso che rivive negli altri

Era l’11 giugno 2017, così lontano e cosi vicino, quando Matteo Andretto, 24 anni di Cervia, si è spento dopo un arresto cardiocircolatorio. Aveva lottato contro un tumore benigno al cervello, ma un giorno, quel giovedì 8 giugno, la sua vita cambiò. L‘intervento sembrava fosse andato a buon fine ma un susseguirsi di eventi come l‘arresto cardiocircolatorio, il coma e la sua scomparsa hanno portato i genitori alla difficile decisione della donazione degli organi. Indubbiamente questo gesto ha cambiato positivamente la vita di chi ha imboccato la via verso la salvezza e negativamente quella del papà, Stefano, che da quel giorno non è più lo stesso.

Matteo era un ragazzo solare, con una grande voglia di vivere, aveva conseguito il diploma di perito informatico e una vita davanti. Era un amante dello sport: aveva praticato nuoto per 13 anni, era appassionato di moto e di scii e condivideva questa passione con il padre Stefano.

Nonostante la sua sofferenza, grazie a lui altre persone hanno trovato con il trapianto il paradiso sulla terra. L‘espianto degli organi è stato effettuato tra l’11 e la notte del 12 giugno 2017; da quel momento il suo cuore batte a Siena, i suoi reni funzionano a Modena, i suoi polmoni respirano a Torino, i suoi occhi pieni di luce vedono a Rimini e il suo fegato ha ridato la vita ad un signore di Taranto. È proprio quest’ultimo che Stefano incontrerà, dopo un intenso contatto telefonico e che non ha nascosto l‘emozione nell’incontrarlo, finalmente.

Venire a conoscenza di chi ha ricevuto l‘organo e di chi l‘ha donato è in Italia un‘odissea. Il riferimento normativo in merito è la legge n. 91 del 1° aprile 1999, la quale garantisce l’anonimato dei dati relativi al donatore e al ricevente. La legge all’articolo 4 prevede che «i cittadini sono tenuti a dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, e sono informati che la mancata dichiarazione di volontà è considerata quale assenso alla donazione», per cui tutti sono donatori, eccetto espresso diniego. Tuttavia il silenzio assenso non è mai stato attuato.

Si tratta di un sistema burocratico farraginoso, in cui l‘anonimato regna sovrano, e che impedisce, soprattutto a chi ha dovuto metabolizzare il dolore della perdita di un caro, di gioire nel vedere che quell’atto di amore ha salvato qualcuno. Questo limite va superato, a tutela delle parti che desiderano incontrarsi. Per questo motivo Stefano ha lanciato una petizione su change.org, con un traguardo di 50.000 firme. Occorre poi sensibilizzare sulla donazione degli organi che, per quanto possa essere straziante per un familiare, è l‘unico modo per garantire un’aspettativa di vita più alta a chi rischia di morire. Che possano essere queste righe un aiuto per Stefano nella ricerca, del tutto comprensibile, dei riceventi.