La condizione femminile in Tunisia: dalla poligamia al primo sindaco donna

Di Sabrina Landolina – La Tunisia può essere considerata uno stato pioniere in campo di diritti femminili nel mondo arabo. Già nel 1956 Habib Bourguiba, il primo Presidente della Tunisia, aveva emancipato le donne tunisine riconoscendo loro il divieto dell’uso dell’hijiab (velo tipico) nelle scuole, l’abolizione della poligamia e del ripudio.

Un’altra epocale svolta fu il divorzio, che venne regolamentato e reso equo: non fu più possibile per il marito ripudiare la moglie unilateralmente alla sola presenza di alcuni testimoni, ma fu introdotto l’obbligo di presentarsi in tribunale e la possibilità per le donne di divorziare senza il permesso del partner. Tuttavia, alcune questioni furono lasciate in sospeso, come la potestà dei figli tradizionalmente affidata al padre in maniera esclusiva (dal 1956 le donne ottennero la custodia ma non la tutela legale della prole), le disuguaglianze in tema di eredità (una donna musulmana eredita la metà dei suoi fratelli) e la clausola matrimoniale dell’obbedienza dovuta dalla donna al marito.

Un altro dato interessante sulla prima repubblica della Tunisia sono le misure riguardanti il controllo delle nascite: per diminuire il tasso di natalità, insostenibile per una rapida crescita economica, il governo puntò sull’informazione e sul libero accesso alla contraccezione. Insieme all’alfabetizzazione venne portato avanti un progetto di pianificazione familiare attraverso una serie di leggi che dagli anni ’60 in poi incentivarono l’informazione relativa ai contraccettivi e la loro libera vendita nella farmacie, fino alla legalizzazione dell’aborto (entro tre mesi dal concepimento, in caso di rischio per la salute della madre oppure se non ci sono le condizioni economiche per crescere il bambino) avvenuta nel 1973.

Merito dell’impegno costante del movimento femminista se a partire dagli anni ’60 una serie di emendamenti indirizzarono il Paese verso una sempre maggiore uguaglianza anche in ambito pubblico.

Nel 1993, durante il regime di Ben Ali, fu riformato il Codice di Nazionalità, che portò un enorme passo avanti non solo nell’ambito della tutela dei figli – e quindi del ruolo della donna all’interno della famiglia che si allontanava sempre più da un anacronistico modello patriarcale – ma anche e soprattutto nell’ambito dei diritti civili, spingendo verso una visione più equa della cittadinanza.

Alla fine del 2010 ebbe inizio la “Rivoluzione dei Gelsomini”, un moto spontaneo di opposizione alla corruzione dilagante e ai soprusi di Ben Ali e dei suoi familiari: il popolo rivendicava la karama (“dignità”) e in poco tempo il regime cadde. Nel febbraio 2014 vide la luce la terza Costituzione tunisina.

Una delle novità fondamentali della nuova Costituzione sono gli articoli 21 e 46, che affermano il principio della parità di diritti e doveri di cittadine e cittadini e promuovono la parità di genere nei consigli elettivi. Ad oggi, il 31 per cento del parlamento tunisino è costituito da donne (contro lo scarso 20 per cento di presenza femminile nel Congresso statunitense).

Dopo alcuni anni dall’approvazione della Costituzione, malgrado una bassa partecipazione al voto, si intravede un miglioramento nella condizione femminile. Sebbene solo un elettore su tre sia andato a votare per le prime elezioni comunali a sette anni dalla Rivoluzione dei Gelsomini, chi lo ha fatto ha premiato le donne alle urne: in molte sono state elette sindaco, anche nella capitale. E non è solo merito delle «quote rosa», che imponevano il 50 per cento di componenti di sesso femminile in lista, ma anche della loro determinazione a imporsi in un mondo tradizionalmente maschilista.

Caso testimone di ciò è quello dell’elezione della farmacista 54enne, Souad Abderrahim, candidata con il partito islamico Ennhadha, che ricopre la carica di sindaco di Tunisi. Souad non porta il velo, indossa spesso il tailleur, ha puntato tutto sulla lotta alla discriminazione di genere. E ha dedicato la sua vittoria a tutte le donne tunisine, affermando: «Essere il primo sindaco donna di Tunisi è un orgoglio per tutte le donne tunisine». Come lei tante altre, di diversi schieramenti, siedono nei consigli comunali delle varie città del Paese nordafricano, lottando per le loro idee.


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