Il caso Evans, la legge dell’Uomo vince sulla Divina Provvidenza

Di Simonetta Viola – Alfie Evans nasce il 9 maggio 2016 da Thomas Evans, 20 anni e Kate James, 19 anni. Nel dicembre dello stesso anno, a 7 mesi dalla nascita del piccolo, quest’ultimo viene ricoverato in terapia intensiva presso l’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool. La malattia neurologica degenerativa risulta sconosciuta e non fa presagire un futuro duraturo né adatto a una condizione “umana” per il neonato.

Il piccolo è tenuto in vita dalla ventilazione artificiale e sembra non avere speranze di sopravvivenza: questo porta l’equipe medica a comunicare la necessità della sospensione del supporto artificiale per il paziente e rinnega la possibilità di trasferimento verso l’ospedale Bambin Gesù di Roma. L’equipe segnala anche di aver provveduto ad ogni soluzione possibile per migliorare le condizioni cliniche del paziente.

La diatriba per il destino di Alfie

Nel febbraio 2018 la tensione arriva alle stelle: la famiglia si oppone alla possibilità che venga staccata la spina al piccolo e l’equipe medica rimane ferma sulla propria decisione. Non essendoci un accordo tra famiglia e ospedale la legge inglese prevede che decida il giudice: il 20 febbraio 2018 l’Alta Corte inglese rappresentata dal giudice Anthony Hayden decide in favore dell’ospedale e si oppone alla richiesta dei genitori del piccolo. Quest’ultimi non si arrendono e decidono di fare appello nell’aprile del 2018 alla Corte europea dei diritti umani dopo che la Corte Suprema britannica, l’Alta Corte di Giustizia e la Corte d’Appello si sono opposti alle loro volontà.

Nel frattempo il governo italiano concede la cittadinanza italiana ad Alfie sperando così di poterlo trasferire al Bambin Gesù di Roma per provare delle cure sperimentali. Il 24 aprile 2018 alle 22.30 ora locale vengono staccati i sostegni artificiali al bambino, il quale però sopravvive: questo spingerà i medici a reidratarlo nuovamente. Il giorno dopo la Corte europea dei diritti umani rigetta la richiesta della famiglia di Alfie al trasferimento in Italia. Alle 2.30 del 28 aprile 2018 Alfie si spegne senza aver avuto la possibilità di compiere due anni.

Alfie, un bambino tra etica, giustizia e religione

Questa vicenda ha visto scendere in campo numerosi protagonisti della diplomazia internazionale. Perfino Papa Francesco ha rilasciato numerosi tweet sulla vicenda: più volte ha esortato tutti a pregare per il bambino affinché venisse trasferito in Italia per provare altre vie. Sono state organizzate anche preghiere di gruppo nelle città di Roma, Torino e Milano. Sono state firmate numerose petizioni a sostegno della famiglia Evans e del piccolo Alfie. Si è attivato infine il governo italiano concedendo la cittadinanza italiana al bambino – senza alcun “legame genuino” che lo giustifichi – sperando che questo portasse le Alte Corti inglesi a ripensarci.

Vari gradi di giudizio hanno negato la possibilità di trasferimento di Alfie, dal momento che non avrebbe potuto avere un futuro decente data la malattia neurodegenerativa dalla quale era affetto. Inoltre, le decisioni delle corti britanniche sono state confermate dalla Corte europea dei diritti umani.

Nasce spontanea l’associazione del caso Evans con il tanto discusso tema dell’accanimento terapeutico. Fino a che punto è giusto accanirsi con le cure nei confronti di una patologia che si dimostra letale e quanto è giusto opporsi a vari gradi di giudizio e alle varie Corti di Giustizia che danno un loro parere? Ci si chiede anche come mai l’Italia, paese notoriamente cattolico, si sia dimostrato così propenso ad accogliere questo paziente (al di là dell’ottimo lavoro dell’ospedale Bambin Gesù di Roma). Ci chiediamo quale sia il confine tra etica e accanimento, non fornendo giudizi alcuni sulla questione.

Ogni essere umano dovrebbe semplicemente esser libero di poter decidere della propria vita e della propria morte e nel momento in cui, come in questo caso, le particolari condizioni non lo permettano, il buonsenso, ancora prima della bioetica, dovrebbe far capolino. Che vita avrebbe vissuto Alfie se fosse stato trasferito in Italia? Alla luce di un parere medico chiaro e di tanti pareri giuridici, ci chiediamo se l’accanimento dei genitori sia stato equilibrato, ma soprattutto se sia stata la scelta più “giusta” per Alfie.

Una citazione del 1944 di Paolo Flores d’Arcais, filosofo e pubblicista italiano, recitava: «A chi appartiene la tua vita? A Dio, risponderà qualcuno, ma è una risposta che non può avere forza di legge: può governare le scelte del credente, non del cittadino scettico e dell’ateo. E a quale Dio, del resto? Il Dio cristiano dei valdesi, in determinate circostanze, ammette l’eutanasia. A parlare in nome di un Dio è sempre un uomo, infatti. Dunque, la tua vita appartiene a te, oppure a un altro uomo. Ma in questo caso sarebbe schiavitù. Poiché la tua vita appartiene a te, solo a te spetta decidere quando e come porvi fine. È un diritto personale inalienabile, che fonda ogni altro diritto e senza il quale ogni altro diritto può essere revocato in dubbio».


 

... ...