Il Ruanda: ying e yang di uno Stato controverso

Di Simonetta Viola – Le notizie che traspaiono riguardo la politica, l’economia e i rapporti diplomatici del Ruanda sono molto incoraggianti. In molti blog, giornali, comunicati stampa si parla di forte crescita economica, di maggiore consapevolezza del popolo riguardo la sanità, di un incredibile cambiamento e miglioramento portato avanti dal Presidente Kagame, in carica dal 2003. 

Il Ruanda è un Paese che, attualmente, sta lavorando e faticando per venir fuori dai risultati disastrosi del genocidio del 1994, uno dei più feroci della storia. Si contavano oltre 880 mila vittime in cento giorni. Oggi le stime parlano di oltre 1 milione di vittime in cento giorni. Il fattore scatenante del genocidio fu l’odio tra le etnie Tutsi e Hutu. Queste due etnie, prima della colonizzazione belga, convivevano pacificamente all’interno del territorio ruandese, e le loro differenze consistevano fondamentalmente nell’essere agricoltori (Hutu) e allevatori (Tutsi).

Fin dal 1926, la popolazione fu divisa in Twa (gruppo etnico di bassa statura come i pigmei, che comprendeva l’1% della popolazione), Hutu (di media altezza) e Tutsi (comunemente più alti e con lineamenti del viso e del naso più sottili e meno marcati).

Da allora non fu più possibile cambiare gruppo etnico, non furono ammessi matrimoni misti, i Tutsi divennero la parte più ricca del Paese appoggiata dal governo belga, mentre gli Hutu vennero rilegati a ruoli minori, venendo assegnate loro mansioni più umili e con una retribuzione più bassa. Successivamente a massacri e guerre intestine, tra il 1959 ed il 1962 gli Hutu salirono al potere grazie all’appoggio del governo belga e da quel momento cominciò la repressione dei Tutsi che sfociò nel genocidio del 1994.

Oggi il Ruanda è un Paese che tenta una faticosa risalita, soprattutto grazie ad un eccellente lavoro diplomatico da parte della figura di punta del Paese, il Presidente Paul Kagame. Il Capo di Stato è ben visto dalla comunità internazionale per le sue riforme che puntano alla crescita economica del Paese. Ricordiamo che è in carica dal 2003 e che nel 2010 ha rinnovato quello che doveva essere il secondo e ultimo suo mandato politico.

Il Presidente di origine Tutsi è stato riconfermato al potere per la terza volta nel 2017 con un consenso schiacciante. Tuttavia, non esiste ying senza yang, non esiste Presidente amato senza un lato oscuro di cui nessuno parla. Esistono dubbi e conferme sulla figura controversa di Kagame.

ruanda

Il Ruanda di Kagame è stato paragonato dall’Economist alla Repubblica di Singapore per la crescita sbalorditiva degli ultimi anni, ma è stato Dave Gettleman in un’intervista al Presidente in carica a svelarci le prime falle di una figura apparentemente perfetta.

Oltre che al giornalista americano, diamo il merito al New York Times per averci fatto conoscere cosa esiste dietro alla fantastica realtà di Kigali, città del Ruanda conosciuta per l’estrema pulizia delle strade e la totale assenza di vagabondi e mendicanti: sono stati portati tutti in un centro di “rieducazione” lanciato nel 2010 nell’isola di Iwawa, al centro del lago Kivu. Le autorità lo definiscono Hawaii, i prigionieri Alcatraz. Sono state portate alla luce le condizioni disumane in cui versano i ragazzi qui rinchiusi: igiene pessima e cattiva alimentazione.

Dei tre leader principali dell’opposizione, due si trovano in prigione, mentre il terzo è fuggito dopo che il suo vice fu trovato decapitato in riva ad un fiume. Non è tutto. Gettleman parla di Kagame come un uomo austero dai metodi spietati e brutali: basti pensare alla politica repressiva riguardo tutte le capanne in paglia del Paese che sono state abbattute o al programma di vasectomia gratuita per ridurre l’incremento demografico.

Probabilmente, il Presidente del Ruanda ipotizza sia più utile e giusto eliminare il problema alla radice, piuttosto che fornire degli strumenti e delle conoscenze che possano rendere consapevole la popolazione delle proprie possibilità. Una campagna di sensibilizzazione sugli anticoncezionali o sui fattori che portano all’incremento demografico probabilmente non sarebbero efficaci come una vasectomia, ma lascerebbero più spazio ad una visione che anche solo lontanamente si avvicina al rispetto dei diritti umani.

In seguito a numerose interviste tra la popolazione si è visto come pochi parlano volentieri del loro Presidente e dicano di sentirsi costantemente osservati; alla popolazione ruandese non è permesso indossare abiti sporchi o bere dalla stessa cannuccia neanche in casa propria. Afferma Alice Muhirwa, membro di un partito dell’opposizione, di sentire come “un occhio invisibile dappertutto”.

Come nel più classico e conosciuto degli scenari internazionali, il Presidente ruandese non si fa sfuggire la possibilità di sopprimere i dissidenti, oltre a chiunque mostri un’immagine secondo lui “sporca” del Ruanda. Di questo circolo fanno parte oppositori come Nyamwasa, che fu colpito allo stomaco mentre rientrava a casa e non morì perchè l’arma si inceppò. Il dissidente fu costretto a scappare in Sudafrica, a Johannesburg, dove scappò nel 2010 in seguito all’attentato. Nyamwasa non ha dubbi sul mandante dell’attentato: Kagame. Quello che rende ancor più pericolosa questa figura è la sensazione che abbia stretto forti legami con i servizi segreti di molti Stati occidentali, uno su tutti quello inglese.

E vi è un episodio a comprova di ciò: nel marzo 2011 Kagame si trovava a Londra, in Inghilterra, per un’intervista radiofonica alla BBC, quando intervenne in trasmissione Rene Claudel Mugenzi, un attivista ruandese per i diritti umani residente a Londra, chiedendogli se anche in Ruanda potesse esserci la possibilità di una primavera araba. Pochi giorni dopo, Scotland Yard inviò una lettera a Mugenzi avvisandolo della possibilità di attacchi da parte del governo ruandese.


 

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