Il sogno di Yael per un Israele di pace

Di Alessandra Fazio – «Donne unite per dar vita a un progetto di pace, che conduca alla stessa mediante la musica». È questo lo scopo di Yael Deckelbaum, israeliana, trentottenne, di origini canadesi, fondatrice del trio folk “Habanot Nechama”.

Grazie al sostegno di un’altra donna coraggiosa e forte, nonché attivista, Daphi Leef, ha svolto un’indagine, lunga 40 giorni, in merito alle aspettative degli abitanti di Israele; a ciò che vorrebbero avere e vedere nel proprio Paese; a quali siano i loro sogni chiedendo agli stessi in modo diretto e informale di raccontarli.

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Yael Deckelbaum, Karolina, e Dana Adini

Yael vede la musica come uno strumento indispensabile per “pubblicizzare” e “diffondere” il messaggio di pace, riponendo in essa un’estrema fiducia nascente dal fatto che la musica, a suo parere, non sia e non debba essere intesa solamente come una competenza, un mestiere, un’arte, ma che esterni e rappresenti, attraverso i suoni, le melodie e le parole, la profondità dell’anima e di ciò che vi risiede e che nessun altra cosa, al pari di essa, possa diffondere un messaggio così importante, soprattutto se a diffonderlo siano le donne.

La svolta vera e propria, attraverso la quale Yael è riuscita a concretizzare il suo ideale, è arrivata con l’adesione al movimento Women Wage Peace, presso la quale tra l’altro è divenuta ed è tuttora direttore musicale. Il movimento si occupa di progetti e di mezzi di diffusione di messaggi di pace e tolleranza ed è con l’incisione di un brano di importante rilievo quale “Prayer of the Mother”, divenuto, in seguito, inno ufficiale di quel gruppo di donne arabe ed ebree che, nel 2016, hanno iniziato congiuntamente la “Marcia della Speranza”; donne che con la loro forza e la loro energia si unirono e si uniscono per lottare contro la guerra e per la tolleranza. Donne il cui unico scopo è difendere la Terra e l’essere umano dall’odio e dalla distruzione che esso genera.

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Marcia della Speranza, 4 ottobre 2016

Ammirevoli e senza dubbio esemplari la costanza, la forza, la voglia, la convinzione con le quali Yael e queste donne perseguono quello che dovrebbe essere perseguito da ciascun essere umano; quei sentimenti di amore e tolleranza che dovrebbero essere presenti nel cuore di ciascun individuo e che, invece, spesso, sono annientati da sentimenti di rabbia, odio, indifferenza.

Forse se ognuno di noi leggesse e interpretasse realmente il significato profondo di questi messaggi, impegnandosi a coltivare sentimenti di solidarietà – e non interessi egoistici – la pace nel mondo non sarebbe più un’utopia e messaggi come questi diverrebbero specchio di una società evoluta e “umana” il cui scopo non sia quello di autodistruggersi.