Il caso Lifeline, pomo della discordia nell’Europa irresponsabile

Dopo uno sballottamento durato una settimana, la Lifeline, l’imbarcazione dell’ong tedesca Mission Lifeline, è approdata con circa 200 migranti a Malta, dopo esser rimasta vicina alla costa maltese a riparo dal cattivo tempo in mare.

aquariusUna gestione nuovamente estrema, nuovamente sulla pelle di centinaia di persone, non lontana dall’altro caso mediatico – il primo per il nuovo governo italiano giallo-verde – dell’Aquarius, l’imbarcazione di Sos Mediterranée finita poi a Valencia. Stavolta, per la Lifeline, si prevede una divisione in quote tra un pugno di stati europei. Qualcosa si è mosso a livello sovranazionale, dal punto di vista italiano, ma ognuno ha più di un problemino da risolvere in casa propria.

L’incontro “segreto” tra Emmanuel Macron e Giuseppe Conte potrebbe essere stato l’elemento di cambiamento dallo stallo in cui si stava permanendo con la Lifeline. Sbarco a Malta e divisione dei migranti. Ma non è così semplice. Germania, Spagna e Olanda hanno fatto (e fanno) resistenza mentre dalla nave le comunicazioni del comandante della Lifeline Klaus Peter descrivevano una situazione preoccupante a bordo, di una nave che ospita un numero di persone quattro volte superiore al massimo possibile e con le scorte in esaurimento.

Madrid si ferma al suo contributo per l’Aquarius, con l’accoglienza degli oltre 600 migranti che erano stati respinti dai porti italiani, in un mare di polemiche. Dall’Olanda di Mark Rutte, faticosamente alla guida di una coalizione di centrodestra che ha perso diversi seggi alle ultime elezioni del 2017, la tensione resta alta sul tema dell’accoglienza. L’argomento è uno dei punti delicati che potrebbero mettere a repentaglio la salute dell’alleanza di governo, raggiunta dopo oltre duecento giorni di trattativa. Qui l’equilibrio precario è quello tra una consistente fetta della coalizione appartenente ai partiti conservatori e alcuni soggetti dell’area progressista.

In Germania, invece, Angela Merkel ha a che fare con un ministro dell’interno degno del confronto con l’omologo italiano. Il bavarese Horst Seehofer, sostenitore del respingimento alla frontiera, non solo dei migranti in procinto di valicare i confini ma anche di quelli già stabilitisi clandestinamente. Seehofer è l’ostacolo “specchio” per l’Italia, in questo momento di emergenza per la gestione migranti, ed è anche un problema per la tenuta del traballante governo tedesco.

Mentre le ong operano in mare, anche in violazione delle norme che regolano il salvataggio in mare – nonostante tutti gli innegabili buoni propositi del caso – la crisi dell’Unione europea continua. Inaccettabile la generalizzazione affibbiata alle navi che lavorano in mare, definite “pirati” dal ministro delle infrastrutture italiano Danilo Toninelli. Si vuole lavorare a tutti i costi sulla origine del problema, si tratta di capire la strategia politica della soluzione. Un problema enorme (quello reale) la partenza da una moltitudine di stati, dall’Africa al Medio Oriente, che non si risolve bloccando tutto in Libia. E neanche con una becera propaganda di pericolo invasione. È chiaro invece – ma un po’ meno agli stati dell’Unione – che, come affermato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, «chi sbarca in Italia sbarca in Europa», superando di fatto il principio promosso dall’accordo di Dublino del “primo paese di arrivo”.

Errore grave quello di chiudere gli occhi, come avvenuto in Italia nella passata legislatura, davanti a sofferenze e condotte disumane in Libia. Ma, soprattutto, è stato sbagliato pensare che l’Italia sarebbe stata solo un “paese di passaggio” verso l’Europa. Marco Minniti, l’ex ministro dell’interno, ha cercato di risolvere la situazione in extremis, ma la frittata era già fatta. Se la diplomazia è ricevere promesse che (palesemente) non verranno mai mantenute, non si è capito molto: piuttosto che fare fessi gli altri stati europei con l’esclusione dal rapporto deficit/pil dei 5 miliardi per la gestione dei migranti, è stata fatta fessa l’Italia con l’irresponsabilità dell’Unione che si è voltata dall’altra parte, senza pensarci neanche troppo.

Finché non si realizzerà una vera politica di accoglienza e integrazione a livello europeo non avremo fatto i conti con l’umanità, e probabilmente non li faremo mai. Le navi delle ong che continuano a fare la spola tra il mare aperto e la zona Sar (la zona di assistenza e salvataggio obbligatorio), colme di migranti, continuano a essere utilizzate come oggetto di ricatto e trattativa tra gli stati. Non si parla delle condizioni degli accolti.

Continua a crescere una tendenza xenofoba, soprattutto in Italia, unico paese dell’Europa occidentale con un governo populista, e paese – come affermava Matteo Salvini in campagna elettorale – “invaso” da gente venuta a delinquere; a proposito, i dati CENSIS di quest’anno testimoniano invece un calo dei crimini ma un aumento della percezione di “poca sicurezza”. Sarà mica l’aria che tira di propaganda selvaggia? Sarà.

Ad ogni modo, il caso della Lifeline potrebbe essere un punto di svolta nel dialogo sul tema immigrazione con l’Unione europea, ma continua a esemplificare il modo di affrontare il fenomeno migratorio da parte dell’Italia (e di una grossa fetta della sua popolazione) e degli altri stati membri: un gioco di corpi in movimento, punto e basta.


Originariamente pubblicato su Wmag

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