Nuove storie riemergono a Pompei: il fuggitivo senza testa

Di Virginia Monteleone – L’hanno definito «l’ultimo fuggiasco di Pompei» lo scheletro che è stato ritrovato nella zona detta Regio V. «Sono lavori che fanno parte del grande progetto Pompei, servono per la messa in sicurezza del territorio e sono fronti di scavo tra la parte già esplorata e quella non ancora scavata. Sono tutti nella Regio V», così afferma Massimo Osanna, soprintendente degli scavi.

downloadLo scheletro è stato ritrovato senza testa all’incrocio tra il vicolo delle Nozze d’argento e il vicolo dei Balconi, una strada appena scoperta e che è stata chiamata così proprio per la presenza di tanti balconi, sotto il quale probabilmente egli cercava riparo. Si sta lavorando molto per capire bene le dinamiche ma al momento si sa che il malcapitato aveva 35 anni alto circa un metro e sessantacinque centimetri ed era zoppo per via di una malformazione, ed era senza testa. Probabilmente il masso ritrovato sopra di lui gli era volato drammaticamente sopra durante l’eruzione. Nell’area continueranno gli scavi. Si pensa possa essere ricca di altri tesori e testimonianze del passato di queste ricche e vivaci realtà.

È davvero distante da noi quel giorno, e se qualcosa è pervenuta a noi è stato grazie alla testimonianza di Plinio il Giovane, che in quei giorni era in visita in una cittadina limitrofa e aveva visto da lontano la nube che spazzò via Pompei, Ercolano e Stabia dove lo zio Plinio il Vecchio perse la vita.

L’evento. La data dell’eruzione del Vesuvio, il 24 agosto del 79 d.C., è attestata da una lettera di Plinio il Giovane a Tacito ma alcuni dati archeologici via via emersi, non si accostano bene ad una data estiva. Ad esempio, il ritrovamento di frutta secca carbonizzata, di bracieri, usati all’epoca per il riscaldamento, di mosto in fase di invecchiamento trovato ancora sigillato nei contenitori e, soprattutto, di una moneta ritrovata sul sito archeologico, che riferisce della quindicesima acclamazione di Tito ad imperatore, avvenuta dopo l’8 settembre del 79, lasciano supporre che l’eruzione sia avvenuta in autunno, probabilmente il 24 ottobre di quell’anno.

Già nel 62 d.C. arrivarono vari eventi sismici che portarono al crollo di diverse strutture poi ricostruite negli anni. Solo alcuni anni dopo, nel 79 d.C., il Vesuvio iniziò il suo ciclo eruttivo che arriverà al suo apice nella grande eruzione devastatrice.

24680540887_4f873e91f3_z-e1518152206938Fingiamo di avere adesso una macchina del tempo, e proviamo a raccontare gli ultimi momenti del povero fuggiasco, che chiameremo Clodius appoggiandoci fantasiosamente alla testimonianza raccolta da Plinio il Giovane.

«Clodius aveva passato una mattinata un po’ burrascosa. Non dormiva bene la notte con tutte le scosse dei giorni precedenti. Eppure da quando era ragazzino aveva sviluppato una certa abitudine a questi eventi. Ma quella notte non aveva dormito. La gamba gli faceva davvero male, più degli altri giorni. Quella mattina era uscito di casa per alleggerire la mente, allontanandosi un po’ dalla famiglia che con i suoi problemi tendeva a schiacciarlo. Clodius lavorava saltuariamente per via di quella maledetta gamba, e quindi si occupava della madre Diana e delle sue due sorelle Flora e Larentia. Si erano detti frasi molto pesanti prima di andarsene, cose che con il senno di poi nemmeno avrebbero pensato. Da li a qualche ora sarebbe stata per Clodius più dura pensare a quelle parole, essendo le ultime dette alle persone che più amava al mondo.

Era quasi ora di pranzo e così Clodius pensava di rincasare passando prima al mercato. Era una giornata tiepida, il sole era coperto da una sottile coltre di nubi, sembrava fumo, e fino a qualche minuto prima, mentre camminava, sentiva la terra tremargli sotto i piedi. Era sovrappensiero quando d’improvviso si accorse di alcune persone che cadevano, nel sangue. Clodius si avvicinò ad una donna caduta al suo fianco, e vide che aveva la spalla completamente sfracellata, e poco più avanti delle pietre nere…fu lì che si accorse di cosa stesse accadendo. Pietre dal cielo! Alzò lo sguardo verso la montagna e vide una nube scura, imponente, che sputava detriti, e altri detriti che lui non riconosceva. Accanto a lui altre persone cadevano una dopo l’altra, schiacciati.

 Clodius, nel panico, cominciò a correre guardandosi ripetutamente dietro. Ma la gamba era indurita dal troppo dolore. “Corri, corri!” si diceva, colpendo con un pungo la gamba e trascinandosi in lacrime. Attorno a lui era il caos, gente che urlava disperata, piangeva, pregava e si lasciava andare alla fine. “Io non voglio morire! Non può finire tutto lasciando l’eco delle orribili cose dette alla mia famiglia!”. Forse più della gamba, era il cuore che premeva nel petto dal rimorso a dolergli di più.

Poco più avanti imboccò una stradina piena di edifici con dei balconi. Pensò di ripararsi li come se la furia di ciò che stava colando verso la città potesse risparmiare quel tratto. Mentre stava per arrivare in quel punto, che aveva ormai riempito di speranza, si voltò. Per l’ultima volta. Un enorme masso sopraggiunse su di lui e lo decapitò.

Clodius era disteso, privo di vita accompagnato all’aldilà da quelle parole dette, e che non pensava. Tutto attorno a lui si ricopriva di lava e morte tra le urla sommesse. Tutto si fece scuro, come se calasse la notte. Tutto divenne silenzioso. La terra smise di tremare, il flusso proveniente dalla montagna rallentò silenziosamente.

Da lontano, in una terrazza a Misenum, il giovane Plinio guardava quella nube nera adagiarsi sulle pendici del vulcano. Non sapeva esattamente cosa fosse accaduto. Anche da lui la terra aveva tremato. “È orribile! Ercolaneum, Pompeii e Stabiae…sono state sepolte! Sepolte vi dico! Il vulcano…il vulcano…” quelle parole di un uomo venuto a diramare la notizia, risuonarono dolenti come un canto funerario. Lo zio di Plinio, il Vecchio, era lì, a Stabiae. Il giovane era sicuro, voltandosi verso la silente nube nera, che da quel momento non lo avrebbe mai più visto.»

« […] Si elevava una nube, ma chi guardava da lontano non riusciva a precisare da quale montagna [si seppe poi che era il Vesuvio]: nessun’altra pianta meglio del pino ne potrebbe riprodurre la forma. Infatti slanciatosi in su in modo da suggerire l’idea di un altissimo tronco, si apriva in diversi rami […] » Plinio il Giovane.