La cultura a rogo: fiamme al Museo Nazionale di Rio

Di Simona Di Gregorio – Cinque continue ore di fuoco nella sera del quattro settembre hanno interamente incendiato il Museo Nazionale di Rio. Ignote le cause, probabilmente un cortocircuito di un impianto poco all’avanguardia. Certe le problematiche che lo hanno favorito: sistema di prevenzione degli incendi, mancante; acqua negli idranti, assente; abbandono, incuria; intervento, inadeguato.

Un proverbio dice che acqua lontana non spegne il fuoco e così è stato. L’assenza di acqua negli idranti circostanti ha rallentato parecchio l’intervento, rendendolo del tutto inefficace. Ad una settimana dall’incendio, oggi si quantifica il valore del disastro. Il 90% di ciò che vi era custodito é bruciato.

Una catastrofe che non ha fortunatamente generato vittime umane,  poiché l’edificio era chiuso al pubblico nel momento dell’incendio, ma che ha fatto una vera e propria strage culturale per l’umanità : 20 milioni di reperti finiti in cenere, 200 anni di ricerche andati in fumo.

La cultura è in lutto. Tra i reperti più rimpianti c’è al primo posto il cranio di Luzia,  donna vissuta 11.500 anni fa. Perduto per sempre.

Luzia è stata la prima vittima di questo terribile incendio, insieme a lei, tra le fiamme, è andata perduta l’intera collezione di paleontologia del museo che comprendeva diversi pterosauri, resti di altri animali preistorici del Sud America e la ricostruzione di uno scheletro di Maxakalisaurus, un erbivoro alto 13 metri vissuto 80 milioni di anni fa. La sala era appena stata riaperta al pubblico dopo un grande lavoro di restauro finanziato tramite un crowdfunding.

Non mancano perdite della sezione greco-romana: alcuni affreschi di Pompei scampati all’eruzione del Vesuvio del 79 d. C..

La perdita più ingente si registra nella parte archeologica dedicata ai manufatti precolombiani: 100 mila oggetti come urne funerarie, mummie andine, oggetti in tessuto, ceramiche, ormai tutto divenuto cenere. Il Palazzo  Paço de São Cristóvão, che fino a domenica ha ospitato il museo e che in epoca coloniale era stato la dimora della famiglia reale portoghese in Brasile è stato quasi interamente distrutto.

In mezzo alle fiamme, però, possiamo gioire di alcuni superstiti, come ad esempio il meteorite Bendegó, il più grande meteorite di ferro mai ritrovato in Brasile. Un masso di 5.260 kg, rinvenuto nello Stato di Bahía nel 1784, da un ragazzo alla ricerca di una mucca dispersa, sopravvissuto a varie imprese e riuscito a scampare anche quest’ultima sfida.

Con la speranza di trovare ulteriori reperti, dopo tredici giorni dal disastro, si avviano le procedure di contenimento per mantenere tutta la struttura in sicurezza tentando una disperata impresa di recupero. L’operazione verrà seguita dall’UNESCO in collaborazione con tecnici specializzati. Il primo obiettivo sarà far stare in piedi la struttura, il secondo cercare di salvare quel poco che è rimasto. Cristina Serejo, vicedirettrice del museo, dichiara che ad occuparsi delle operazioni di recupero saranno anche l’Istituto dei musei (Ibram) e l’Istituto del patrimonio storico e artistico nazionale (Iphan).

È stata stimata una spesa di circa 10 milioni di reais, che in euro sono quasi 2 milioni di euro. Il Ministero della Pubblica istruzione, stando alle prime dichiarazioni dovrebbe fornire tale cifra.

Per quanto le operazioni volte al recupero della struttura e al salvataggio delle opere sfuggite alle fiamme si stiano avviando, i danni al patrimonio culturale sono irreversibili.

Come afferma A.F. brasiliano di origini, trasferitosi in Italia all’età di quattro anni: «E’ una barbarie che non doveva accadere, io non ho mai vissuto in Brasile, e dopo 25 anni adesso che sto progettando di tornarci, per me è una grossa perdita, poiché mi sarebbe piaciuto visitarlo. Qui in Italia c’è più consapevolezza del valore dell’arte, dipende dalle Regioni, viene davvero tutelata. Vivo a Palermo e purtroppo alcuni siti non sono del tutto preservati, tuttavia le opere più importanti sono considerate patrimonio dell’umanità, e vengono difese. In Brasile invece, è mancato un controllo serio su ciò che era una miniera d’oro di reperti storici per salvaguardare la storia e il ricordo nei tempi avvenire» .

Resta solo la speranza di salvare il salvabile.


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