Todo cambia, tal vez: il nuovo esecutivo di Pedro Sanchez

Di Francesco Puleo – Mentre in Italia il nuovo governo giallo-verde si è ormai stabilmente insediato, in Spagna, nel giro degli ultimi dieci giorni, un vero e proprio terremoto politico ha sconquassato i vecchi equilibri parlamentari. In seguito ad una serie di scandali legati a fatti gravissimi di corruzione ed evasione fiscale, l’esperienza di governo Mariano Rajoy e del suo Partito Popolare (PP) si è definitivamente conclusa.

Al suo posto subentra Pedro Sanchez, leader del partito socialista (PSOE), che con un abile manovra di palazzo ha ottenuto la maggioranza dei voti necessaria all’approvazione di una mozione di sfiducia nei confronti di Rajoy. Tutti i partiti, da Podemos fino ai nazionalisti baschi, hanno votato la sfiducia, con l’eccezione del Partito Popolare e di Ciudadanos, un movimento populista che ha fornito il proprio appoggio esterno al PP e che adesso sembra destinato a egemonizzare il centrodestra.

Sanchez, rappresentante iberico e telegenico del riformismo di ispirazione blairiana, si trova così alla guida di un governo di minoranza sostenuto dagli 84 deputati del PSOE. Sebbene in molti ritenessero conclusa la sua esperienza politica (dati i risultati tutt’altro che entusiasmanti delle ultime elezioni), El Guapo è tornato alla ribalta.

Gran parte del merito va attribuito al meccanismo costituzionale della sfiducia costruttiva, in virtù del quale un decimo dei deputati del Congresso può presentare una mozione di sfiducia e proporre contestualmente un nuovo Presidente del governo. In caso di approvazione, il Presidente sfiduciato presenta le sue dimissioni al Re, il quale a sua volta nomina il candidato proposto nella mozione.

L’elemento degno di nota del nuovo esecutivo socialista è la sua composizione di genere: il governo è infatti composto da 17 ministri, di cui 11 donne e due omosessuali, motivo per cui è stato ribattezzato governo rosa o arcobaleno. Si tratta indubbiamente di un segnale di rottura rispetto alla fase di retrocessione sui diritti civili che la Spagna ha vissuto negli ultimi anni e che testimonia l’apertura nei confronti di un movimento femminista che si è posto all’avanguardia delle lotte progressiste e democratiche nel paese.

Manifestazione per l'indipendenza della CatalognaAl di là di ciò, il futuro prossimo del governo rimane terribilmente incerto per due motivi. Il primo è la questione catalana: Sanchez ha infatti ricevuto l’appoggio dei partiti della sinistra indipendista (ERC e PdeCAT), i quali ovviamente si aspettano che le sue promesse di dialogo saranno mantenute. Un esito tutt’altro che scontato se consideriamo che, durante la crisi politica successiva al referendum, il Partito Socialista si è allineato alle posizioni unitarie e nazionaliste del PP e di Ciudadanos.

Il secondo motivo è l’atteggiamento di Podemos: dopo la breve apertura reciproca tra Sanchez e Pablo Iglesias nei giorni immediatamente successivi al voto di sfiducia, il clima si è decisamente raffreddato, vista anche la decisione del nuovo presidente di includere nell’esecutivo solo ed esclusivamente uomini del suo partito. Senza considerare il fatto che Podemos è nato in polemica con le scelte adottate dal PSOE in materia di economia e diritti sociali e in contrapposizione al vecchio sistema politico nel suo complesso.

Il nuovo governo si trova dunque di fronte a un bivio: o approfitta della congiuntura attuale per portare a termine la legislatura e mettere in campo riforme realmente progressiste e pluraliste oppure convoca al più presto le elezioni anticipate, con il rischio concreto che a vincerle siano i populisti di Ciudadanos.


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