Consiglio Europeo: sui migranti la montagna Europa partorisce un topolino

Di Antinea Pasta – Tra scaramucce, ilarità e minacce di veti, alle 5 del mattino di venerdì scorso arriva il tanto sospirato accordo sulla questione migranti. Accordo che, con il passare delle ore e il susseguirsi di dichiarazioni dei vari leader europei, si sgretola nella sostanza degli impegni assunti.

L’intesa, articolata in 12 punti, sembra semplicemente aver evitato il fallimento completo di un vertice carico di attese. Tutti i capi di Stato sono riusciti a tornare in patria mostrando una moderata soddisfazione sui risultati ottenuti grazie all’introduzione del concetto di «volontarietà» per quanto riguarda una gestione più condivisa dei flussi migratori.

 Ma vediamo quali sono i argomenti principali.

  1. La creazione di «punti controllati», finanziati dall’UE, in cui ospitare i migranti all’interno dei Paesi membri. Tutte le misure effettuate all’interno di questi centri, che per essere chiari saranno dei centri di lunga permanenza, e la creazione stessa di questi hot spot 2.0 saranno, appunto, su base volontaria;
  2. Un’intensificazione degli sforzi nel contrasto ai trafficanti e maggiore sostegno alla guardia costiera libica e a tutta la regione del Sahel;
  3. Potenziamento di Frontex per un maggiore controllo delle frontiere esterne all’Europa;
  4. Trasferimento al Fondo fiduciario dell’Ue per l’Africa di 500 milioni di euro dal fondo europeo di sviluppo;
  5. Creazione di hotspot in Paesi terzi, quali Libia, Algeria, Marocco, Tunisia, che in cambio di una contropartita economica dovrebbero accogliere i migranti per poi operare all’interno di questi centri una distinzione tra migranti economici e richiedenti asilo;
  6. Contrasto dei cosiddetti «movimenti secondari», ovvero gli spostamenti dei richiedenti asilo all’interno dei vari stati dell’Unione.

Sulla creazione degli hotspot intra-Ue su base volontaria i distinguo e le precisazioni, in particolare del presidente francese Macron che ne ha smentito la creazione in Francia a Consiglio concluso, lasciano presagire che il massimo a cui si possa aspirare è la creazione di questi nei Paesi di primo ingresso – Italia, Spagna e Grecia – ma con qualche finanziamento in più. In pratica quello che già accade. Senza contare che i Paesi di Visegrad – Ungheria, Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca – festeggiano a buon diritto di aver cancellato le quote obbligatorie per i collocamenti e che quindi non faranno di certo parte del gruppo dei cosiddetti Stati «volenterosi», disposti ad aprire le piattaforme di accoglienza.

I 500 milioni che serviranno per rafforzare la guardia costiera libica verranno sottratti al fondo per l’Africa che finanzia i Paesi poveri. Guardia costiera che, al contrario delle ONG sulle quali non è stato emesso neanche un avviso di garanzia nonostante le decine di inchieste aperte per accertarne la condotta,  è abbastanza certo che sia direttamente coinvolta in gravi violazioni dei diritti umani dei migranti, insieme alle reti dei trafficanti e ai gestori dei centri di detenzione per migranti .

Gli hotspot in Paesi terzi dell’Africa hanno praticamente zero possibilità di essere creati e gli Stati europei lo sanno bene. Già Marocco e Tunisia hanno fatto sapere che respingono nettamente questa ipotesi e stessa cosa ha fatto la Libia in cui oltre tutto, a causa della situazione di forte instabilità in cui versa il Paese, questa soluzione appare ancor più irrealizzabile.

E infine, per quanto riguarda il superamento del trattato di Dublino,  non c’è dubbio che abbia vinto il gruppo di Visegrad: nessuna scadenza per trovare un accordo e, quando ci sarà, le decisioni dovranno essere prese all’unanimità e non a maggioranza.

Insomma, i leader europei hanno messo una toppa per placare le rispettive opinioni pubbliche e/o le opposizioni interne, ma solo per il momento. L’unica cosa che è davvero emersa è che ciò che conta sono i singoli interessi nazionali e che l’Europa è sempre più debole e fumosa. Nel frattempo nel Mediterraneo si continua a morire, e quello sì, è un fatto.


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